La Letteratura, il web e la compulsione a scrivere
novembre 5, 2009 11 commenti
LA LETTERATURA, IL WEB E LA COMPULSIONE A SCRIVERE
[Questo pezzo nasce a margine di un dibattito iniziato da un articolo di Gilda Policastro, intitolato Viaggio tra le gazzette dell’era di internet, e proseguito con le risposte di Carla Benedetti e del blog Sul Romanzo]
A che cosa somiglia di più, mi chiedo, questo schermo munito di tastiera su cui passo ormai molte ore della mia giornata: al vecchio caro foglio bianco che mi si para davanti quando clicco sull’icona di Word, o a una finestra spalancata sul mondo? A ben vedere, questo attrezzo chiamato personal computer, se non lo si mette in rete ha ben poche differenze rispetto a una normale macchina da scrivere.
Si tratta in pratica di uno strumento “privato”, “personale” per l’appunto, che improvvisamente può diventare di dominio pubblico, con tutte le complicazioni del caso.
Questo per dire che la scrittura sul web – soprattutto quando si parla di quei blog e di quei siti che si aprono ai commenti – è prima di tutto performativa, legata cioè al contesto in cui si sviluppa e ai tempi di reazione dei contendenti.
Come nota giustamente Gilda Policastro nel suo articolo, in questo senso viene meno quella “distanza critica” che caratterizza ad esempio il dialogo/confronto tra due o più riviste (che alcuni dei siti letterari più importanti in certi casi continuano a fare). Da questo punto di vista internet sembrerebbe quindi abolire quello spazio della riflessione che è di dominio della critica, sacrificandolo alla necessità di tallonare da vicino il proprio argomento, che spesso e volentieri finisce con il trasformarsi (e non sempre suo malgrado) in un grande spot promozionale a favore di questa o di quell’altra parrocchia. Eppure, se da una parte questo discorso mi sembra valere per un genere come la recensione – sempre più spesso relegata al compito di decorare l’informazione (e non vale solo per internet) – direi che la questione dei “commentari” non si può liquidare semplicemente paragonando la discussione a un’arena dove si battono i “tori della tastiera”, anche perché non mancano, come in ogni corrida che si rispetti, i toreri con il loro seguito di picadores.
Propongo allora di non prendere il toro per le corna e di considerare la questione da un altro punto di vista: forse che il problema è legato solo all’ambito dei “blog o siti letterari”?
Quella dei cosiddetti disturbatori è una categoria trasversale, che costituisce una delle componenti del web, ma che evidentemente da più fastidio quando si esibisce in certe arene anziché in altre (motivo per cui alcune di queste vengono chiuse ai commenti). Ecco perché eviterei di usare una categoria quale la Letteratura e mi concentrerei piuttosto sulle scritture, che è lo stesso motivo che mi porterebbe a sostituire l’arena con la palestra, dove la definizione di “agonismo muscolare” perderebbe un po’ di quella violenza di cui si nutre invece ogni corrida che si rispetti. Il web come palestra di scrittura, e dunque come scrittura performativa, lo trovo un buon punto di partenza per una serie di motivi: innanzitutto perché il personal trainer ha modo di disciplinare l’ambiente avendo al tempo stesso la possibilità di allenarsi (molto spesso è qualcuno che quella stessa palestra l’ha in passato frequentata come tesserato), ma senza sentirsi in diritto d’infilzare chi vuol fare di testa sua con gli attrezzi, perché è sufficiente stirarsi un muscolo per capire come regolarsi la volta seguente (leggasi autoregolamentazione). Certo, un po’ come avviene con l’insistenza nel curare il proprio corpo, anche quella della scrittura in internet sembra essere per certi aspetti una pratica compulsiva, una fissazione che si rafforza con il protrarsi dell’allenamento, e questo è il motivo per cui mi annovero tra i fautori del cosiddetto web 3.0, dove si rende auspicabile un dialogo effettivo tra la rete e il suo esterno, perché, se proprio devo dirla tutta, a me pare che la scrittura in rete sia più vicina all’oralità che alla scrittura vera e propria. Un’oralità che certamente risente di certi modelli, come quelli del talk show televisivo, dove si fa a chi urla di più, ma non sarà perché forse è la stessa critica ad alzare la voce per farsi sentire, come quando finisce puntualmente a scornarsi sulla questione dei premi letterari, tanto per fare un esempio?
Ecco che allora sembra non esserci poi tutta questa differenza fra internet e il resto, se non, giustamente, per una questione di maggior visibilità a minor costo.
Ma è tutta qui la prerogativa del web?
Il fatto è che molto spesso i blog o i siti letterari (dai più piccoli ai più grandi e importanti) sono ben poco pluralisti, poiché per pubblicare si devono avere i contatti giusti, essere un minimo conosciuti, come d’altronde è sempre accaduto per le riviste cartacee e per quanto concerne qualsiasi attività che sia gestita da una redazione (anche se, come ricorda Carla Benedetti nel suo pezzo, c’è sempre la possibilità di pubblicare una risposta ben articolata). Ora, la rivoluzione del web sembrava proprio consistere nello scavalcamento di questa sorta di barriera, in una libertà pressoché assoluta che si sta però dimostrando di difficile gestione, poiché questa voglia di letteratura (e non solo, ma atteniamoci al nostro caso) si quantifica in un’appendice di commenti come unico spazio disponibile al confronto, e dove effettivamente assistiamo troppo spesso a diatribe personali che deviano ben presto l’attenzione dall’articolo di partenza. Ché poi, a dire il vero, più che di disturbatori (che sono una minoranza) si dovrebbe parlare semmai di affezionati, di blogger (o semplici utenti) che seguono tutte le discussioni e si accalorano nel difendere quello o attaccare quell’altro, mimando quelle stesse dinamiche che si ritrovano in una riunione di condominio o in un’assemblea popolare (sì, è vero, sul web c’è il nick name dietro cui nascondersi, ma io di alcuni dei miei condomini non è che ne sappia poi molto di più). Con questo non voglio affatto mettermi a difendere chi usa lo spazio dei commenti per offendere o attaccare gratuitamente questo o quell’altra, ma solo precisare che forse certi contenuti e certi modi di veicolarli possono attrarre più facilmente di altri interventi del genere (che naturalmente ogni sito o blog ha la libertà di scegliere come meglio regolamentare).
Cominciamo allora a chiederci da dove viene tutta questa necessità di parlare di Letteratura, soprattutto in un paese dove secondo alcuni sarebbero di più gli scrittori dei lettori.
Forse che questa compulsione a scrivere potrebbe essere incanalata in esperimenti di scrittura collettiva (e già ce ne sono, cito su tutti il SIC), alla quale il web si presta per sua natura, e che magari metterebbe anche un freno alla sovrapproduzione di libri e libricini che esiste in Italia? I “tori da tastiera” potrebbero così trasformarsi nelle lepri dietro cui correr coi cani, e chissà, magari a forza di dar loro la caccia si finirebbe pure con lo stanare delle storie interessanti – ma in fondo lo diventano anche certe polemiche, arricchite da personaggi che per quanto ne so potrebbero essere del tutto inventati, e che pure finiscono con l’appassionarmi nel loro carteggio allo stesso modo di un feuilleton o di una telenovela ben articolata.
Ché poi, a pensarci bene, siamo proprio sicuri che questi siti non sentirebbero la mancanza dei tori scatenati con cui scaldare il pubblico dell’arena?
Pingback: S.V.P. Simone Ghelli su letteratura e web 3.0. « NOVEVOLT, collana di narrativa densa
bell’intervento. e sono pienamente d’accordo quando dici che la scrittura web sia più vicina all’oralità di quanto non lo sia invece alla scrittura tradizionale. mi sembra che sia uno snodo decisivo da mettere in luce, che invece, troppo spesso, viene tralasciato. questo legame non riconosciuto crea equivoci, a volte anche gravi. Basti pensare al dirigente PD che auspica la morte di Silvio sullo status di Facebook. è evidente che si trattava di un grido etilico da bar, ma che, per il solo fatto di essere stato scritto (perdendo così tanto il suo contesto, quanto la grana della voce, la phonè), è proliferato in direzioni inaspettate.
Chiunque scrive su un blog si sente in diritto e in dovere di dire: “Sono un letterarto, sono un poeta e bla bla bla”… il problema a mio avviso è questo qui.
Un pò di umiltà ci vorrebbe. Non si è poeti, non si è scrittori. Secondo me sono gli “altri” che possono dire se lo siamo o meno.
ps. che è il 3.0? quanto so’ ignorante
Piacevolissima scoperta, buongiorno!
Mi collego all’ultima parte del post, dove si parla della voglia di scrivere. In rete c’è chi scrive, per esempio. Parlo dei fan writer, di cui anche io faccio parte. La cosa singolare è che, dopo aver pubblicato un libro e trovandomi teoricamente dal lato cartaceo della barricata, noto che chi sceglie la rete per narrare viene tuttora visto come “poco professionale”. Un amatore, un aspirante: serie B, insomma.
Bene, non è così. All’interno del fandom esistono fior di storie, nè le medesime sono tutte finalizzate a una eventuale pubblicazione. In primo luogo, non c’è lo status ma il piacere del raccontare. Cosa che, dal poco che ho compreso in questi mesi, non sempre esiste fra chi scrive su “carta”.
Dunque, i blog. La mia sensazione è che, anche qui, almeno alcuni blog che trattano di letteratura vengano visti o come “palestra” per arrivare alla sospirata carta, o come mezzo per aumentare i propri lettori, più che come un luogo dove condividere impressioni e idee sul narrare. E questo è un gran peccato, direi.
@Flavio: grazie.
@Andrea: il web 3.0 è la rete fuori dalla rete, il tentativo di dare corpo a certe dinamiche maturate sul web
Piacevolissima scoperta, buongiorno!
Mi collego all’ultima parte del post, dove si parla della voglia di scrivere. In rete c’è chi scrive, per esempio. Parlo dei fan writer, di cui anche io faccio parte. La cosa singolare è che, dopo aver pubblicato un libro e trovandomi teoricamente dal lato cartaceo della barricata, noto che chi sceglie la rete per narrare viene tuttora visto come “poco professionale”. Un amatore, un aspirante: serie B, insomma.
Bene, non è così. All’interno del fandom esistono fior di storie, nè le medesime sono tutte finalizzate a una eventuale pubblicazione. In primo luogo, non c’è lo status ma il piacere del raccontare. Cosa che, dal poco che ho compreso in questi mesi, non sempre esiste fra chi scrive su “carta”.
Dunque, i blog. La mia sensazione è che, anche qui, almeno alcuni blog che trattano di letteratura vengano visti o come “palestra” per arrivare alla sospirata carta, o come mezzo per aumentare i propri lettori, più che come un luogo dove condividere impressioni e idee sul narrare. E questo è un gran peccato, direi.
dunque, come Simone sa già, sul fatto che i disturbatori animino certi blog non sono d’accordo, perché l’oggetto del contendere troppo spesso ruota intorno a dinamiche di rapporti personali (tu mi hai detto questo, come ti permetti, allora io ti dico questo, e giù insulti come se piovesse). Vero che anche al bar spesso ci mette mani addosso parlando di politica (o almeno una volta succedeva) però il blog rimane una forma di comunicazione scritta e nonostante l’estensione alla piattaforma del reale che avete battezzato web 3.0 permetta di verificare che l’interlocutore di rete è a tutti gli effetti un essere umano, è per me incontestabile che chi decide di commentare un post deve seguire almeno due regole fondamentali: 1) attenersi all’argomento proposto; 2) adottare una strategia retorica che permetta agli intelocutore di inserirsi nel discorso senza sentiri aggrediti.
Detto ciò, il fatto che il blog sia una palestra di scrittura (creativa) è una bellissima definizione, è importante che ne fa uso riceva un adeguato feedback, e abbia degli intelocutori con cui confrontarsi. Sono d’accordo sul lasciare stare la Letteratura, perché la scrittura in rete è di fatto caratterizzata da un registro specifico, che corrisponde a precise regole di ricezione. Inoltre, come Flavio, sono anch’io molto d’accordo sul parallelo fra scrittura in rete e oralità: tanto è vero che i contenuti di un post rimangono impressi in base ad una memorabilità che appartiene ai discorsi orali.
@Lara: è proprio sul piacere di raccontare che bisognerebbe concentrarsi, e anche in questo ci sono interessanti collegamenti tra la rete e l’oralità…
@Clobosfera: il tema dei disturbatori è delicato, e non so quanto risolvibile. Da una parte i commenti servono a far muovere l’argomentazione, a produrre effetti, che di conseguenza possono anche essere deleteri… non vorrei però che si pensasse che io sia per l’azione di disturbo in quanto tale, perché non è così… forse è la critica stessa che in certi casi dovrebbe abbassare i toni…
E’ vero Simone. Nei siti di fan fiction, peraltro, l’atteggiamento che ho riscontrato è proprio quello del “mi siedo e tu racconti”, con la particolarità che i ruoli sono sempre interscambiabili: chi legge e commenta è quasi sempre qualcuno che a sua volta scrive.
Una cosa sui disturbatori: è veramente buffo, ma io sul blog non ne ho avuti, fin qui. E’ vero che è un blog piuttosto giovane e sicuramente non importante, però ho notato che chi interviene è sempre interessato a discutere più che a fare rissa. Tranne in un episodio. Ma dopo due giorni di sospensione di blogging non si sono più verificati flame.
Questo per dire: dipende, anche, dall’atmosfera che si crea?
Ho letto con piacere questo tuo intervento, Simone. Tanta carne al fuoco e credo che faresti bene parlarne ancora, dividendo gli argomenti. Inutile che ti dica di segnalarli poi su Facebook ancora, dove tantissimi si relazionano, sempre più lontani dai blog. Ma questa è un’altra storia.
Io credo che dipenda molto dal tipo di vita che uno fa o ha fatto. Mi spiego. Nel web ci sono i caratteri delle persone, non ci sono tuttavia gli sguardi, le pacche sulle spalle, ecc che permettono di mitigare gli animi, tutto è frontale, attraverso l’uso delle parole. Accade così non di rado che vi siano fraintendimenti incredibili.
Pensa al mio post che ha prodotto più di 100 commenti su FB riguardo Policastro/Benedetti, vero, sono stato provocatorio, vero, sono partite offese, vero, molto altro, ma, per ragioni che osservo spesso, in qualche modo le persone hanno accerchiato un contenuto o più contenuti, non hanno solo discusso/litigato, hanno altresì esposto ragioni ed emozioni. Non è poco in questa epoca in cui si vorrebbe ammorbare l’opinione pubblica con leggi e leggine bavaglio.
Il carattere, dicevo. C’è chi è abituato per esperienza a confrontarsi on line, ma se nella vita non ha affinato l’apparato immunitario verso le reazioni altrui, non potrà che riproporre quelle dinamiche on line appunto. I permalosi sono permalosi anche in rete. Non v’è dubbio.
Quindi i disturbatori, che cosa significa? Uno che fa una battuta fuori luogo? Uno che vorrebbe parlare di un argomento specifico uscito dalla discussione allontanandosi dal nocciolo della questione proposta? Uno che bestemmia? Chi è il disturbatore? E siamo così sicuri che invece il disturbatore non sia un esempio eccezionale per dimostrare come nella rete sia necessario convivere con tutti? Perché la rete è tutti, ripeto, è tutti. Altrimenti uno parla in privato, fa un gruppo on line ad accesso con password, ecc. Se uno pubblica nel mondo deve accettare che il mondo, cioè tutti, possa dire la sua. Poi la forza della maggioranza, se non condivide i modi e i contenuti di qualcuno, magari volgari, dovrebbe semplicemente isolarlo, si stancherà se nessuno se lo fila… ma per questo ci vuole sensibilità e pratica quotidiana della rete, oltre che una vita che ti abbia già insegnato a riflettere in tale senso.
Mi fermo qui. Sono tanti gli argomenti che emergono dal tuo intervento Simone.
@Lara: è così, anch’io penso che il contesto sia decisivo
@Sul romanzo: la questione è complessa.. io son dell’idea che a volte la libertà totale per tutti si traduca in una conseguente limitazione di libertà per chi è più “debole”, e in questo caso per chi alza meno la voce, è meno aggressivo… sui principi che però dovrebbero regolare la scelta di cosa va e cosa non va, non mi sento di dare una risposta, se non sottolineare il fatto, come già ho scritto, che la via più “naturale” è quella dell’autoregolamentazione, che si costruisce giorno dopo giorno con gli utenti che approdano al sito o al blog…