L’ORA MIGLIORE E ALTRI RACCONTI

Esce in questi giorni in libreria L’ora migliore e altri racconti (Edizioni Il Foglio, 2011), una raccolta di storie più o meno brevi scritte da Simone Ghelli in questi ultimi anni.

Quella che segue è la “Premessa dell’autore”.

 

L’acqua è un elemento che mi accompagna sin dalla nascita.

Quella di un fiume mi salvò la vita che avevo visto la luce da appena tre giorni, e m’indicò la strada per gli studi, diversi anni dopo: del primo non ho mai saputo il nome, mentre del secondo ricordo che era la Senna, quello su cui si muove L’Atalante di Jean Vigo – ancora in bianco e nero, come questi caratteri su carta.

L’acqua, elemento metamorfico per eccellenza e sintomo di cambiamento, mi segue da sempre anche nei sogni; d’altronde è l’habitat del mio segno, che comunica col mondo dei morti.

Questi racconti abbracciano un arco temporale lungo sei anni, durante i quali l’acqua ha continuato ad accompagnarmi nel mio modo di procedere, di farmi portare dalla scrittura anziché anteporle una trama; forse perché la mia vita, sin dall’inizio, è stata messa in mano d’altri.

Lo so che un Autore non dovrebbe mai parlare in questi termini, dare il minimo segno di cedimento, ma il mio destino è quello d’immergermi sotto la superficie. Questo non significa che mi piaccia scrivere in apnea, di getto; è vero piuttosto il contrario: il fatto di aver sfiorato la morte mi ha distolto fin da subito dalla cattiva abitudine di confondere la scrittura con la vita.

Non so se tutto questo c’entri col fatto che sul mio cammino io abbia incontrato spesso la follia (per me l’atto stesso di scrivere, la compulsione che mi spinge, lo è); per certo attraverso tutte queste storie ho cercato di ricavarne un disegno: una sinfonia che si apre e si chiude con un sogno (o un incubo).

Tutto quello che si trova nel mezzo lo lascio al vostro sguardo.

 

Pubblicità

4 Responses to L’ORA MIGLIORE E ALTRI RACCONTI

  1. Chi conosce la propria debolezza è realmente più forte di chi crede ciecamente alla propria forza.

    Pierre Reverdy, Il guanto di crine, 1927

  2. Probabilmente solo di notte. sembra vero, si entra in contatto con un silenzio primordiale conciliatore dell’immaginazione così come dell’amato oblio del sonno.
    Lontana dal volermi permettere un’analisi in questo caso, io mi rimetto all’emozione di una lettrice. E’ come una caduta, a mio avviso stilisticamente consapevole, tra le dicotomie più intense e profonde dello stato umano contemporaneo. Attraverso il chiavistello dell’autobiografia si percorrono molti dei proprio stati d’animo, convinzioni, paure, considerazioni, desideri … desideri irrefrenabili. Scrivere. Comunicare. Esprimersi. Richiedere l’attenzione del mondo facendo strizzare il cervello con le mani … di notte in preparazione del giorno, di un giorno amaro e magro in cui ti puoi anche accorgere di quante “sardine” ci siano attorno a te nonostante la consapevolezza dell’esistenza di una marea di squali. Chissà perché ho sempre fermamente pensato che uno scrittore in senso davvero classico come te, nonostante gli esercizi stilistici o i toscanismi, debba essere capace di emozionare, di “comprendere”, di accogliere il sentire proprio come quello altrui e mettere tutto ciò a fattor comune. Scrivere per sé, ma anche per concedere voce. Intimo, ma universale. Ritmato, ma lieve. Questa è la sensazione dell’ora migliore, il racconto che apre questa raccolta. Con una notevole leggerezza poni metaforicamente l’etica dietro le immagini: l’interesse per l’esistenza concreta dell’individuo, per la soggettività, la libertà individuale, la possibilità della scelta, l’importanza dell’azione individuale nella decisione sui temi della moralità e della verità, … evidenziando la necessità dell’unicità dell’esperienza, il coinvolgimento personale nell’azione e una rottura del primato della prospettiva dell’individuo agente su quella dell’osservatore distaccato e obiettivo.
    Al centro di questo vortice d’acqua potente e magnifica c’è l’ora migliore per tutti. C’è l’essenza. Tutto si scioglie, il cielo è terso, il pensiero fluisce. Ma l’accidia stronca il desiderio e serba i pensieri che covano e si districano lentamente, lentamente, fino al giorno in cui devi assolutamente godere di quel “tratto nero” della parola. “Ogni volta è come uccidersi un pò con le proprie mani”, ogni volta è un tentato suicidio alla nostra possibilità di stare in superficie e illudersi di un’esistenza meno complessa da affrontare, in cui immergersi a capofitto e combattere l’oblio, l’accidia, il sonno, la staticità, la noncuranza, la passività, il fastidio del ronzio di una maledetta “mosca”. La paura estrema. Un infarto dei sensi: ti hanno messo il capo nell’acqua spingendoti nel vortice e temi di dover per sempre ruotare. Come mutare.Come anche evolversi.
    Questa lettura mi lascia il sapore della forza del pensiero che, nel rivelare le proprie contraddizioni, le proprie immagini, le proprie troppo umane debolezze, comunica alla pari con la coscienza di chi necessita di attraversare il Χάος, in quanto personificazione dello stato primordiale di vuoto buio, prima della creazione del cosmo da cui emersero gli dei e gli uomini. Nel “dolce naufragare” nel sonno, voragine senza fine, si insinua il desiderio di espressione della destrezza e dell’energia vitale attraverso la parola.

  3. SimoneGhelli says:

    Una bellissima lettura, grazie. In notturna, poi… Mi sa che me la “rubo” 😉

  4. Pingback: “L’ora migliore” per leggere « S/G

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: