La mia solitudine sei tu
aprile 18, 2011 4 commenti
E così non avresti capito troppo bene dov’è il Daghestan. Bene. Hai presente San Pietroburgo? Fatti un giro per Prospektiva Nievskij che poi c’è da viaggiare lungamente. Attraversa la tundra tra Krishi e Novgorod, tira dritto per Tver’, arriva a Mosca. Rotola ancora verso sud. Kolomna, Tula (tu l’avevi mai vista, Tula?), ora tutta a babordo. Passa nei pressi di Penza, pensa, un posto che si chiama Penza, e arriva fino a Tol’jatti. Non è servita a granché, questa sgroppata di millemila chilometri, però vuoi mettere: ora sai che è vero, che esiste una città che si chiama Tol’jatti. Non Togliattigrad: Tol’jatti. Soggiorna al Chocolate Hotel, se ce la fai, val bene una messa, è in Strada Avtostroiteley, sul sito c’è scritto Dolce vita!, ròba che a Togliatti sarebbe venuta l’alopècia. Non gira un’anima, per le vie di Tol’jatti. C’è solitudine. Impregnatene.
Ora sei pronto per l’ultimo tratto. Lambisci Volgograd: una volta si chiamava Stalingrado. Attraversa la cintura di fuoco dell’instabilità caucasica, Inguscezia Ossezia Cecenia, e tira dritto verso mare. Quando vedi il cartello con le indicazioni per Makhachkala, ecco, bene: sei arrivato in Daghestan.
Daghestan significa “che sta tra le montagne”, ed infatti dove sta? Sul mare.
Nella capitale, che si pronuncia mac-ciacalà, c’è una squadra di calcio, pure in Daghestan, pure a Makhachkala, che se vai su Wikipedia c’è la foto d’un cantiere, per dire.
Quella squadra si chiama Futbol’nyj Klub Mackhackala, anži Machkhačkala, Anži Mackhačkala. Anži fa parte del nome.
Le cose importanti da dire sull’Anzi, chiamiamolo così, sono molto banali: miracolo più che sportivo economico, fondato solo venti anni fa il club ha latitato nelle serie minori finché non è arrivato il petroliere ricco sfondato di turno, nella fattispecie Sulejman Kerimov, uno di quei magnate col conto a svariati zero: uno che si può bullare d’avere nel portafogli un discreto numero di azioni di Sberbank e Gazprom, per dire. I gasdotti passano tutti per il Daghestan, fatti due calcoli, il petrolio e il gas e i capitali sembrano chiamare il pallone a scacchi un po’ ovunque, figuriamoci a sud dell’Inguscezia, e insomma Kerimov la vuole proprio, una squadra tutta sua. Nel duemilaquattro prova ad acquistare l’aèsseroma, ah la dolce vita!, poi non se ne fa niente; due anni dopo rischia di morire in un incidente stradale a Nizza, ah la douce vie!, anche lì non se ne fa niente; però questo giocattolo calcistico lo vuole a tutti i costi, Kerimov. Ora mi compro il Tottenham, anzi il Rosenborg, anzi il Fc Vaduz, anzi: l’Anži Machkhačkala.
La notizia che ha fatto scalpore ultimamente è stata quella dello sfizio non-proprio-cheap di Kerimov: l’ingaggio faraonico di Roberto Carlos. Un colpaccio.
Figlio d’una sarta e d’un orologiaio, Roberto Carlos quanto sia famoso lo capisci dall’ovazione che gli tributano i settantamila del Maracanà ogni volta che fa il suo ingresso sul proscenio.
Dopo gl’incoraggianti esordi in Brasile, è successo che Roberto Carlos poi un bel giorno ha fatto il suo arrivo in Italia: viaggiava che era una meraviglia, ogni esibizione macinava – quanti saranno stati? – venti, trentatre, quarantacinque giri, nel piedino i friccicori del samba, delle sgroppate sulla fascia, delle bombe dal limite. Una bella vita invero, ah la dolce vita, quella di Roberto Carlos.
Sì, stiamo facendo confusione: questo Roberto Carlos non è quel Roberto Carlos, è il cantante, magari te lo ricordi, magari se lo ricordano tua mamma e (meglio) tua nonna. I musicarelli, Gianni Morandi, Sanremo con Sergio Endrigo. Hai presente quella canzone che fa la mia solitudine sei tu? Ecco, non è di Iva Zanicchi: è di Roberto Carlos.
No, non è di questo Roberto Carlos che Kerimov s’è assicurato i servigi per nove-milioni-nove di euro l’anno: l’oligarca, ai suoi privatissimi vernissaggi sul pontile di Ice, il duecentonovantatre anzi duecentonovantacinque piedi ancorato sul Mar Caspio, preferisce la sbarazzineria di Shakira e Christina Aguilera.
Ad indossare la maglia biancoverde del Futbol’nyj Klub Mackhackala, anži Machkhačkala, Anži Mackhačkala è il Roberto Carlos che magari hai rimpianto da tifoso dell’Inter, il fuciliere dello Stade de France, il pluricampione con le merengues madrilene, quello che se non si rasasse la pelata avrebbe un cespuglio afro, va dicendo in giro, quello che una volta gli han chiesto Do you ever stand in front of the mirror to take in the full splendour of your thighs? How big exactly are they? Do you have to get your trousers specially made? ed io ho letto things al posto di thighs, ho preso cose per cosce.
Ti metti mai davanti allo specchio a rimirarti il pieno splendore dei tuoi cosi? Quanto sono grossi esattamente? Hai dei pantaloni fatti apposta?, m’era sembrato di leggere, e immaginate lo sconforto quando ho intraletto sessanta centimetri, poco sotto, anche se poi in quell’intervista Roberto Carlos dice un sacco di cose intelligenti e da intenditore del calcio, ed io che avevo preso cosi per cosce. L’intervista è questa, se vuoi leggertela.
Roberto Carlos, poi, un pomeriggio l’hanno presentato allo stadiucciolo di Mackhackala, gli hanno messo sulle spalle ed in testa i vestimenti delle popolazioni daghestane, fatte di pelli di montone, e lui ha sorriso ai fotografi, anche se si vedeva lontano un miglio quanto si stesse struggendo per l’infausta scelta d’incucularsi tra le montagne, nel Daghestan, nella città-che-è-tutta-un-cantiere, dove non c’è granché da fare, e se nello stereo comincia a suonare quella canzone, la mia solitudine sei tu, son lacrime che non le fermi facilmente, sai.
spunto interessante, esecuzione superficiale e cabarettistica, peccato, sono convinto che l’autore può fare di meglio
chao paolo, non so se inorgoglirmi più per un aggettivo o impermalozirmi per l’altro. Grazie, grazie davvero per il superficiale, nutro un amore sconfinato per le frivoletse e i divertissementi. E grazie pure per la convinzione, incondizionata, fiduciosèrrima.
Spunto totalmente privo d’interesse, esecuzione simpatica ma inutile. Stupisce quanti siano gli argomenti beceri da trattare in un mondo così interessante che saprebbe anche offrire alle intelligenze (sic!) succulenti misteri da affrontare. Del Daghestan, prima d’ora, non sapevo nulla, perché io sono affezionato solo al Kyrgyzstan. Hanno mandato via il portiere perché trovato a dormire tra i pali durante un allenamento di routine… Questa sì che è roba da prima pagina.
miglioriamo: almeno l’esecuzione è risultata simpatica (simpatico non sempre fa rima con cabarettistico). Dal consolato del Daghestan ringraziano per aver risvegliato le attenzioni sul loro piccolo belpaese (la pigliano molto peggio in Kyrgyzstan).
Mi resta un dubbio indipanabile: chi devo ringraziare per questo ritorno di fiamma sulla marzolina sforbiciata? Eto’o?