Videor ergo sum
Maggio 25, 2011 2 commenti
Se ci si fa caso, la «pulchritudo» di cui parla Baumgarten rimanda al concetto di «arte come principio dell’armonia universale» di Pitagora e alla “theia mania” – intesa poi come furor – di Platone. Il buon Orazio trovava che bisognasse «miscere utile et dulci» e che il brutto fosse nel – per usare una sola parola – caotico. Per Leonardo, invece, l’arte non imita, ma crea e condivide l’oraziano «delectando docere». Bisognerà aspettare Vico perché si cominci a distinguere il ruolo della fantasia (arte) da quello della ragione (filosofia), ma è soprattutto Schelling che – pervaso di Sehnsucht romantica – arriverà a parlare di «attività» unica nel suo genere e capace di calmare l’infinito conato umano mettendone in luce le intime contraddizioni.
Il Positivismo, infine, sia nella veste originaria ottocentesca che in quella riveduta e corretta novecentesca, darà all’arte solo una funzione ancillare: una posizione che precorre il «riflesso della situazione sociale» attribuitale dal Lukács, teorico dell’estetica marxista.
Finalmente l’Estetica crociana riporterà l’arte al suo stato di atto simpatetico: la sua liricità è espressione di sentimento, è metafisicamente congenita nell’individuo, è utilizzata come manifestazione di potere a livello psicologico e, da un punto di vista pedagogico, si scopre utilissima per l’educazione.
Ma, filosofismi a parte, l’aspetto influisce moltissimo sulla nostra esistenza. Certe storie lo provano…
«È così brutto che potrei fargli una caricatura e farla passare per una fotografia» pensò lei vedendolo.
«Vorrebbe essere bella. Vuole essere bella. Ma insaccata in quell’abitino è veramente ridicola!» osservò lui scrutandola.
Quanto c’influenza l’aspetto fisico. L’essere umano è veramente superficiale. Viviamo in un’epoca in cui la tv, imponendoci l’immagine, ci ha educati all’immagine stessa. L’immagine, spesso, porta dei pregiudizi terribili e pre-discorsivi. Oppure è falsa e si spaccia per vera, rendendo così falsa la realtà. Tutti sono contro i pregiudizi (se non altro per loro pregiudizio). Tutti sono contro il predominio delle apparenze. Tutti tranne Oscar Wilde: «Solo i superficiali non giudicano dalle apparenze» scrisse col suo solito gusto per il paradosso. Ma questo, che apparentemente e superficialmente potrebbe essere definito un paradosso, non è altro che un prodotto logico di due modi di pensare: empirismo e ipocrisia.
L’empirismo, che è la filosofia predominante nei paesi anglosassoni, sosteneva che l’unico mezzo attendibile per la conoscenza fossero i sensi (in questo Deleuze è maestro d’intuizione, in quanto per lui l’empirismo è la filosofia non tanto dei sensi quanto dell’immaginazione). L’ipocrisia, invece, si basa sulle convenzioni: neanche sui sensi o sulle apparenze (che sono sempre frutto dei sensi dato che derivano dalla vista). Wilde detestava l’ipocrisia della sua epoca, il compromesso vittoriano, il perbenismo e la sua frase ne è una condanna. I superficiali sono quelli che si fermano alle convenzioni, che si attengono acriticamente a quello che la società dice. Ormai Wilde ne aveva piene le tasche delle convenzioni e, con quella sua frase, aveva provato a svegliare la gente da quello che Kant avrebbe definito «sonno dogmatico». Almeno cercate di giudicare in base a quello che vedete, aveva provato a dire. Almeno provate a pensare autonomamente rispetto alla società, s’era sforzato di gridare. Ma in maniera ermetica per gl’idioti.
Andava bene anche come avevano fatto loro: basarsi sulle apparenze per un giudizio estetico è quanto di meglio Wilde avrebbe potuto desiderare.
Per le persone non belle è più probabile mantenere un matrimonio: il partner troverà dei pregi che non hanno nulla a che fare con la bellezza e che, di conseguenza, non smetteranno mai d’esserci. Una coppia di persone belle, arrivate a una certa età, arrivano a perdere il loro feeling perché il punto in comune che avevano (la bellezza) cessa d’esistere.
Una persona non bella, invece, non potendo contare sulla propria apparenza, è costretta a sviluppare la propria interiorità e quindi risulta più gradevole rispetto a una persona bella che è solo bella. Il fatto che la bellezza sia soggettiva significa che dipende dai gusti del soggetto, ma cos’è il soggetto se non uno spirito?
Antonio Romano
http://www.corpicrudi.com
non male