Atti impuri: da solo o in compagnia
giugno 21, 2011 6 commenti
Non so voi, ma io adoro guardare le persone che leggono libri mentre camminano. Questi lettori deambulanti, ogni volta che li incontro, resto a fissarli, spesso con l’intento di scoprire il titolo del libro che li ha rapiti a tal punto da non fargli badare al rischio di sbattere addosso a qualcuno o di pestare una merda. Una volta ne ho conosciuto uno, si chiamava Biagio e faceva la spesa al discount dove lavoravo. Comprava sempre l’aranciata economica e le scatolette di cibo per gatti, di rado altro. Ogni volta che veniva a fare la spesa, Biagio aveva tra le mani un libro diverso; gli ho visto leggere Bradbury, Burroughs, Ballard, oppure Miller, Dick, Orwell, e ancora Saramago, Nietzsche, Joyce, e tanti altri romanzi, di quelli che, quando li leggi, pensi: “Ecco a cosa serve, vivere!”.
Biagio leggeva sempre bella ròba, era uno di quei clienti con cui nasce subito empatia da interessi in comune. Infatti, ben presto, Biagio me lo son ritrovato, sparute sere, a frequentare luoghi che frequentavo anch’io. Ciao, gli dicevo. Ciao, rispondeva lui. Ma non andavamo mai oltre il cordiale saluto fin quando, un giorno di diversi anni fa che ero al Forte Prenestino con Vinz, il mio futuro coinquilino, a un tratto vedo Biagio sbucare di lontano che s’incammina proprio verso di noi per salutare Vinz. Vi conoscete?, chiediamo insieme, sorpresi, Biagio ed io, e giù a ridere sulla solita storia che Roma è piccola e ci si conosce tutti.
Da allora, quando veniva a fare la spesa, si scambiava sempre qualche battuta sul libro che aveva in mano o sul nostro amico. Da quando Vinz si trasferì a casa mia, poi, Biagio cominciò a venire a trovarlo spesso. Fu così che ci siamo conosciuti, io e Biagio, il lettore deambulante. Ma vorrei un attimo metter da parte Biagio per parlare di un problema che ho con i pacchi di libri che mi spediscono: spesso non arrivano. È stato da quando quel bischero di Vanni Santoni mi spedì un plico (contenente il manoscritto del romanzo di Magini e delle copie del Collettivomensa) indirizzandolo al Subcomandante Gianluca Liguori. Abbiamo più volte scherzato con gli amici su questa strana coincidenza, sospettando che il mio domicilio sia stato attenzionato dalla polizia postale, che magari ha scambiato Scrittori precari per una pericolosa associazione sovversiva. Me l’immagino, gli sbirri, costretti ad aprire i miei pacchi e leggere in tutta fretta i manoscritti inediti o i romanzi appena usciti indirizzati al mio domicilio, i Frigidaire e i MicroMega e una volta il Mucchio. E mai che ci mettessero cinquanta euro quando leggono l’estratto conto, i maledetti!
Insomma, tutto questo preambolo per dire che un po’ di mesi fa, alla casella di Scrittori precari arriva una mail dall’ufficio stampa di NoReply, Matilde Quarti. Ci invitava a leggere il numero 2 della nuova rivista Atti impuri – luogo di scritture. In allegato c’era il pdf della rivista ma – scrisse – avrebbero potuto mandarmi la versione cartacea. Magari, risposi; sapete com’è, il fascino della carta stampata, il rapporto vivo con le immagini, il contatto con la pelle, la possibilità di sottolineare, l’impaginazione grafica che dona una cornice alle storie raccontate, le frasi in evidenza, e poi vuoi mettere come si legge la vecchia rivista cartacea, ovunque, con che comodità, in treno, sul cesso, al parco, seduto su un tavolino oppure passeggiando. Gentilissimi, me ne inviarono una copia. Intanto avevo girato il pdf a Simone (Ghelli, per i lettori meno attenti), che soffre meno di me la lettura sullo schermo nonostante le nostre età – lui è anagraficamente un TQ, pur non essendo di quelli inseriti nella lista dei cento intellettuali a merenda nel salone Laterza – farebbero presumere il contrario. Dopo qualche giorno Simone propose di pubblicare qui l’editoriale di Sparajurij. Nel frattempo la rivista, aspetta una settimana, aspetta un’altra, non arrivava. Dall’ufficio stampa continuavano a chiedermi notizie, io a rispondere che no, niente ancora, avrei avvisato non appena l’avessi trovata nella posta. Dopo ancora una settimana decisero di spedirmene un’altra. Dopo ancora qualche giorno, finalmente, avevo tra le mani la mia copia di Atti impuri. Questo, qualche mese fa.
Quando lessi Atti impuri ho pensato che l’addetto della polizia postale che monitora la mia posta, aperto il plico per un controllo, abbia cominciato a leggerla e se ne sia innamorato, e la mia copia, la prima che mi spedirono, a quest’ora magari sarà nella casa di uno sbirro con la passione per la letteratura. Certo, quello diceva che è più facile che un cammello passi attraverso la cruna dell’ago piuttosto che un ricco varchi la soglia del paradiso, che è come dire che lo sbirro, probabilmente, l’uso migliore che ne abbia saputo fare sia stato di metterlo sotto il piede della malconcia scrivania. Sarebbe più bello immaginare lo sbirro lettore appassionato, sapete com’è, io appartengo a quella razza di idioti che pensano ancora che leggere fa bene, e magari, penso che se leggessero di più, gli sbirri menerebbero pure di meno, ché si vedono e sentono sin troppe storie brutte, ma lasciamo perdere gli sproloqui sulle forze dell’ordine ai tempi di Vasco Brondi altrimenti inizio il pippone e non la smetto. Ovviamente, giunti a questo punto della lettura, qualcuno potrebbe contestare che finora io non abbia ancora iniziato a parlare della rivista, ma Atti impuri è un luogo di scritture – un luogo bellissimo, aggiungerei – e questa è la mia maniera di parlare della rivista. E poi, mi chiedo, non siete stanchi anche voi di leggere le solite recensioncine tutte uguali? Ma non parliamo, per carità, dei critici italiani, altrimenti poi si scatena un putiferio nei commenti e non la finiamo più.
Insomma, tutto questo preambolo era per dirvi, se posso permettermi di dare un consiglio di lettura, che è nata da poco questa nuova rivista, fatta con passione e capacità, che ha tutte le carte in regola per tenerci compagnia per tanto tempo a venire. Date fiducia a questi ragazzi e vi regaleranno ore indimenticabili di bella letteratura. E non crediate sia facile, oggi, fare una rivista cartacea di racconti e interventi letterari tutti di qualità, senza cadute di stile o di toni. I ragazzi sono in gamba, meritano attenzione. Se pensate di potervi fidare di me, vi suggerisco di dar loro una mano, stanno facendo un gran lavoro. L’unica avvertenza che devo darvi, però, se siete sensibili a quello che chiamano “fascino della letteratura”, è che rischiate di innamorarvi.
Atti impuri apre col succitato editoriale di Sparajurij e continua con una ricca e nutrita sezione di bellissimi racconti inediti italiani. C’è la Flavia Ganzenua, che ogni volta che trovo su Nazione Indiana mi rapisce con quel suo stile così avvolgente, che penso mi piacerebbe, la sua scrittura, poterla leggere in un romanzo ben strutturato e con una trama forte. Il racconto di Flavia, come ebbi a scriverle non appena finito, è bellissimo. Struggente e bellissimo. Non vi nego che, tempo fa, provai a chiederle qualcosa per Scrittori precari, ma ad ora non abbiamo ancora ricevuto niente, magari, dopo quest’altro invito tra le righe, chissà.
E poi c’è Giorgio Vasta – sì, quello che, quando passa alle feste Minimum fax, le aspiranti veline dell’editoria dicono: “Uh, Giorgio Vasta!” – con un racconto ansiogeno, ma bello. Cosa volete che vi dica, si sa, Giorgio Vasta è Giorgio Vasta, l’autore che, con Il tempo materiale, ha osato di più negli ultimi venti-trenta anni di letteratura italiana. Vasta, come sempre, non sbaglia una parola, tutte ben calibrate, precise, puntuali. Vasta si legge, e poi si medita.
Dopo il suo racconto c’è quello di Marco Rossari, che non conosco benissimo come autore, se non per i suoi pezzi su Ilprimoamore, ma che ha scritto il testo che forse ho più amato di tutta la rivista. Nel suo racconto kafkiano riesce a tradurre, in poche righe, una trappola per i potenziali Kafka dei nostri tempi:
Idea per un racconto: uno scrittore si sveglia con una storia in mente e la posta in rete all’indirizzo franzk.bloggyblog.com. Comincia così: “Un mattino, al risveglio da sogni inquieti, Gregor Samsa si ritrovò trasformato in un enorme insetto…”.
La mattina successiva, al risveglio da sonni tranquilli, lo scrittore apre la pagina del blog e trova tre commenti.
Paperina: “czzta megagalattica!”
Cuorengrato67: “nn so… non mi dice niente… ma non demordere! Keep up the good work!”
NaplesX: “Dai, non ti lamentare: ogni scarraffone è bello ’a mamma soja!”
Preso da sconforto, lo scrittore chiude il blog, cestina il racconto e decide che brucerà ogni scritto.
Il testo che segue è un malinconico racconto di Federica Sgaggio capace di emozionare e stringere allo stomaco. E poi, ancora, c’è Andrea Scarabelli, uno dei tanti giovani da tener d’occhio, ché son sicuro ci daranno soddisfazioni, che dona un racconto sulla crescita, sulla memoria e sul lutto:
Dopo il rientro del figlio smarrito mia madre non sembrava capire più l’ordine delle cose. Sbagliava le frasi, a volte usciva di domenica per comprare qualcosa, per poi restare sconfitta davanti alla saracinesca spianata. Non sono mai riuscito a parlare con lei per dirle che mi dispiaceva. Che avrei cercato di non dare più problemi. Che avrei provato a farmi piacere quel mondo, quel cielo; che mi sarei fatto sconfiggere. In fondo era solo un capriccio.
Ne approfitto per invitarvi a leggere, coloro che volessero approfondire Scarabelli, Le puntine da disegno del capitale, un racconto che, già uscito su Carmilla, rilanciammo qui su SP.
La sezione si chiude col racconto, altrettanto piacevole, di Alessandra Sartori, altra autrice appena scoperta che val la pena di approfondire.
C’è da dire che Atti impuri è capace di aprirti mondi, perlomeno a me, ignoti, come quello della letteratura russa contemporanea di cui, devo ammetterlo, ne conosco davvero poco, ma che senza dubbio andrà approfondita. La rivista ci offre una selezione di racconti, tutti pregevoli, di autori russi, da Nina Sadur ad Alexandra Petrova, da Marina Višneveckaja a Nikolai Bajtov; tutti, e sottolineo tutti, da scoprire e studiare. Poi, se ancora non v’avessi convinto sull’importanza del lavoro che stanno facendo questi ragazzi, allora vi aggiungo che, dopo la sezione di letteratura russa, Atti impuri ci rende omaggio di una serie di lettere inedite di François Rabelais. Toh, Rabelais! Sì, avete capito bene, quel Rabelais. E, non contenti, i nostri redattori, ci selezionano un’altra massiccia dose di racconti italiani: c’è Ernesto Aloia che ci lascia percepire l’odore della notte in una storia che spara musica anni ottanta a profusione; Antonio G. Bortoluzzi che incontra Bukowski, testo che non ho amato, forse perché di Bukowski ho amato troppo l’originale e mi prende una strana sensazione quando lo ritrovo in libri che non sono i suoi, ma questa, ovvio, è una faccenda mia tutta personale, e di certo non si può dire che non sia scritto bene, tutt’altro; Giulia Fazzi, con un racconto amaro sull’amore senile, la perdita, il tempo che passa; Francesco Muzzopappa, autore del racconto con l’incipit più bello: Da anni ho dentro uno strano senso d’autunno, la storia di un uomo che vive, pur immerso nel mondo, fuori dal mondo, un viaggio nella solitudine forzata, volontaria, che ha rievocato in me il vecchio di Sciascia in A ciascuno il suo:
“Non esce mai di casa?”
“Mai, da parecchi anni… Ad un certo punto della mia vita ho fatto dei calcoli precisi: che se io esco di casa per trovare la compagnia di una persona intelligente, di una persona onesta, mi trovo ad affrontare, in media, il rischio di incontrare dodici ladri e sette imbecilli che stanno lì, pronti a comunicarmi le loro opinioni sull’umanità, sul governo, sull’amministrazione municipale, su Moravia… Le pare che valga la pena?”
E ancora Alessandra Carnaroli, che ci narra aspetti umani della follia con una scrittura ipnotica e accattivante; infine Stefano Raspini, con un testo esilarante dove l’omonimo protagonista s’immagina alle prese con l’analisi delle feci.
Immagino che solo i barboni non riuscirebbero a lavarsi per un mese di fila, i barboni o le vittime delle bollette Enia, la municipalizzata acqua gas di Reggio Emilia. Cristo era un barbone anarchico predestinato a cui tagliarono l’acqua, a Reggio Emilia.
Anarchico ci nasci, poi ci muori, poi ci ridiventi quando lo stato mostra i denti in termini di conti.
Soldi soldi soldi. Ti controllano il culo gratis se hai cinquant’anni. Come ci arrivi son cazzi tuoi. Lo stato ha i suoi tempi.
Per chiudere, infine, c’è la sezione di poesia, di cui non mi sento granché di parlare, se non per dire che le poesie di Fabrizio Bajec, poeta nato a Tunisi che vive a Parigi, sprigionano parole pesanti, importanti, quelle parole che ti aprono i pensieri verso orizzonti lontani, intimi e universali, disegnando uno specchio dove poter guardare senza finzione quel po’ di umano che ci resta, la nostra piccolezza, le nostre incertezze, i nostri dolori e la nostra rabbia.
Dunque, dobbiamo dire, che nel secondo numero di Atti impuri non c’è un pezzo per così dire “sbagliato”, non un calo o un racconto “brutto”. Tante belle scritture, diverse, stili lontani ma tutti a loro modo efficacissimi. E poi, aspetto da non sottovalutare, Atti impuri è un libro di racconti; e cosa più di un buon racconto, mi chiedo, può aiutare nella missione, sempre più difficile nell’Italia di oggi, di trasformare i tanti, troppi pigri non-lettori, in lettori attivi?
Immagino Biagio che cammina sulla Prenestina, la Casilina, o per le vie di San Lorenzo o del Pigneto, cammina e legge Atti impuri. Una rivista che è proprio bella come un libro, come quei romanzi che li leggi e dici: “Ecco a cosa serve, vivere!”. Vivere è una passeggiata da fare con un buon libro tra le mani e la mente aperta più che puoi, un viaggio meraviglioso da percorrere in compagnia di ottimi compagni di viaggio. Sono lieto di presentarvi gli ultimi che ho incontrato, questi meravigliosi tipi di Atti impuri. Il numero 2 è bellissimo. Sono, a questo punto, molto curioso di leggere il primo numero, e anche il terzo, che è disponibile da pochi giorni. Fossi in voi, un pensierino ce lo farei.
Propongo di allegare la recensione come inserto alla rivista 😀
ciao, come tuo/vostro/loro lettore m’interesserebbe qualche commento in più sulla veste grafica di questa rivista, che mi pare abbia una copertina non banale e anche delle illustrazioni…cosa dite, fannno buon servizio ai testi?
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