Sommersi dai libri
luglio 22, 2011 85 commenti
«Nell’antichità era il lettore che cercava il libro, mentre oggi il rapporto si è invertito: il libro cerca il lettore.»
Lo scriveva Luciano Bianciardi nel 1957, il libro è Il lavoro culturale.
Nello stesso testo si parlava già anche del fatto che tutti volessero scrivere, pubblicare il loro libro (ma poi ai dibattiti, ad ascoltare, non ci voleva stare nessuno: come nell’incontro sui pellirossa, quando i due relatori milanesi scappano via perché devono lavorare).
Da allora sono passati più di cinquant’anni e le proporzioni si sono indubbiamente moltiplicate.
Il concetto di decrescita, di cui si discute molto in questi giorni, è bello e per certi versi necessario, ma presuppone un orizzonte senz’altro più ampio di quello che comprende l’editoria. Presupporrebbe soprattutto la disponibilità a rinunciare a qualcosa di quel tanto a cui ci siamo tutti quanti abituati.
Per quanto mi riguarda, in veste di lettore, posso solo dire che ogni volta che entro in una grande libreria mi sento perso: m’investe il pensiero di tutto ciò che vorrei leggere, e con esso la certezza che non ne avrò mai la possibilità; la consapevolezza, cioè, che la decrescita abbia a che fare con la questione del tempo. Ogni giorno che passa, la mole delle tracce che l’umanità si trascina dietro aumenta in maniera spaventosa, mentre il nostro tempo si accorcia; di conseguenza sviluppiamo l’esigenza di restringere il campo dei possibili.
E questo, naturalmente, non riguarda soltanto i libri.
Procedendo così, nell’abbondanza, portiamo con noi anche la consapevolezza della perdita.
Dietro a questa necessità di frenare, immagino quindi che si nasconda quella ben più importante di ritrovare un terreno comune, delle storie condivise. Forse è per questo che continuiamo a volgerci indietro, a cercare nei testi del passato – e nelle letture che hanno generato – quel qualcosa che ci manca. Ci rivolgiamo ai classici perché ci fanno sentire un po’ meno soli.
Penso che a furia di scrivere tutti quanti potremmo ritrovarci a raccontare le storie soltanto per noi stessi, e per certi versi questa cosa sta accadendo già oggi. Pubblicare, a questo punto, sarebbe proprio come non pubblicare un bel niente.
La Lipperini ha dedicato un aritcolo enorme su questo tema questa settimana. Per quanto riguarda la mia esperienza, l’idea di una casa editrice che possa pubblicare 12 libri l’anno è la cosa migliore da seguire, ne escono pochi, di qualità e lavorabili. Il fatto è che poi con i fatturati è un delirio, perché le case editrici non sono sostenute. Allora che fare? capisco il punto di vista di Minimum, ma quello che non capisco in generale è la voglia di pubblicare tutti, non tutto, per carità, ma tutti. C’è davvero spazio per chiunque, non si pensa più nemmeno a chi si sta pubblicando ma a quanti contatti può avere, quanto si può spendere etc, si lavora sul macroscopico e non sul piccolo.Le storie che si raccontano solitamente poi, hai ragione ma è una cosa assodata, sono SOLO per noi stessi, ognuno di noi assurge il suo dramma a dramma universale e così via. L’editoria, anzi il mondo della cultura, è in crisi acuta. Che fare? Mantenere gli ultimi avamposti. Come nei film di Romero, tenere il fortino e cercare di non fare entrare zombie, alieni o amenità del genere.
Ciao Simo! Hola Companeros!
Alex: ho scritto questo breve spunto proprio dopo aver letto i vari interventi comparsi su Minima et Moralia e Lipperatura, che consiglio a tutti di leggere, visto che ne parlano addetti ai lavori… la mia voleva essere una piccola riflessione da lettore, ancor prima che scrittore…
È singolare che non susciti meraviglia il trovarsi ancora nell’oscurità di un’umanità con così tante opportunità di scrittura e di lettura. Parrebbe quasi che la verità vera non sia comunicabile, ammesso e concesso che qualcuno la conosca, e sia, forse, solo la conseguenza di uno strenuo impegno personale che quando dà dei frutti… questi non siano visibili che da coloro che quei frutti hanno già assaporato. La verità è la realtà, ma solo quando considerata attraverso i suoi princìpi costituenti, gli stessi che relegano la contraddizione a questi stessi princìpi come l’unica impossibilità a essere reale. Una bugia, da questa speciale visuale, è una vera bugia, mentre una contraddizione costituisce una vera impossibilità. Lo scrivere ha meno valore di una pisciata controvento che almeno concede ai reni di mantenersi vivi, eppure diventa importante quando serve a un chirurgo per acquisire aggiornamenti sulle nuove tecniche operatorie da applicare ai reni di chi, per non sporcarsi i vestiti, si è tenuto la vescica in ipertensione da stress.
Io sono uno di quelli che scrive per perdere tempo, non certo per me stesso perché con me stesso ci parlo ancora.
Naturalmente gli alieni e gli zombies che non devono penetrare nel fortino degli scrittori di qualità sono sempre gli altri, alla faccia del non rendersi conto di scrivere cagate prive di senso, accomunate tra loro solo dalla “vanità autoriale” che lega scrittori che amano considerarsi dei companeros… all’avanguardia. Avanguardia di che, si può sapere? Del non sapere una minchia attorno a sé e all’esistenza, forse?
@simone. ma si capiva che lo avevi letto! Ti pare! Hai messo pure il link.Facevo l’incisivo anche per chi non lo avesse fatto. Lo spunto può essere enorme.
@Massimo: mi piace la tua vena letteraria masturbatoria e compiaciuta che mescola onanismo letterario (mi ripeto) e grezzezza da Bukowski. Credo che l’intelligenza critica di capire un intervento veloce e spensierato e senza pretese su un blog di cui si fa parte non ti appartenga, oltre a questo la mancanza di un’appartenenza sicuramente ti causa livore. Hai bisogno di compagnia? Noi ci siamo.
baci e abbracci a tutti, ma proprio a tutti
@Massimo: qua nessuno vuol dare i patentini di qualità. E poi alla fine, lo sappiamo tutti che gli zombie vincono, gli abbiamo visti tutti i film di Romero… Quanto all’avanguardia, non so davvero a chi ti riferisci…
Comunque, il punto è proprio quello dell’atomizzazione: per assurdo, se onguno pubblicasse il proprio libro (ma sappiamo che non sarà mai così, visto che a tante persone la cosa non interessa affatto), finirebbe per diventare il lettore di se stesso. Mi pare ovvio che ci sia una forte componente narcisistica, al punto che per diverse persone è diventata cosa quasi ovvia pagare per farsi pubblicare…
Nessun “maestro spirituale del nulla” – leggesi del cavolo – rifiuta di essere compiaciuto della propria intelligenza rozza, quando è avvicinato, o si avvicina, all’assenza di onestà intellettuale. Mai un “maestro spirituale del nulla” – leggesi del cavolo – cerca compagnia, a meno che la vita non lo abbia vigliaccamente spinto sul marciapiede dell’esistenza prezzolata. Il tuo giustificare le cagate da te dette attraverso l’estemporaneità dell’ “intervento fugace e spensierato” poi, mi fa scompisciare dal ridere, ma il divertimento finisce subito appena mi rendo conto che è l’assenza di vanità autoriale che lega gli appartenenti all’avanguardia, intelligentissima ma preparata a tutto, persino al fugace sparare minchiate senza senso, ma meritevoli di pubblicazione all’interno di quel famoso fortino, edificato per difendersi dagli intrusi privi di talento letterario e, magari, addirittura onesti intellettualmente… 😀
Bene, dichiaro chiusa in parità la schermaglia. Chiedo cortesemente di riportare la discussione su toni pacati, e di rimanere se possibile confinata ai contenuti del post.
@Simone
Non ho mai inviato miei scritti a nessun editore, nonostante abbia scritto, nei tre anni abbondanti dedicati al raccontare, migliaia di racconti che occupano trenta Megabite sul computer. Mi sono, però, iscritto a “ilmiolibro” della Feltrinelli, giudicando, però, troppo esosa la loro richiesta di esborso per avere l’unica copia che mi serve e che farò stampare e rilegare da me, per comodità mia, e anche perché devo consentire agli zero amici che mi seguono… di sapere che razza di scrittore valido sono.
Pochi sono gli individui in grado di capire le mie intenzioni, e meno ancora quelli che, tra loro, sono interessati all’improbabile risultato.
Il tuo concetto di parità meriterebbe più attenzione… 😀 😀 😀
@Massimo: è proprio questo che intendevo… credo che uno scrittore non debba avere fretta, ed essere consapevole del lavoro fatto, se sia migliorabile o meno… Se poi non viene pubblicato per la “miopia” dei tempi, sarà il tempo stesso, in seguito, a rendergli forse giustizia…
L’errore della tua interpretazione consiste nel mettere al centro del problema la necessità di essere letti e conosciuti per forza, quasi che lo scrivere debba avere come obbligatorio epilogo il farsi leggere dal più alto numero di persone. C’è un’incongruenza in tutto questo, data dal fatto che la quantità dei lettori non corrisponde che in rari casi alla qualità dello scritto. Ho persino l’impressione che sia stata questa la ragione per cui nessun Profeta abbia mai impugnato una penna d’oca. La Divina Commedia di Dante è stata, dalla sua pubblicazione e per i cento anni a seguire, il libro più condannato e meno letto al mondo. Oggi è il libro più osannato e meno letto al mondo.
Io scrivo per essere letto, certo.
Sì sì ai poster e alle fotocopie l’ardua sentenza, consiglio al Farmer, designer and writer de sta tranquillo, più che altro perché si può prestare soltanto alla pubblica derisione, Detto questo, Devi anche sapere caro Massimo, che dall’alto della Montagna dell’Inutilità lanci i tuoi anatemi come Zos, che qua nessuno si è mai sentito Nessuno e che si fa tutto in favore di una letteratura pulita e comune, parlandone sul blog, negli incontri e nei reading, cosa che dovresti sapere se ci conoscessi appena un po’. Ma tant’è stai là a sproloquiare, e scusa Simone ma per una volta mi sono rotto le palle anche io, in maniera del tutto inutile e da povero frustrato con il romanzetto nel cassetto. La cosa che mi scoccia è che non si porta mai rispetto dei luoghi dove il libero scambio di opinioni è davvero libero e ognuno dalla sua sediolina entra e si mette a fare il maestrucci di su e di giù, povero incompreso che lui sa cos’è la letteratura e cos’è lo scrivere. La realtà è che non sa un cazzo nessuno tantomeno tu che non ci metti il nome e cognome, che stai a casa tua e scrivere le tue cose e che arrivi qua soltanto a fare il disturbatore e a elemosinare attenzione con frasette alla Jodorowsky e Montagna incantata. Fatti un favore, che è quello che tutti noi spessissimo facciamo, stai zitto e ascolta.
Con questo la chiudo con sto’ tipo che mi ha fatto perdere fin troppo tempo davanti al pc, scusa Simone, scusate ragazzi, e scusate lettori, ma non è la prima volta, e mentre prima ho sempre taciuto adesso mi sono fatto sentire.
Ah, Massimo, rispondi pure, attacca pure, scrivi tutte le puttanate che vuoi sull’eventuale autorialità che abbiamo -“ho”, sulla tua purezza di scrittore, vantati dell’outsider che sei, mandami a fare in culo quello che ti pare. Io riprendo a fare quello che già facevo da tempo. Ignorarti.
Su questo blog è buon uso non offendersi, non è mai successo. Non vorremo essere costretti, per la prima volta, a cancellare i commenti.
S.
Cancellateeeeeeeeemiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii! Ma tuttooooooooooooooooooo dall’inizio alla fine di questo poooooooooooooosttttttttttttttttttttt! Oggi sono offensivooooooooooooooooooo!!! 🙂
Alex: guarda che poi ti prendiamo in parola 😀
Sììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììì!!!!:))))
Via tutto viaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa Alex deve stare zitto Alex deve stare zitto Niente Birra e Niente TV rendono Alex pazzo furioso Niente Birra e Niente TV rendono Alex pazzo furiosoNiente Birra e Niente TV rendono Alex pazzo furiosoNiente Birra e Niente TV rendono Alex pazzo furiosoNiente Birra e Niente TV rendono Alex pazzo furiosoNiente Birra e Niente TV rendono Alex pazzo furiosoNiente Birra e Niente TV rendono Alex pazzo furiosoNiente Birra e Niente TV rendono Alex pazzo furiosoNiente Birra e Niente TV rendono Alex pazzo furiosoNiente Birra e Niente TV rendono Alex pazzo furiosoNiente Birra e Niente TV rendono Alex pazzo furiosoNiente Birra e Niente TV rendono Alex pazzo furioso
@ Alexpietrogiacomi
Sono abituato a essere ignorato, e questa è l’unica eredità che la verità mi ha lasciato in dote, quando mi sono rifiutato di sposare la menzogna. Che si possa pensare, riguardo alle mie intenzioni, che siano mosse dalla frustrazione del non essere famoso è una pura assurdità, perché io sono famoso, almeno nel ristretto mondo affollato dalle rare persone che si piccano di smascherare le contraddizioni, fatte passare per fugaci esternazioni sul web, frequentato da fugaci lettori disinteressati a guardare dietro le spalle di chi si presenta per ciò che non solo non è, ma nemmeno sarà mai: intelligente e onesto.
Niente Birra e Niente TV rendono Alex pazzo furioso Niente Birra e Niente TV rendono Alex pazzo furiosoNiente Birra e Niente TV rendono Alex pazzo furiosoNiente Birra e Niente TV rendono Alex pazzo furiosoNiente Birra e Niente TV rendono Alex pazzo furiosoNiente Birra e Niente TV rendono Alex pazzo furiosoNiente Birra e Niente TV rendono Alex pazzo furiosoNiente Birra e Niente TV rendono Alex pazzo furiosoNiente Birra e Niente TV rendono Alex pazzo furiosoNiente Birra e Niente TV rendono Alex pazzo furiosoNiente Birra e Niente TV rendono Alex pazzo furiosoNiente Birra e Niente TV rendono Alex pazzo furioso Alex deve stare zitto Niente Birra e Niente TV rendono Alex pazzo furioso Niente Birra e Niente TV rendono Alex pazzo furiosoNiente Birra e Niente TV rendono Alex pazzo furiosoNiente Birra e Niente TV rendono Alex pazzo furiosoNiente Birra e Niente TV rendono Alex pazzo furiosoNiente Birra e Niente TV rendono Alex pazzo furiosoNiente Birra e Niente TV rendono Alex pazzo furiosoNiente Birra e Niente TV rendono Alex pazzo furiosoNiente Birra e Niente TV rendono Alex pazzo furiosoNiente Birra e Niente TV rendono Alex pazzo furiosoNiente Birra e Niente TV rendono Alex pazzo furiosoNiente Birra e Niente TV rendono Alex pazzo furioso
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Mai avrei potuto immaginare che l’essere dei precari potesse costringere a cancellare, con la stessa scusa banale di un ordine civico da imporre, usata al G8 di Genova, dei post educati come sono i miei. Riterrei preferibile al censurare il concedere, a chi ne ha necessità per reggersi sul divano, una pinta di birra e una sfilza di telenovelas alla TV di stato (confusionale)… 😀 😀 😀
Scusate ragazzi, vi seguo da parecchio sono venuta ai vostri reading, vi ho visto a Napoli e Bologna. Ora di discorsi ne avete sempre fatti tanti e diciamo che vi “conosco” da tempo. Non mi piace il tono che gente come questo Massimo assume nei confronti del prossimo. Poi questa sua verve da uomo elevato privo di interesse a farsi conoscere. Ma stai zitto allora! S T A I Z I T T O e non ti mettere in mostra con i pst, evita… almeno il precario ci ha saputo ridere su. Sei talmente preso e compreso da te che risulti solo fastidioso e puerile, infantile, un bambino che non ha il giocattolo e critica il negoziante.
Ciao a tutti voi e continuate così nonostante la stupidità di alcuni interventi
Guarda Massimo partecipo al tuo quarto d’ora di celebrità, facendoti sogghignare ancora per la tua convinzione di essere superiore per animo e spirito a tutto, dicendoti che fa bene Pietrogiacomi a lasciarti perdere… sei un’inutilità nel mare dell’inutilità, soprattuto sei veramente fuori luogo in ogni senso.
Forza scrittori precari! A quando il prossimo reading?
Mioddio… ch’io sia finito, per sbaglio, nella sede del PdL? Be’, scrittori miei, non dimenticatevi che chiunque sia visto come un possibile espositore di argomentazioni intelligenti è facilmente messo in croce dall’idiozia e dalla cattiveria di chi argomenti non dispone, che gli consentano di impostare una dialettica supportata da una pur esile possibilità di aver ragione di un imbecille. Fossi in voi, scrittori precari, continuerei a vantarmi dei commenti fascisti di un giornale (si fa per dire) come è Libero, ma mi allarmerebbero dei lettori così affezionati almeno tanto quanto poco attenti a ciò che è stato scritto e provato.
Ricordo quello che è stato scritto dall’Alexpietrogiacomi:
L’editoria, anzi il mondo della cultura, è in crisi acuta. Che fare? Mantenere gli ultimi avamposti. Come nei film di Romero, tenere il fortino e cercare di non fare entrare zombie, alieni o amenità del genere.
Ciao Simo! Hola Companeros!
… se a voi tutti paiono sensate le scuse da lui addotte:
Credo che l’intelligenza critica di capire un intervento veloce e spensierato e senza pretese su un blog di cui si fa parte non ti appartenga, oltre a questo la mancanza di un’appartenenza sicuramente ti causa livore.
… significa che non abbiamo più nulla da discutere. A voi la parola… 😀
@Marco:
per le letture ormai bisogna aspettare settembre.
Di tutto ciò, mi spiace soltanto che alla fine di quello che avevo scritto si sia commentato in realtà poco o niente…
Ti dovrebbe dispiacere altro, amico mio. Chi, di fronte a eventi seri, anche se diversi dalle aspettative che nutriva, si lamenti dell’obiettivo mancato e non dell’offesa alla verità dei fatti, insulta la verità anche delle sue aspettative deluse, perché ogni piccola verità mai è chirurgicamente operabile dalla grande Verità della quale è parte attiva e vitale.
Scusami Massimo, ma mi pongo obiettivi più bassi della Verità. Il tema era l’editoria e la sovrapproduzione di libri.
Visto che qui mi si cita e mi si tarzana, visto che comunque c’è Massimo che comunque fa l’intellettuale politicamente schierato che vive in montagna e si nutre della sua innata passione e verità arrivo a dire a tutti gli altri “Basta” e ritorno a Simone in modo più serio, visto che Massimo come tutti i despota della parola e gli appropriatori indebiti di spazi privi di educazione e netiquette è capace soltanto di sparare sentenze e non capire quando si vuole uscire da una discussione per educazione nel rispetto dei padroni di casa, anche se in questo caso lo sono anche io di casa.
Il problema della sovrabbondanza editoriale indica due fattori di crisi: uno quello commerciale, si deve fatturare, si deve produrre, non perché ce ne sia richiesta ma semplicemente per, in alcuni casi spirito concorrenziale per altri perché è fonte di guadagno, come per l’editoria a pagamento. Il fatto stesso che medie e piccole case editrici portino i loro calendari editoriali e di produzione ai quasi livelli delle grandi è sintomatico di questa preoccupante ferocia merceologica. Il secondo fattore di crisi è determinato dal lettore che è per la maggior parte delle volte impreparato, occasionale e arrendevole alle recensioni e ai suggerimenti. Una mancata preparazione ovviamente porta le case editrici a imbeccare e imboccare tutte le librerie d’Italia cavalcando successi (la maggior parte internazionali) o legati a personaggi della pseudo editoria (vedesi Faletti et similia). A questo livello di mainstream c’è poi tutto il riflesso dell’underground e delle piccole realtà che devono sopravvivere, che la maggior parte delle volte cominciano con cataloghi di qualità per poi ritrovarsi a dover sfornare qualche best seller commerciale, fortunatamente non per tutte è così. Abbassare la produzione per le medio grandi è facile, il loro potere di acquisto di titoli è comunque sempre più forte rispetto alle piccole, che già di per sé hanno un piano editoriale esiguo, questo però apre un’altra questione: abbassando il volume di fuoco, le grandi non sotterrano le piccole?
Discorso autori: si cercano ancora? ci si punta ancora? davvero si vogliono nuovi autori o cloni dei cloni dei cloni? Ah belle domande di cui, senza dover far entrare in merito la mia professione, abbiamo risposte sicure e certe seppur empiriche. Naturalmente c’è chi fa davvero l’autore, i libri, gli album, i quadri sono creati per essere letti, ascoltati, visti, quindi è ridicolo che si dica “Scrivo per me, per l’urgenza di scrivere” (fa molto maledetto, ma in realtà è buffonesco) e punta al buon risultato per farsi leggere e chi non si rende conto del lavorio necessario e si fa pubblicare a pagamento pur di avere il libro sul suo scaffale e dire “Ho scritto un libro”, ammazzando così lo spirito editoriale e soprattutto causando grande confusione nella testa di chi vorrebbe veder pubblicata la sua storia. Sono troppi quelli che mi hanno contattato chiedendom quanto costa essere pubblicati da una casa editrice. Gli avamposti di cui ho parlato, leggermente in quanto volevo essere fuga e non logorroico e serio come sempre, sono tutti quelli in cui ci si può incontrare senza distinzione di fede religiosa, politica, calcistica e quant’altro contando soltanto sullo scambio di opinioni e punti di vista sulla scrittura, letteratura e recensioni e autori (leggasi paradiso degli orchi, lankelot, noi, letteratitudine etc etc), luoghi in cui incontrare anche virtualmente l’autore di un testo che abbiamo letto e confrontarsi.
Il tenere lontano i mostri dagli avamposti lo ha ben capito Simone, a differenza del Dotto massimo, significa tenere lontani i meccanismi più beceri dell’editoria e gli inganni di molti addetti ai lavori, significa far tenere le mani a posto a un certo tipo di giornalismo e critica incapace di essere tale.
Ben venga quindi l’abbassamento dei numeri di volumi pubblicati,purché la qualità esca fuori davvero, non in maniera commerciale. Certo è che se siamo arrivati a questo tipo di percorso è perché c’è molto di sbagliato nelle scelte del decennio precedente.
Detto questo Simo concludo dicendo a Massimo, che
a- ci sono modi e modi di dire le cose nei blog e nei forum, di farsi ascoltare e di comunicare
b-scrittori precari è lontano da qualsiasi schieramento politico e tirare in ballo Libero è una mossa qualunquista e ingiusta
c-posso permettermi di scrivere una risposta leggera perché ogni volta che mi pronuncio seriamente su qualcosa sono lungo e prolisso e quindi a casa mia se voglio girare scalzo lo faccio
d-i commenti che hai ricevuto credono siano il frutto dei tuoi, quindi non offendere i nostri lettori
e- non parlare di censura qui, se non hai capito la mia battuta ti manca oltre che l’onestà intellettuale e la maturità critica, la dote più importante dell’uomo intelligente. L’ironia e sua sorella l’autoironia.
f-io mi fermo davvero qui, abbiamo già portato troppa confusione in questo blog che è un bel blog e gestito da gente pulita
g- da persona a persona: togliti questa aura da saccente mago della montagna. E’ demodé e può farti comparire come uno che semplicemente sta rodendo. Cosa che non dico tu sia. E’ un consiglio di comunicazione.
Ciao a tutti e basta per me su questo post- faccenda
Sì vabbè, la Verità. Ma fatti il culto dei Massimoidi e vivetene in montagna…alla fine ti vediamo a Wako.
Alex avrà anche peccato di leggerezza ma tu di cafoneria e ignoranza
Ah ecco leggo la replica di Alex che davvero ha chiuso la faccenda e raccolgo l’invito.
la finisco qua pure io
“Non ti curar di loro…”
Slauti a tutti i precari e ai lettori
Credo di aver esaurito ogni parola per questo sacerdote dell’assoluta verità, mondato da ogni peccato da chissà quale Dio o entità divina.
Ho letto il lungo e in alcune parti molto interessante post, mi tengo fuori da altri commenti e ringrazio.
Ringrazio anche te simone, ne so poco di editoria a parte che molti amici hanno pubblicato pagando fior di quattrini.
A presto live!
Scopro ora che scrittori precari non è schierata politicamente e che, di conseguenza, la critica del giornale Libero è esposta nel suo banner a casaccio, e senza particolari intenzioni. Io non sono, né mi sono mai dichiarato essere, detentore della verità. Chiunque la conosca non potrà mai dirsene proprietario semplicemente perché la verità è centrale a ogni realtà, sia particolare che generale, e precede ogni sua manifestazione. Nella disorientante ipotesi che qualcuno riesca a centrarla sparando minchionerie, di colpo quelle che hanno iniziato la loro esistenza nel dominio delle cagate scopriranno essere, al contrario, delle verità, così trovandosi obbligate a non dover più appartenere al cretino che le ha formulate azzeccandoci, per diventare proprietà di nessuno che non sia il Centro di tutte le cose. Sono avvezzo alle reazioni scomposte che irrompono dalle menti semplici, che sono usualmente convinte che la semplicità sia sempre da considerare un valore, e non mi altero per così poco, anche se preferirei agli interventi a natura emotiva qualcosa di intellettuale. Mi accontento, dunque, di poco, nel vostro entusiasmante caso… 😀
Ammazza che poraccio sto massimo… certo che te devono avè fatto male da regazzino…eri, sei lo sfigato che vive da solo pe li cazzi sua e ascolta musica alternativa e copia frasi filosofiche di qua e di là, vabbè ‘n poraccio de quelli che non hanno nè arte nè parte…ma ringrazia iddio che quarcuno te fa scrive da qualche parte… menti semplici!? A tristoneeee!!! Er trolle, er verità, er cojone… ma vatte a ffà ‘n giro da n’antra parte…
ma ppoi dico, costruisci quarcosa, falla quarcosa e ppoi parla… ‘nvece sei solo capace a scrive stronzate e a ffà il finto filosofo…madonna, sì te devono avè fatto molto male e secondo me continuano a fartelo, ammazza quanto… e mà vado a bbeve che almeno quarche amico ce l’ho…
quindi tornando a te,ricapitolando:
“«Nell’antichità era il lettore che cercava il libro, mentre oggi il rapporto si è invertito: il libro cerca il lettore.»
Lo scriveva Luciano Bianciardi nel 1957, il libro è Il lavoro culturale.
Nello stesso testo si parlava già anche del fatto che tutti volessero scrivere, pubblicare il loro libro (ma poi ai dibattiti, ad ascoltare, non ci voleva stare nessuno: come nell’incontro sui pellirossa, quando i due relatori milanesi scappano via perché devono lavorare).
Da allora sono passati più di cinquant’anni e le proporzioni si sono indubbiamente moltiplicate.
Il concetto di decrescita, di cui si discute molto in questi giorni, è bello e per certi versi
necessario, ma presuppone un orizzonte senz’altro più ampio di quello che comprende l’editoria. Presupporrebbe soprattutto la disponibilità a rinunciare a qualcosa di quel tanto a cui ci siamo tutti quanti abituati.
Per quanto mi riguarda, in veste di lettore, posso solo dire che ogni volta che entro in una grande libreria mi sento perso: m’investe il pensiero di tutto ciò che vorrei leggere, e con esso la certezza che non ne avrò mai la possibilità; la consapevolezza, cioè, che la decrescita abbia a che fare con la questione del tempo. Ogni giorno che passa, la mole delle tracce che l’umanità si trascina dietro aumenta in maniera spaventosa, mentre il nostro tempo si accorcia; di conseguenza sviluppiamo l’esigenza di restringere il campo dei possibili.
E questo, naturalmente, non riguarda soltanto i libri.
Procedendo così, nell’abbondanza, portiamo con noi anche la consapevolezza della perdita.
Dietro a questa necessità di frenare, immagino quindi che si nasconda quella ben più importante di ritrovare un terreno comune, delle storie condivise. Forse è per questo che continuiamo a volgerci indietro, a cercare nei testi del passato – e nelle letture che hanno generato – quel qualcosa che ci manca. Ci rivolgiamo ai classici perché ci fanno sentire un po’ meno soli.
Penso che a furia di scrivere tutti quanti potremmo ritrovarci a raccontare le storie soltanto per noi stessi, e per certi versi questa cosa sta accadendo già oggi. Pubblicare, a questo punto, sarebbe proprio come non pubblicare un bel niente.”
…una considerazione amara, ma reale. non c’è tempo, non abbastanza, non per tutto. però ti dico che anche ritrovarci alla fine in cerchio a raccontarci storie, anche solo per noi stessi mica poi è tanto male. poi se non ci pubblica nessuno, non importa, scriveranno i vangeli su i noi…apocrifi!
La questione, semmai, riguarderebbe il senso che avranno queste storie da raccontare o ascoltare. Perché mi pare abbiate appena sperimentato cosa significhi trovarsi di fronte a ciò che non si è qualificati a comprendere: ci si rivolta e si innalzano croci scomode dove inchiodare i “detentori di verità” non meritate. Alla fine, ci si accomoderà al centro del fortino, da dove i diversi saranno esclusi, a narrarsi storie con lo stesso animo nel quale si giocava alla spesa da bambini, coi pezzetti di mattone e le foglie di piantaggine a farla da padrone. Naturalmente senza una collocazione politica che, è noto a tutti, è cosa sporca… quasi apocrifa… 😀
Ma davvero credete che chiamarsi precari squalifichi abbastanza? Pensate che sia lecito dire una cosa per poi negarla subito dopo come fa berlusconi? Così vi dichiarate strenui difensori della cultura alternativa d’avanguardia, dove è bandita la vanità autoriale, al fine di tenere lontani gli alieni, affermando subito dopo che no, non siete esclusivisti, giammai, stavate solo cazzeggiando leggeri nel Web dove nulla è serio. La serietà la si tiene a casa propria e in chiesa. Già, anche nei cerchi dei boy scout dove ci si racconta panzane, felici di toccarsi di nascosto mentre si prega il Padre Nostrum alla maniera dei bambini di dio che hanno la tessera, non politica, di comunione e liberazione in tasca, avuta, senza versare una lira, dal papà ricco che all’Opus Dei si dà da fare perché la Compagnia delle Opere appaia come caritatevole agli occhi e alle orecchie di ascolta storie. Sì, perché è ora sappiate che raccontare storie non sempre ha valenza positiva e ci sono in giro dei tipi loschi, parenti di Robin Hood, che alle storie non credono facile… preferiscono l’onestà dei fatti che stanno davanti ai loro occhi e alle loro intelligenze.
Non sono entrato a “casa vostra” per disturbare, state tranquilli, ho soltanto commesso l’errore di pensarvi diversi da quello che avete mostrato d’essere: uguali a tutte le persone da poco attaccate alle convenienze brute date dalla ricerca del successo editoriale, pronti ad accusare invece che confrontarvi, ad escludere i diversi e coloro che non vi guardano estasiati dal basso della loro ingenuità. Vi lascio al vostro cerchio magico, ma con la tristezza di non aver conosciuto persone degne di avere tra le mani un futuro che sarà uguale al peggiore passato.
Ultima considerazione: la vostra non collocazione politica è in relazione con l’appartenenza delle maggiori case editrici ai padroni fascisti?
@Massimo: perché non scrivi un bel saggio sulla Verità? Oppure vai a puntare il dito contro qualcun altro, perché qua hai disturbato eccome. Parli tanto di giudizio, ma il primo a giudicare sei stato tu, basterebbe fare lo sforzo di rileggersi. Involontariamente, a forza di sproloquiare, sei riuscito anche a toccare il nervo del problema: questa pretesa libertà di riempire il mondo di parole è una delle cause della sovrapproduzione di cui avevo cercato di parlare.
@Daniela: l’idea del cerchio mi piace, perché comprende anche l’ascolto 🙂
@Simone e Daniela.
Sarebbe interessante sentire le diverse sensazioni che ognuno ha quando entra in libreria, come Daniela, oppure quando osserva la propria, vedendo i libri non letti, quelli appena sfogliati etc. La sovrabbondanza genera anche tristezza secondo me.
La verità sulla Verità
Una statua non è la verità di una roccia spogliata del superfluo, perché anche quegli scarti sono veri. La Verità non è solo nella bellezza o nella bruttezza, non si esaurisce solo nella giustizia o si perde nell’ingiustizia. Non sta dalla parte del sotto o del sopra, e neppure del fuori o del dentro. È Verità anche la falsità, perché ciò che è falso costituisce una vera bugia. Verità è tutto ciò che è e che è stato. Verità è tutto ciò che non è e non è stato, ma che sarà. Verità è ciò che è superiore all’Essere e al “Non essere”. Vero è il buio prima della luce, e Vera è la luce che lo illumina. La Verità è unica, indivisa e totale, quando è assoluta. Divisa, molteplice e parziale, quando è relativa. La Verità è in ogni luogo perché non ha una sua casa recintata. È al centro di tutti gli esseri perché non è la loro padrona, e ognuno può trovarla in sé soltanto se la vede negli altri attraverso la verità che gli altri rappresentano. La Verità è madre della logica, non la figlia, e genera le possibilità universali che la logica non può esaurire, perché tutta la Verità è un contenitore grande quanto il suo contenuto.
@Alex: più che tristezza, in me genera spaesamento. Per farti un esempio, che esula da quello dei libri, da ex musicista fino a qualche anno fa non facevo che ascoltare tutta la roba che usciva, poi a un certo punto mi sono reso conto che in questo modo avevo come accantato tutto quello che era venuto prima, e mi sono fermato di colpo, come anestetizzato… insomma: la quantità non si calcola solo dal numero delle copie che circolano, ma anche da quante volte ho ascoltato un disco o letto un libro o visto un film, perché ogni volta emergono aspetti diversi… Quando guardo la mia libreria penso sempre: dovrei riniziare a leggerli tutti per la seconda volta (e non sono pochi)… Poi penso pure che in quanto precario non avrò nemmeno la pensione, e dunque neanche quel tempo della vecchiaia che immaginavo sarebbe servito a tutto questo… eccola la tristezza… 😀
Non sai gustare il coraggio del vivere senza paure, nell’essere aderente ai valori di ciò che si conosce essere il fine della propria esistenza, che non sta nella tranquillità, e neppure nei libri scritti da persone spaventate come sei tu. L’attaccamento alla certezza della pagnotta ha rovinato più di un popolo che, per quel bisogno, ha sacrificato la propria dignità e la voglia di guardare il cielo. Di che valori potrà parlare un pauroso, timido esemplare, non certo precario nel proprio essere timoroso? Cosa scegliere? Rincorrere la fama o essere rincorsi dalla fame?
@Simone: sì c’è questo tipo di tristezza, ma soprattutto c’è l’ala del tempo che sovrasta quei pensieri che ti ricorda che non ce la farei a leggerli tutti, o a rileggere quelli che vorresti. Insomma arriva un colpo al cuore terribile, ti consoli con chi sarà il tuo erede, ma comunque non ne potrai parlare subito dei testi anche perché magari leggerà quelli che non hai letto 🙂 e poi ci sono quelli che avresti voluto comprare, le edizioni introvabili, le collane e gli scaffali sempre troppo pieni che crollano… un disastro 🙂
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Eh già… un vero disastro.
Soprattutto pare vi disperiate per il futuro incerto, che tracciando cerchi concentrici sulle vostre teste non vi garantisce la possibilità di rileggere ciò che non avete capito negli anni in cui anelavate al successo. Non c’è niente di peggio dell’essere stati imbrogliati per i propri desideri incongruenti. L’assenza di aspirazioni è segno del tocco divino, e anche l’unica possibilità di non cadere nello strisciante inganno ordito da noi stessi. Come sia possibile darsi un tono che vorrebbe essere alternativo alla follia generalizzata che si vuole criticare, mentre in realtà e con evidenza si aspira a ciò che corrisponde al delirio più comune a incontrarsi tra chi scrive, è cosa che deprime, e questa volta di uno scoramento senza vie d’uscita diverse dal porre attenzione alla propria interiorità. Le accuse che mi sono state rivolte denunciano il fuoco della vostra attenzione, perché incolparmi di avere il romanzuccio nel cassetto, come se questa costituisse colpa (oltretutto non scrivo romanzi) è cosa stupefacente, detta da chi si lamenta di non essere ancora al centro dell’attenzione di una casa editrice.
Vedo che insisti, Massimo. Ho deciso di non cancellare i tuoi precedenti interventi, perché restino a futura testimonianza. Da qui in avanti, visto che continui a parlar d’altro, direi che ti attende il purgatorio (mi adeguo al tuo linguaggio) della moderazione
S..
A monito per chi entrerà a leggere chi siete, intendi, vero? Censurare è il lato che ancora non avete avuto il pelo di ostentare della vostra personalità, liberale e libertaria nonché liberatoria (nel senso che vi disfate della “spazzatura”… 😀
Sono spaventatissimo e, nonostante, infelice di avervi conosciuto e anche un po’ incazzato. Vedete… io ho quasi sessant’anni, vissuti lottando contro i mafiosi di Quarto Oggiaro, dove ho vissuto fino a pochi anni fa e dei quali ancora porto le cicatrici che mi hanno indotto a vivere su un monte, dove posso riprendere fiato. I loro metodi assomigliano ai vostri, stessa mancanza di inclinazione al voler guardare l’anima intima delle proprie, vere, intenzioni, e molta vigliaccheria di gruppo. Non importa se lo cancellerete, questo ultimo scritto è solo per voi della redazione.
Invece lo lascio Massimo: ora che ci hai giudicati, lasciaci bruciare (o brucare) in pace, grazie.
S.
Funziona sempre con chi non sa chi o cosa è diventato: digli cosa fare e lui non la farà, anche se gli sarebbe convenuto farlo… 😀 😀 😀
Saluto tutti, questa volta definitivamente, senza salameccare in convenevoli fuori luogo, tempo, e opportunità 🙂
Bè 60 e l’incapacità di essere adulto la dicono lunga. Ora esce anche fuori l’eroe rifugiato. Ok, è meglio davvero finirla qui… si potrebbe arrivare a dire che sei anche a conoscenza del segreto del Graal e figlio di un alieno di nome Gesù. Ti ho letto on line, dopo un po’ la curiosità mi è venuta. A 60 anni scrivi come un adolescente martoriato dai brufoli e dagli ormoni…cose trite e ritrite. Saluta definitivamente che è meglio. Non hai davvero niente da dire e lo hai dimostrato finora.
Be’ si scrive con l’apostrofo, non con l’accento, perché indica l’elisione di “bene”. In alternativa si dovrebbe scrivere Beh. Questo te lo dico perché uno che scrive non dovrebbe farli questi errori, se aspira a uscire dal precariato. Certo poi ci sarebbe anche il senso che orienta il tuo scrivere; quello è essenziale a causa del fatto che il senso è direzione, e come la direzione delle molecole nello spazio determina la qualità della sostanza considerata, così il senso di uno scritto indica le intenzioni dello scrittore. Ricordo che le intenzioni sono sotto la totale responsabilità dell’individuo che le nutre, perché non dipendenti da interferenze ambientali.
Tu pensi che io non abbia detto niente perché quel niente ha mostrato le tue vere intenzioni, che sono esclusiviste e tese al successo personale. Se questo è il tuo valore te lo lascio tutto, sarà la vita a spiegarsi meglio di come ho fatto io.
hahahahahahahahaha il docente hahahahahahahahaha il magister pueri hahahahahahahahaha il semiologo anzi il seminatore.
1 non sono un precario, lavoro e leggo. Molto. Non so di editoria e non voglio scrivere semplicemetne perché le cose o si fanno bene o non si fanno e il mio mestiere non me lo permette.
2.Ma non avevi salutato?!
3.Ma non avevi salutato?!
Forse non sei abituato all’aria pura della montagna… o forse coltivi qualcosa di stupefacentemente liberatorio
Statti bene carooooooooooooooooooooooooo
Marco
ps. non sono precario fortunatamente per me a livello professionale non sono Precario come scrittore nel senso che non faccio parte di questo buon gruppo
e adesso vai con Massimo Vaj e il suo commento…hahahahahahahhahahahaha
Ne fai parte come sostenitore acritico e, come i componenti della redazione che hai appoggiato, condividi le loro posizioni e disvalori. Certo sei anche più ignorante, ma si nota poco a causa della distanza infinitesimale che vi separa.
Vajjjjjjjjjjj distruggi il Male Vajjjjjjjjjjjjjjjjjjjjjjjjjj
Duri il tempo di una birra uomo barzelletta, detto questo sono stato fin troppo maleducato nei confronti del blog, ma sei come Berlusconi, uno lo vuole evitare ma è troppo divertente punzecchiarlo per ascoltare le sue cavolate! E quindi vajjjjjjjjjjjjjjj distruggi il male vajjjjjjjjjjjjjjjjj! Alabarda spaziale e io me ne vado in centro.
Saluti a tutti e pure a te. Definitivi a te
Ti avevo scambiato per Alexpietrogiacomi, a causa dello stesso iniquo stile espressivo. Sì, io lotto contro la malvagità da sempre, e pago molto cara questa mia fatica; la pago con la solitudine relativa, perché ho una moglie da quasi quaranta anni con la quale vivo felice, ma nessun amico, e mi dispiace molto perché do amicizia a tutti, solo che lo faccio miscelandola alla verità di ciò che conosco, e questo non è tollerato dalle persone che non hanno valori interiori da rispettare orientati al sacrificio di sé non di ordine moraleggiante.
Sia chiaro che non identifico nessuno di voi al male, perché l’assenza di qualificazioni al comprendere la natura dell’esistenza non è necessariamente frutto di intenzioni cattive. Dall’altro lato della stessa problematica, però, la malvagità è sempre poco intelligente.
Non so cosa ne sarebbe uscito se avessi scritto un post sul Male e il Bene. Ragazzi, salutiamoci in allegria… io propongon una birra in montagna tutti insieme 😀
S.
Se ti piaccio mi piaci, se non ti piaccio non mi piaci più reloaded.
Certo, è curioso, non è la prima volta che accade, che un lettore di SP si accanisca gratuitamente (e senza conoscere, in fondo, né il progetto né, cosa grave, le persone che lo animano) contro di noi e, ad un certo punto, viene fuori la storia del “non avere amici”. Tralasciando il fatto che, secondo me, una persona che (a 35 o 60 anni che siano) non ha amici, dovrebbe analizzare questo aspetto della sua vita (tra l’altro privata) per capirne le ragioni e chiedersi: “ma non è che abbia sbagliato qualcosa *io*? non è che colpa mia? non è che forse sbaglio a pormi nei confronti dell’altro?”, mi incuriosisce questo aspetto proprio perché credo che la forza di Scrittori precari e della sua crescita e della prosecuzione del progetto sia dovuta, seppur in minima parte, anche al fatto che tra di noi (e con molti lettori e collaboratori) siano nati dei veri rapporti di amicizia, cosa che, a prescindere dal lavoro che dedichiamo per continuare a far vivere il progetto (sia web che live), è di gran conforto alle brutture che l’esistenza stessa, ad ogni essere umano, assegna. Detto questo, che è sicuramente una questione off-topic, e ritornando alla questione che poneva Simone nella sua breve riflessione, il problema del sovraffollamento di libri sia dovuto, come molte delle storture del mondo, ad un sistema capitalistico (da Libero a Marx passando per un Via-Vaj) che impone, anche alle piccole case editrici di qualità (ma anche no), un eccesso di produzione che permetta di stare al passo del mercato che viene imposto dai grandi gruppi editoriali, dalle distribuzioni e, anche, dalle tipografie (forse non tutti sanno che, ad esempio, per le grosse aziende tipografiche, fermare le macchine e farle ripartire costa molto più che se il ciclo di stampa non venga mai interrotto, quindi, per non fare fermare le macchine, è necessario produrre libri come fossero scatolette di tonno). Ma il discorso è così complesso che merita, senza dubbio, un approfondimento ben diverso da un veloce commento. Di sicuro, discorso di Cassini è molto interessante e condivisibile, ma non credo che l’attuale “sistema” editoriale possa permetterselo. D’altro canto, è vero pure che c’è l’altro storico problema della mancanza di lettori e, di conseguenza, di consumatori. Insomma, la questione è molto complessa e andrebbe approfondita nel merito, purtroppo, l’incursione rumorosa di Massimo ha portato la discussione su altro. Speriamo di rientrare in argomento e, magari, prossimamente, approfondire con altri e più meditati interventi in tema. Ora me ne vado a mangiare, qui a Frigolandia ci sono tanti amici e tante belle persone, un bel venticello, dell’ottiimo vino e, per chi non lo sapesse, tra qualche giorno nelle edicole trovate il nuovo numero di Frigidaire (ma magari tra qualche giorno vi facciamo sapere altri dettagli). Accattatavillo! :-))))
Gianluca Liguori
@Simone, ci siamo accavallati ma siamo finiti entrambi sulla bevuta in montagna 😉
GL
@Simone e Gianluca: allora mi unisco! Anche io nella patria natia! Venticello, vino buono e una fumata di pipa!!! Grandi ragazzi buona serata a voi e ci si vede presto! Godetevi il relax e la buona compagnia
@Alex, Simone e gli Scrittori Precari: in questo sabato a casa a pensare a un bel po’ di cose, con il caldo che tormenta vi ringrazio ancora molto per le belle letture che regalate, di ogni tipo, dai vostri racconti alle vostre recensioni. Ma anche al fatto che spesso chi scrive e si espone è facile da essere bersagliato. ma andate avanti e lo fate bene 🙂
@Massimo: hai esagerato. Troppo e da un uomo di questa età (come ti è stato detto in maniera più forte), una ragazza come me, di 25 anni, non se le aspetta certe sparate. Sei semplicemente una triste parentesi, molto triste in quessto circolo di persone che ho avuto modo di vedere e di leggere. Parli di iniquità di Alex, io mi farei un esamino di coscienza prima di parlare, Attacchi Simone dandoglli del vigliacco… ma tu chi sei? E’ facile vedere la trave, inventarsela, soprattuto come dice Gianluca, quando uno è solo e se è solo un motivo ci sarà, per quanto riguarda la tua donna, ho avuto a che fare con un tipo come te, vi fate forti della nostra forza, quando vi lasciamo restate quello che davvero siete. Il Nulla. La cosa mi sconvolge e scusa ora la mia franchezza femminile, è che tu ti sei dimostrato Nulla da subito.E ora attacca il mio femminismo.
Un parentesi triste sì. Me ne vado. Spero di risentirvi in lidi migliori di questo post e di certo questo post lo abbandono
elis@
Un’ultima cosa. Non hai capito neanche l’ironia del ragazzo che hai scambiato per un precario. Quanto ti prendi sul serio.e divneti ridicolo
A Mà! Ma mò ddico… c’avevo raggione o no?! Mò te c’hai 60 anni cazzo, sei come mi padre… lui è stronzo forte, ma almeno nun se mette a ddì che è intellettuale e che sta a combatte er male e tutti li cazzi che hai detto… dice so stronzo punto. Almeno è coerente. Mò na persona ntelliggente direbbi scusate ho pisciato ppè tera ma te no… allora mò che dovemo da fa… pure la regazzina hai fatto mbruttì…e checcazz! 60 anni c’hai! e daje! ahò comunque se bevete vengo pure
Io sono un illetterato, ma uso l’intelletto nelle sue possibilità universali. Questo significa saper individuare le contraddizioni e le incongruenze attraverso la consapevolezza dei princìpi dai quali tutto si svolge e avvolge. Un’intelligenza che comunica col proprio centro unisce tra loro gli elementi infimi e microscopici, al fine di avere un quadro completo di tutti i suoi componenti. La differenza con le menti semplici, felici della propria indisposizione al chiedersi quali siano le cause di ogni evento, felici di avere sempre dubbi e anche di squalificare certezze relegandole nella sfera delle malattie mentali, questa differenza, dicevo, è sostanziale e pone su piani lontani tra loro le coscienze caratterizzate da così consistenti diversità. Io mai mi accontento né mi giustifico dicendo di essere stato leggero nello sparare minchiate, nello stesso tempo colpevolizzando altri di non essere stati all’altezza di capire i miei limiti intellettivi. Non formulo ipotesi né ho idee personali su come va il mondo, perché vedo direttamente le sequenze dell’ingarbugliarsi dei numeri, analoghi ai fatti, allo stesso modo di un matematico che riesce a prevedere il risultato perché conosce le leggi fondamentali del calcolo. Come a un matematico è impedito formulare ipotesi strampalate attorno a risultati che si trovano già davanti alla sua intelligenza, io vedo la realtà per ciò che la realtà è nelle sue leggi universali costituenti. Questa è la ragione per la quale non coltivo amicizie, non ho posizioni di parte, non partecipo ai banchetti del branco e quando sono indeciso su cosa fare scelgo di essere in perdita, per andare sul sicuro. Lo faccio perché so che alla perdita materiale corrisponde un guadagno interiore e spirituale, perché conosco l’inversione speculare attraverso la quale la realtà del peso e della misura si esprimono in relazione al loro principio. So che non potete capire ciò che dico, ma lo dico ugualmente per aiutarvi a sentirvi più deficienti di quello che avete mostrato d’essere, e anche più contenti di voi stessi, le due cose essendo strettamente correlate tra loro… 😀
Ma non allarmatevi, non mi fate pena, nonostante io non sia mai stato, nemmeno quando ero un fricchettone perennemente stonato, così coglione come vi compiacete di essere… senza neppure accorgervene.
Sappiate, infine, che il riunirsi contro qualcuno come state facendo indica solo debolezza e insicurezza, non di forza, e non vi riuscirà di farlo mentre starete tirando le cuoia sotto alle bestemmie dei vostri parenti ai quali non avrete lasciato un cazzo a causa dell’essere stati, per tutta la vita… degli sfigati precari… 😀 😀 😀
È stata una battuta di cattivo gusto, lo so, perché gente come voi non resta precaria a lungo con le lingue disposte a tutto che vi ritrovate 😉
c.v.d. avrebbe detto il matematico
GL
No, a un matematico non è consentito essere criptico. Il vostro irridere è solo segno dell’incapacità di chiedervi il perché ciò che dico sembri una follia, quando la stessa follia, conseguenza della consapevolezza dei princìpi universali, è stata la ragione d’essere delle personalità di Lao Tze, Ramakrishna, Dante, Ermete, Zarathustra, Cristo, Buddha, Maometto e di tutti gli individui senza nome che sono stati pronti a sacrificare se stessi e il loro egoismo.
Ora qualcuno mi chiederà se io mi credo uno di loro e io anticiperò la risposta dicendo che no, io sono solo qualcuno che non nega la loro intelligenza universale.
Va bene Massimo, che facciamo: ti appaltiamo il blog e scrivi solo di te e di ciò che t’interessa? Non mi pare il proprio il caso…
Dopo che ci hai definiti fascisti, ignoranti, qualunquisti, sfigati e non mi ricordo più cosa, non sei ancora contento? Ma perché, visto che hai la fortuna di stare in montagna, non ti godi l’aria buona anziché martellare compulsivamente le tue idee su una tastiera?
E con questo chiudo veramente qui i commenti (nel senso che d’ora in avanti rimarranno tutti in moderazione, perché ai lettori gliene può fregare di meno di tutto ciò).
Naturalmente, è casa tua…
Voi state fuori.
Era un bel post. Rovinato dal corollario che però non deve mai essere cancellato (e non uso la parola “censura”, perchè la censura è una cosa seria, non confondiamo i piani).
PS: tengo a precisare che l’Andrea di prima NON sono io (visto che più di una persona mi ha chiesto se ero io, probabilmente per via del romanaccio e delle parolacce).
Io mi firmo SEMPRE
AndreaCoffami
Poiché più su mi è stato rinfacciato di usare nomi artificiosi rendo noto che quello da me usato corrisponde alla mia vera generalità, per quanto questa sia ininfluente nelle considerazioni sopra esposte che non sono frutto di mie opinioni, ma della Verità assoluta. L’ho già detto che io e il padreterno siamo parenti stretti, oltre che vicini di casa? 😀
Per riuscire a “confondere i piani” è necessario che questi siano più d’uno, cosa che qui non pare essere l’illustrazione esatta della sgraziata situazione accaduta. Se la messa in atto di una censura seria potrebbe occupare uno qualunque, tra i piani indefiniti sui quali un confronto dialettico allunga i tentacoli, quale sarebbe l’altro piano che ospiterebbe la mia posizione davanti al gruppone precario di questo blog, coeso nell’esprimere i paracarri che delimitano il proprio ristretto orizzonte intellettuale? Ho più volte nominato i princìpi universali, facendo risalire a essi la manifestazione di ogni esistenza, e mai una sola volta mi è stato chiesto cosa intendessi per princìpi e per universalità. È questa, secondo voi, la “mancanza di serietà”? L’ultima cosa che la dignità di un uomo vorrebbe è la coesione intellettuale tra persone deboli che credono, attraverso l’unione, di vedere aumentata la propria forza di convincimento reciproco.
Tant’è vero che non è stato censurato nessun commento. Mi sono semplicemente limitato a richiedere, più volte e a dire il vero con scarso successo, di commentare con riferimento al contenuto della discussione.
Simone
Massimo, vai.
E con questa summa ermetica chiudo il dialogo con te, mai iniziato per altro, ma lo chiudo lo stesso, onde evitare di alimentare il tuo ego già ricolmo di Crucianici involucri vacui.
AndreaCoffami
Nessuno che conosca la verità dei princìpi può offendere la propria intelligenza con l’orgoglio intellettuale, perché il vero anticipa sia l’ego che le sua malattie. Chi espone metafisica, perché gli è stato concesso di poterlo fare, mai mostra idee proprie né di invenzioni personali. È per questo che non me la prendo quando sono deriso. Non deridete me, ma solo ciò che non volete considerare per ragioni che solo ognuno di voi forse conosce e forse no. Saluto tutti.
ma tua moglie, quando stai al computer a fare da tramite al vero che non viene colto dalla vil caterva, per caso ha una faccia rilassata?
No, ha la classica espressione di chi si sta godendo la felicità data dal vedermi rompere le palle ad altri che non a lei, e zompetta serena nella consapevolezza che il fattaccio durerà a lungo, perché i miei tentativi assurdi di aprire le coscienze ai princìpi assomigliano in modo impressionante a quelli messi in atto a Napoli per fare pulizia delle scorie; in questo ultimo caso solide. Lei sa che le mie parole indurranno i materialisti, convinti che la spiritualità sia la gradazione alcolica delle bevande statali, a ribellarsi al pensiero di essere, oltre che dei corpi in via di disfacimento, anche degli improbabili contenitori di intenzioni dignitose, verso sé e gli altri. Diversamente da me mia moglie non si stupisce che una massa di scrittori, composta da chi ha intenzioni bellicose contro l’anonimato spirituale, scalpiti ansiosa ritenendo che il primo valore da perseguire sia quello di diventare famosissimi e, diavolo permettendo, persino ricchi e potenti. Che poi, a tutto questo, si sia deciso di dare il nome di “precari” la delizia perché, dice lei, è segno di una indiscutibile inclinazione all’essere esageratamente creativi, quando non si ha talento da vendere, ma solo da regalare a chi non è interessato.
@Massimo: mi garberebbe aver fama, invece rimango solo un misero precario (sul cui termine c’è poco di che filosofeggiare: lo siamo sul lavoro, e tanto basta), con tutti i problemi poco nobili dei materialisti…
Non te ne crucciare, c’è un momento di fama per tutti, anche se, di solito, è accompagnata dai crisantemi e da espressioni che a fatica trattengono la delusione che tu non abbia lasciato loro altro che un flebile, quanto sgradevole ricordo nel quale, è detto, chi se ne è andato sarà costretto a vivere in eterno… 😀
Simone non sapeva se fosse un buon segno o l’inizio di una catastrofe, ma attraverso la fessura dei suoi occhi riusciva a vedere una moltitudine di persone in lacrime che lo toccavano, facendosi il segno della croce subito dopo. Non che lui avesse qualcosa da ridire sulla croce, ma gli pareva strano che prima lo toccassero. L’ultima cosa che la sua memoria aveva tatuato sulla propria spalla era un’intensa luce, esplosa proprio mentre stava mandando un messaggio di auguri, col telefonino, non si ricordava più a chi. Certamente a uno di questi che lo stavano toccando prima di segnarsi. Stette immobile ancora un poco, nel timore di potersi alzare da quella comoda prospettiva ma, alla fine, si decise ad aprire un occhio. Uno di quelli che lo aveva appena toccato fece un passo indietro e glielo richiuse, come si fosse sentito responsabile di quello strano riflesso della palpebra che si era ritirata. Simone non fiatò, e gli parve quasi giusto dover tornare al buio appena lasciato. Dopo qualche altro segno della croce si decise e aprì l’altro occhio, che focalizzò zia Teresa, quella zoppa che non moriva mai. Lei lo fissò senza allarmarsi e glielo richiuse con dolcezza. A quel punto Simone provò ad alzare il capo, ma i muscoli non rispondevano ai comandi pigri che gli aveva inviato. Riprovò ordinandoglielo, ma non accadde niente. Allora aprì tutti e due gli occhi, urlando con lo sguardo al coperchio che stava rimettendolo nel buio pesto del quale non riusciva a liberarsi. Sentì ancora il rumore del trapano che avvitava il suo destino all’oscurità e uno struscìo sopra la faccia, che doveva essere la voce di una composizione di crisantemi arrivata a sostituire il cielo che non avrebbe più rivisto. Tutto sommato lì dentro si stava comodi, e l’unica cosa che gli spiaceva stava nel messaggio di auguri che aveva mandato a qualcuno di quegli stronzi lì fuori. Il discorso del prete gli parve persino bello, non fosse stato per quel “Accettalo con te, o Signore, come noi lo abbiamo accettato qui, con noi, sulla terra”…
Ecco, ci mancava pure che anticipavi la scena della mia morte… 😀
S:
Quando si trascinano, dietro di sé, convinzioni che restano immutate quanto traballanti, nel loro insultare lo scorrere del tempo con la loro non applicabilità che le distingue dalla realtà, ci si stanca in fretta di tutti coloro che queste stesse convinzioni condividono. È questa la ragione che spinge a superare l’antipatica intrusione di chi ha certezze diverse da proporre anche se, è evidente, la Certezza, per sua natura, può essere solo imposta da imbecilli che non la conoscono. La vera Certezza, quella non relativa, è sempre una conquista personale, alla quale si arriva mai acquisendo, ma rinunciando.