Appunti per un futuro letterario all’insegna dell’inconsistenza – parte seconda

[Leggi la prima parte]

1) Sostenere che non esistono i generi letterari: uno scrittore è uno scrittore e basta.

2) Progettare la stesura di un thriller psicologico.

3) Di un romanzo noioso, dire che è un magistrale esempio di sobrietà.

4) Pronunciare in maniera personalizzata i nomi di autori russi e francesi.

5) Spedire a molti editori, insieme al proprio manoscritto, una lettera di presentazione in cui si sottolinei il fatto che la propria opera è stata giudicata con estremo favore da ben quattro persone, tra parenti e amici, tutte laureate (non è necessario specificare in cosa).

6) Appurare, tramite consigli di conoscenti minimamente assennati, che la proposta editoriale appena ricevuta sia una parafrasi del motto “scemo chi firma”. Fatto questo, apporre comunque la propria firma in fondo al contratto, perché “un errore è concesso a chiunque” e soprattutto perché il proprio nome su una copertina non ha prezzo, tanto più che c’è anche il codice isbn, non so se mi spiego. Aggiungere, per chi non fosse convinto della validità delle due argomentazioni appena esposte, che bisogna “entrare nel meccanismo e tentare di smantellarlo da dentro”.

7) Assumendo un’espressione profonda come un pozzo, fare la seguente dichiarazione durante un’intervista: “Sono le storie stesse che chiedono prepotentemente di essere messe su carta: io, semplicemente, obbedisco ai loro ordini”.

8) Dichiarare che “in fondo tutto ciò che si scrive è in qualche modo autobiografico”.

9) Inserire nel titolo di un proprio libro il nome di un personaggio molto popolare che non abbia nulla a che fare con il contenuto dell’opera (Karl Marx, Vasco Rossi, Pier Paolo Pasolini, Fabrizio De André, Stanley Kubrick etc…).

10) Ridere degli errori grammaticali negli scritti altrui, stupendosi che degli analfabeti di quel calibro credano di essere scrittori e abbiano addirittura pubblicato dei libri. Considerare i propri errori grammaticali semplici svista che possono capitare a chiunque o, più arditamente, giochi linguistici.

11) Rifiutarsi di rispondere a domande sui propri autori di riferimento. Sostenere, se si ha tempo e se si ha voglia, che non esistono autori di riferimento.

12) Render note le proprie letture tramite facebook e corredare il bel gesto di un breve commento scritto di proprio pugno in cui il tasso di genericità sia altissimo, ma nel quale si voglia far intendere che la propria visione dell’opera in questione è del tutto personale e si distacca nettamente dai luoghi comuni della critica sull’autore, troppo spesso frainteso da un atteggiamento odiosamente accademico o, in ogni caso e per qualsiasi motivo si riesca ad addurre, del tutto fuorviante. Se si effettua tale operazione a proposito di Kerouac o Bukowski o Miller o Burroughs il successo è assicurato. Ultimamente non si rischia molto neanche a tirare in ballo Wallace o Bolaño.

13) Se capita di scrivere una recensione, fare in modo di utilizzare l’espressione mise en abyme: è molto chic.

14) Individuare differenze tra due opere consecutive di uno stesso autore, dimostrando di possedere un sottile spirito analitico, anche se non se ne è notata alcuna. È consigliabile che le differenze fatte oggetto d’esame giochino a sfavore dell’opera più recente, poiché in tal caso si potrà affermare, tra le altre cose, che l’autore si è decisamente “imborghesito”. Ottimo anche il termine “addomesticato”.

15) Se un libro altrui è un successo commerciale, classificarlo automaticamente come spazzatura (va da sé che non bisogna averlo letto, perché ciò che conta in questi casi è il pregiudizio critico). Se il proprio libro è un successo commerciale, sorridere al pensiero che una volta tanto, in questo paese, è riconosciuto il reale valore di un’opera. Se il proprio libro vende poco, dare la colpa a questo paese di merda in cui si vende solo spazzatura.

16) Dopo aver letto i precedenti appunti, credere di essere al di sopra degli atteggiamenti che vi sono descritti, riderne e pensare con un misto di disprezzo e commiserazione a tutte le persone che si conoscono che – loro sì, poverine – sono proprio fatte così.

Carlo Sperduti

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19 Responses to Appunti per un futuro letterario all’insegna dell’inconsistenza – parte seconda

  1. andreacoffami says:

    La 9 la uso di solito per i video che carico su youtube. hiih

  2. Leonardo Battisti says:

    La prima parte però era più inconsistente.

  3. Massimo Vaj says:

    Cazzo ragazzi, sento l’imprescindibile (immagino significhi che si possa dividere solo quando è ormai troppo tardi) l’imprescindibile dovere di scusarmi per avervi confuso con persone probabilmente adulte. È terribile dover constatare quali guai riescano ad accadere nella vita quando si è individui consapevoli fuor da ogni dubbio… :]_:

  4. @ Leonardo
    Il tuo primo commento però era più consistente

  5. Carolina says:

    Un vademecum indispensabile, mai più senza. Anche se aggiungerei:

    “Autorecensirsi, positivamente, sotto falso nome. Dopo di che pubblicare la recensione sul proprio blog e ringraziare calorosamente il recensore perché ha rilevato aspetti preziosi e tuttavia involontari dell’opera”.

    • Questa non l’ho messa perché mi pare davvero nobile.

    • Se esiste il noumeno del genio del male, ne è la pura essenza!
      A presto. ^^
      A.

      Ps. L’idea degli appunti e davvero ganza!

      • Dimenticavo: esprimersi con termini mutuati dai più grandi filosofi di tutti i tempi per comunicare idee semplicissime… scusa ma me l’hai fornita su un piatto d’argento.
        A parte gli scherzi grazie, sia per i complimenti che per lo spunto.

      • Massimo Vaj says:

        La verità centrale dei princìpi non è mai un’invenzione umana, al massimo si può dire che l’uomo la può considerare quando gli accade di vederla, più raramente la comprende anche, ma di certo mai è opera sua, un’invenzione dunque. Quando è frutto individuale si deve ammettere che di ipotesi personale trattasi. La consapevolezza dei princìpi è la stessa per tutti coloro che ne hanno accesso, dunque agli occhi di chi non intuisce direttamente l’essenza principiale, i discorsi attorno ai princìpi universali appaiono come ricopiature e, quando non si è in grado di addentrarsi nei meandri complessi di questo speciale conoscere, si può addirittura screditarlo inconsapevolmente, ridendo sopra a ciò che appare essere semplice soltanto perché la verità viene ridotta alla semplicità delle capacità di chi osserva senza essere qualificato alla comprensione che nel semplice è contenuta potenzialmente la complessità. L’unità contiene, in potenza, sia l’unicità che il correlativo di questa, la molteplicità. La tendenza a considerare semplice la realtà, come se questa costituisse un meccanismo, è tipica della nostra epoca, così piena di sé da non avere spazio libero per metterci anche l’attenzione…

  6. Massimo Vaj says:

    Non sentirsela di buttare in faccia la propria intelligenza agli altri e quindi inventarsi un personaggio, stupendamente intelligente e critico, nonché bello e pieno di fascino, in modo da poter misurare la coglioneria altrui senza doverci andare di mezzo e, alla fine, creare le condizioni perché il discusso figuro se ne vada addossandosene pure il merito… ahem… :))

  7. Massimo Vaj says:

    … in effetti, e senza sapere il perché, ho scritto “critico”. Nessuno è perfetto… 😉

  8. marcolupoaltezzaunoeottantascarpequarantacinque says:

    Quoto Sperduti io. Coffamik, anch’io la 9, però anche la 12, e un paio di volte la 11 perché mi sentivo superiore, e poi però ho pianto.

  9. Una standing ovation per il punto numero sette. Riguardo al nove, consiglio di citare Vasco Rossi

  10. Massimo Vaj says:

    Se l’opera avesse un carattere psichiatrico, nominare Vasco Rossi nei riferimenti bibliografici costituirebbe un obbligo. È da parecchio che il suo cervello è partito, lasciando le faccende domestiche al corpo e al suo spirito, e nessuno dei suoi fan se ne è ancora accorto. Va be’ vabbè…

  11. la 16 è psicanalisi pura…:)

  12. Pingback: Ora potete vendicarvi « Scrittori precari

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