Carta taglia forbice – 5

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Una grande città dell’America del Sud

Ci sono dei momenti in cui lui e lei non sanno che farsene del tempo. Il tempo stringe. Il tempo è denaro. Tempo contato. Non ho tempo da perdere. A loro non importa, perché lui e lei passano tutto il tempo insieme. Ma poi arriva il giorno in cui una conoscenza in comune incontra lui e gli chiede di lei, e lui scoppia a piangere, e la conoscenza non sa che fare, anche perché le buste pesano, il pesce puzzava già quand’era steso sul ghiaccio del banco, e poi è ora di tornare a casa. Ma lui piange e la conoscenza non può che fingere premura, interesse.
Alla fine lui si asciuga le lacrime e torna a casa. In cucina c’è un odore insopportabile di cose lasciate andare a male, e il vecchio frigorifero è rotto, non funziona più, perciò forse l’odore viene da lì, dal vecchio frigorifero. Farfalline svolazzano negli armadietti che contengono pasta e farina. Cerca di ucciderne un paio, ma desiste. Inizia a fare caldo. La strada là sotto è trafficata come sempre. Macchine dappertutto, macchine senza cuore. Gli autobus che guarda dalla finestra della cucina, mentre cerca di capire se è meglio chiamare un tecnico oppure comprare un nuovo frigorifero, sono sempre pieni e la gente esce e torna a casa e nel bar proprio di fronte al suo portone un uomo gesticola e poi mostra i muscoli e un gatto striscia verso qualcosa, accanto al secchio dell’immondizia, e una vecchia signora con troppo rossetto sulle labbra cammina trascinando un carrello mezzo pieno e il sole scalda ancora la terra e lui apre il frigorifero. E ci si mette dentro.

Una grande città dell’Italia meridionale

Si dice che se ci sono molte meduse vuol dire che il mare è pulito, che il livello di polveri e gas non è sufficiente a cacciare migliaia di esserini a forma di ombrellino con i tentacolini sulle boccucce trasparenti. Lei nuota tutti i giorni, verso mezzogiorno, per un’ora o poco più, saltando da uno scoglio a forma di banana o tuffandosi da un trampolino in pietra a tre metri di distanza dall’acqua. La sua terapia, per via di problemi congeniti alla schiena, consiste in bracciate profonde, respiri sincronizzati e gambe in continuo movimento. La terapia inizia a ottobre e finisce a settembre. Nei periodi di caldo eccessivo, o di calca sulle spiagge, lei esce, dalla casa in cui abita insieme alla madre, nelle prime ore del mattino. All’inizio la spaventavano il vuoto d’acqua e la presenza di forme di vita sconosciute, forse in agguato. Aveva sentito raccontare storie sulle tràcine, pesciolini sottili che si nascondono tra le pieghe della sabbia, sul fondo, vicino al bagnasciuga. Le tràcine sono dotate di un ago con cui penetrano il piede dell’aggressore. In pochi secondi il veleno iniettato nella pianta del piede agisce sul sistema nervoso e produce dolore e paresi locale. Nuotando sempre da sola, però, non ha mai incontrato pesci aggressivi, e i suoi piedi, in questi anni di terapia, non hanno ancora assaggiato quel veleno.
E’ una bella giornata di gennaio, quella in cui la madre decide di accompagnarla alla spiaggia. Lei indossa un costume intero, una cuffia per i capelli e occhialetti da piscina. Mentre si riscalda con vari esercizi di stretching, la madre stende un asciugamani sulla sabbia, apre un libro, legge. Quando entra in acqua sente la reazione della pelle alla nuova temperatura, e lascia che il corpo si abitui, mentre i piedi trovano sollievo sulla sabbia. La madre gira pagina. Lei si immerge e, dandosi una spinta con le gambe, inizia la terapia. Bracciate profonde, respiri sincronizzati, gambe in continuo movimento. Una nuvola di esserini a forma di ombrello incrocia il suo corpo, a una ventina di metri dalla madre che sta leggendo. Lei continua a nuotare, la madre gira un’altra pagina. La nuvola di esserini morbidi vira in direzione opposta alla sua; il vuoto d’acqua si riempie di colore. La madre chiude il libro e guarda la figlia: un punto nell’acqua azzurra. E’ incredibile, pensa, ha settant’anni e ancora nuota.

Marco Lupo

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2 Responses to Carta taglia forbice – 5

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