Se Foscolo non fosse… /1
novembre 2, 2011 1 commento
Ugo Foscolo, come pochi altri artisti, visse la condizione del suo tempo e a lui più che ad altri si addice il detto arabo “I figli somigliano più ai propri tempi che ai propri padri”. Foscolo nacque (guarda la coincidenza) nel 1778, cioè quando vinsero a Saratoga gl’ideali democratici delle tredici colonie americane sull’imperialismo britannico.
Crebbe in un periodo molto particolare, ricchissimo di input per un giovane che sta scoprendo il mondo: nel 1738 era stata scoperta Ercolano, nel ‘748 Pompei. gli scavi condotti in Grecia da Winkelmann avevano portato i frutti sperati, lo stile classico aveva invaso ogni campo artistico dell’epoca, la Rivoluzione Francese stava infiammando i democratici di tutta Europa, Rousseau e Montesquieu erano diventati i filosofi di moda, l’Illuminismo era giunto a maturazione e il Romanticismo portava dovunque aria nuova e stimoli.
Era un ragazzo sensibile, con una solida preparazione: spazia da I dolori del giovane Werther di Goethe ai poemi di Omero (in voga allora), da I masnadieri di Schiller all’Amleto, fino al Viaggio sentimentale di Sterne (che tradurrà nel 1813 con uno stile decisamente “foscoliano”). La sua era una cultura di vasto respiro, ma sempre vicina a una tematica ben precisa: quella dello Sturm und Drang, che non sperimentò direttamente ma solo attraverso quelle letture.
Fin da adolescente aveva avuto velleità letterarie e aveva anche pubblicato delle liriche, ma né belle né originali. Nel gennaio del 1797, inoltre, era riuscito a far rappresentare a Milano la sua tragedia Tieste, riscuotendo un certo successo. Tuttavia il vero salto di qualità avvenne qualche mese dopo con le odi A Bonaparte liberatore e Ai novelli repubblicani: in lui (diciannovenne idealista, colto e sensibile) cominciavano a nascere sogni di libertà e repubblica, in odore d’Illuminismo. L’incarnazione di questi ideali è proprio Napoleone: il figlio della Rivoluzione, l’uomo di umili origini che diviene un grande generale per merito della democrazia, l’eroe che avrebbe cancellato tutti gli assolutismi d’Europa portando dovunque la repubblica.
Sfortunatamente era destino che il suo sacro fuoco si spegnesse: il 17 ottobre del 1797 venne stipulata la pace di Campoformio e Napoleone si rivelò un arrivista senza scrupoli. Questo “tradimento” portò Beethoven a cancellare la dedica a Napoleone dall’Eroica e Foscolo a scrivere le Ultime lettere a Jacopo Ortis.
Ma chi è Jacopo Ortis? È un alter ego del poeta stesso, un fuggiasco che dopo Campoformio è costretto a fuggire da Venezia alla volta dei nativi Colli Euganei. Qui conosce Teresa e se ne innamora, ma lei è promessa a Odoardo (che nella sua placida trascendenza è spiccicato a Cartesio, filosofo disprezzato da Foscolo). Ortis è disperato e comincia a viaggiare per l’Italia, insensibile anche alle bellezze artistiche che incontra sul suo cammino. Ben presto si renderà conto di non aver altro posto in cui stare se non la sua terra natia e ritornerà fra i Colli Euganei, ma trovando Teresa e Odoardo già sposati si convincerà di non avere più motivi per vivere e la farà finita.
Questa è la fine dell’incandescente e pensieroso Jacopo Ortis.
Antonio Romano
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