Theresa Green

ascolta: http://www.youtube.com/watch?v=VI4L_wnOiiw

 

Il mondo la riaccolse in un istante.
Come ognuna delle altre volte fu come riemergere dal buio, come se la luce si riaccendesse improvvisa. Fu risvegliarsi senza tempi intermedi, rinunciando all’ultima carezza del torpore e all’eredità dei sogni che resta sospesa prima di essere fissata nella memoria o dilapidata in pochi istanti.
Si scoprì vestita di abiti sconosciuti ma che aderivano perfettamente al suo corpo stanco e senza nome. Ci volle poco perché affiorassero e le fossero chiari la causalità delle sue azioni, i desideri, i ricordi, ma non la abbandonò la sensazione spaventevole che i suoi movimenti e quelli stessi del mondo tutto non rispondessero al destino o ad un piano ineludibile e alto, quanto ad una specie di arbitrio, ad una volontà imperfetta eppure meticolosa, mossa dalla speculazione e senza un senso di responsabilità. Leggi il resto dell’articolo

Non sono d’accordo con quello che scrivo

Non sono d’accordo con quello che scrivo
(Recensione2)

Il testo di Carlo Sperduti che state leggendo è una recensione al testo di Carlo Sperduti che state leggendo.
Sin dalla precedente affermazione, fastidiosamente separata da questa con un a capo, come a dire “guardate, è una frase a effetto”, appare evidente quanto l’autore si compiaccia di quella che vorrebbe far passare come una trovata originale; forse, nel suo infantile entusiasmo, persino geniale.
Siamo però convinti che il lettore non sia tanto stupido, come le ingenue speranze di Sperduti vorrebbero, e che non cadrà nella trappola del pistolotto meta-letterario, espediente talmente trito che fatichiamo a credere lo si stia utilizzando proprio ora, impunemente, mentre lo si condanna. Leggi il resto dell’articolo

Storia delle Utopie Economiche nei Mercati Globali /4

Continua da qui

3. La condanna delle utopie: l’economia dello sviluppo

L’economia dello sviluppo nasce nel secondo dopoguerra, caratterizzato dalla ricostruzione in Europa e dalla contrapposizione dei blocchi scaturiti dalla guerra fredda, mentre si avviava il processo di decolonizzazione e i nuovi stati rivendicavano una disciplina che si occupasse dei loro specifici problemi. Nel 1944, a Bretton Woods, nascono la International Bank for Reconstruction and Development, altrimenti nota come World Bank (Banca mondiale), e il Fondo monetario internazionale (I.M.F.). Come ebbe a dire H. Truman nel suo discorso di reinsediamento alla presidenza degli Stati Uniti (20 gennaio 1949), si trattava d’indicare la via liberal-capitalista della prosperità agli stati di recente indipendenza caratterizzati da sottosviluppo, ovvero da bassi livelli di crescita economica, altrimenti attratti dal modello concorrente socialista. La visione ottimistica del cosiddetto paradigma della modernizzazione era fiduciosa nell’uniformità del processo di cambiamento economico, sociale e politico già avvenuto nelle società del primo mondo. Quest’ultimo era interpretato in termini di passaggio da una situazione di arretratezza a una caratterizzata da industrializzazione, urbanizzazione, e alti livelli di benessere materiale. Su queste basi, l’Occidente pretendeva di applicare le elaborazioni di tale auto rappresentazione al terzo mondo, considerato di conseguenza un blocco unico e indifferenziato. Tutte le più importanti teorie economiche del periodo partivano dal presupposto comune che lo sviluppo consistesse in un processo evoluzionistico mosso da forze endogene lungo stadi temporali validi per tutti i paesi. Leggi il resto dell’articolo

Quei pazzi scatenati dell’editoria

Pazzi scatenati. Usi e abusi dell’editoria italiana (Effequ, 2012)

di Federico Di Vita

Se c’è una cosa che m’è garbata subito del libro di Federico Di Vita, è che i problemi li sviscera senza bisogno di tanti giri di parole, e non è un fatto da poco in un mondo come quello dell’editoria, dove di bei discorsi sulla qualità dei libri e sulla necessità delle buone pratiche se ne sentono a bizzeffe, ma poi nella realtà si riscontra ben altro.
La cosa interessante, poi, è che si tratti di un discorso che proviene dall’interno del sistema, fatto da chi nell’ambiente ha cercato di sopravviverci per anni, e che poi ha deciso che tanto valeva fare altro, perché in qualche modo si deve pur campare – e qui arriva l’altro aspetto centrale del libro, quello sulle condizioni di chi lavora per le case editrici, dove molto spesso si va avanti tra contratti atipici e stagisti non pagati.

Leggi il resto dell’articolo