L’economia come scienza umanistica /4

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LE CONSEGUENZE DEL SELF-MONITORING

Chiaramente gli individui differiscono marcatamente nel grado in cui essi possono esercitare controllo sul loro comportamento espressivo, sulla presentazione di sé, sulle manifestazioni verbali e non verbali relative ad emozioni e sentimenti. Ci chiediamo, quindi, quali siano le conseguenze delle differenze nel self-monitoring per la comprensione del comportamento individuale nelle situazioni sociali ed in contesti interpersonali. Gli sforzi empirici sono stati guidati dalla formulazione teorica derivata dalla conoscenza del costrutto psicologico del self-monitoring e della sua evidente validità. Rispetto alla formulazione del self-monitoring, un individuo in un contesto sociale  prova a costruire attivamente un modello di comportamento sociale appropriato a quel particolare contesto. Diverse risorse informative sono disponibili per guidare questa scelta, inclusi gli stimoli relativi alle specificazioni di appropriatezza situazionale o interpersonale, nonché le informazioni su stati intimi, disposizioni personali e attitudini sociali. In ogni caso, l’evidenza della validità del costrutto del self-monitoring suggerisce che gli individui possano differire nel grado in cui essi si fidano in modo caratteristico di ciascuna risorsa informativa. Per gli individui che monitorano o regolano le proprie scelte comportamentali sulla base delle informazioni situazionali (high self-monitors) l’impatto degli stimoli situazionali ed interpersonali sull’appropriatezza comportamentale potrebbe essere considerevole. Questi individui potrebbero dimostrare considerevoli specificità comportamentali, cangianti da situazione a situazione (Snyder, Monson, 1975; Bem e Allen,1974). Tra l’altro, per gli high self-monitors la corrispondenza tra comportamento ed attitudini potrebbe essere minima. Per contro, le persone che guidano le proprie scelte sulla base di salienti informazioni relative ai loro intimi stati d’animo, i low self-monitors, potrebbero essere meno reattivi alle specificità situazionali ed interpersonali del comportamento. Il loro comportamento sociale, quindi, potrebbe manifestare una sostanziale coerenza situazionale e stabilità temporale (Lippa,1976, 1978). In aggiunta, nel caso di low self-monitors, la covarianza tra comportamento ed attitudine potrebbe tipicamente essere sostanziale (Snyder e Swam, 1976). L’evidenza empirica a riguardo ha dimostrato che non solo è possibile predire accuratamente il modello comportamentale dei low self-monitors con misure relative alle loro attitudini, ma è anche possibile prevedere le attitudini che verranno espresse in futuro partendo dalla conoscenza del loro agire corrente (Snyder e Tanke, 1976). Comunque potrebbe esistere un costo associato anche all’orientamento dei low self-monitors. Essi, se indotti liberamente a comportamenti incoerenti rispetto alle proprie attitudini, possono manifestarsi propensi ad accettare questo loro comportamento non attitudinale come rappresentativo di loro reali attitudini (Snyder e Tanke, 1976). Per contro, gli high self-monitors non paiono influenzati dalla discrepanza tra attitudini e comportamenti. Le loro private attitudini tendono a rimanere stabili rispetto ai cambiamenti nel loro comportamento pubblico. Esiste, inoltre, evidenza empirica per il corollario della proposizione teorica che collega le attitudini ai comportamenti. Se il comportamento dei low self-monitors riflette in modo caratteristico attitudini e sentimenti, allora le loro azioni potrebbero riflettere cambiamenti dei loro intimi stati. Inoltre, le capacità di presentazione dei low self-monitors sembrano abbastanza sensibili alle fluttuazioni transitorie di stati di distrazione; gli high self-monitors sembrano più capaci di ignorare le distrazioni (Ickes, Layden e Barnes, 1978).

Dinamiche delle relazioni sociali e strategie di self-monitoring

Le conseguenze del self-monitoring si riflettono anche nei domini di interazione sociale. La ricerca empirica ha dimostrato con successo collegamenti tra self-monitoring ed attività cognitive-comportamentali associate alla manifestazione ed allo sviluppo di relazioni sociali. Si ritiene unanimemente che le abilità cognitive servano per stabilizzare e rendere predicibile e codificabile il punto di vista individuale nel mondo sociale (Brunwik,1956; Herder, 1958; Kelly, 1972). Per gli high self-monitors, ad esempio, la percezione del comportamento altrui come una disposizione organizzata, potrebbe facilitare l’uso delle proprie percezioni dell’altro come stimoli per monitorare le proprie espressioni comportamentali nell’interazione sociale (Snyder, 1976). La ricerca empirica (Berscheid, Graziano, Monson e Dermer, 1976) ha dimostrato che per gli high self-monitors la prospettiva dell’interazione sociale attiva processi percettivi e cognitivi simili a canali di ricerca informativa, potenzialmente rilevanti per la costruzione di immagini sociali di persone che si prevede di poter incontrare in futuro. È come se gli high self-monitors lavorassero attivamente alla costruzione di una stabile e prevedibile realtà cognitiva da adattare a diversi orientamenti sociali strategici: uno stabile, prevedibile e fenomenologico mondo popolato da altri che paiono coerentemente riflettere stabili attitudini e durature disposizioni. Queste attività cognitive sono riflesse nei contributi comportamentali dei processi di self-monitoring allo sviluppo delle relazioni sociali. Per studiare l’impatto del self-monitoring sulle dinamiche dell’interazione sociale e dei processi di conoscenza, Ickes e Barnes (1977 ) realizzarono un esperimento che permise loro di indagare l’evidenza dell’impatto del self-monitoring sulle interazioni dinamiche di incontri spontanei tra stranieri. Risultò evidente l’influenza del self-monitoring sui modelli di interazione sociale. In questi incontri, così come in altre situazioni di vita, gli high self-monitors hanno mostrato poco o addirittura nullo spirito di trasparenza (Pilkonis, 1977). Inizialmente gli high self-monitors ebbero un ruolo d’iniziativa e di regolazione nelle conversazioni. Forse proprio questo tipo di orientamento regolatore nelle relazioni interpersonali conta per la frequente emergenza dei self-monitors come leaders nei gruppi sociali (Garland e Beard,1978 ).

Malina Kendelthon

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