Abusi di dovere
marzo 19, 2012 2 commenti
[Racconto di Gianluca Liguori pubblicato in precedenza su TerraNullius]
Alle prime luci dell’alba Saverio si leva dal letto dimentico della giovane ragazza bruna che giace nuda al suo fianco. Gliene portano tante, è un viavai di malefemmene, come è solito nominarle. Nemmeno sa se gli piace davvero o lo fa ormai per abitudine. E Saverio, che è un signore, sa che deve, pure quando gliele portano, regalare qualcosa a queste ragazze di cui non ricorda mai i nomi. Questa qui, per esempio, gliel’ha portata ieri sera il dottor Calcepolli, hanno cenato insieme, bevuto due bottiglie di Nero d’Avola, una riserva speciale, un vino che gli rammentava l’odore amaro della sua terra, e poi Calcepolli ha pagato il conto e se ne è andato.
I telefoni di Saverio, da prassi, squillavano di continuo: gli avvocati, chi vuole qualcosa, chi chiede un favore, chi deve dei soldi, chi esige e basta. Appuntamenti su appuntamenti. Persone, incontri. Saverio non usa l’agenda, Saverio tiene tutto a mente. Perché le agende sono pericolose, dice Saverio, le agende sono la prima cosa che prendono i ficcanaso. E Saverio non vuole rogne, Saverio li detesta, i ficcanaso. Saverio fa gli affari, lavora 25 ore al giorno, risolve problemi alla gente, agli amici, agli amici degli amici. Saverio deve dar di conto pure alla famiglia, un altro motivo per cui è meglio tenersi alla larga da rogne e ficcanaso. Saverio è da sempre un gran lavoratore, altrimenti, dice, non sarebbe arrivato così in alto. E gli piace il potere, gli piacciono le cene con gli ospiti che pagano il conto e portano la bella ragazza per la notte. È questa la vita, pensa spesso Saverio, vino, potere e belle donne. Pure che poi la mattina, al risveglio, è abituato a pensare che sono tutte taleqquali.
Saverio esce dalla doccia e rientra in camera da letto nel suo accappatoio lilla pura seta. La ragazza sul letto si tocca, all’uomo si fa di nuovo barzotto. Vuoi che ti faccio un pompino?, gli dice. E Saverio in un attimo si toglie l’accappatoio e si mette in posizione, all’impiedi accanto al letto. Lei fa il suo lavoro, beve il succo, poi si mette carponi per farsi penetrare, e poi ancora gli monta sopra e lo strapazza fino a farlo venire ancora. Vanno insieme sotto la doccia, già estranei. Mentre si rivestono lei dice che ha un problema, deve piazzare una partita di armi. Saverio la guarda perplesso ma non troppo, lei continua a raccontare: dice che c’erano degli acquirenti, dei serbi, ma l’accordo è saltato. Dice che se entro qualche giorno non avesse smistato quella merce avrebbe perso parecchi soldi, la reputazione, forse le sarebbero accaduti eventi spiacevoli. Dice proprio così: eventi spiacevoli.
Un uomo come te non può permettere mica che capiti qualcosa di brutto a una ragazzina, dice lei.
Ma come minchia ti viene in mente, proprio perché sei una ragazzina, di commerciare armi, le risponde Saverio, non potevi trovare un lavoro meno… più… insomma, un altro lavoro. Vediamo se posso fare qualcosa, aggiunge prendendo il telefono dalla giacca. Chiamo una amico e sento se ha una soluzione, ma non è semplice, dice ancora mentre sbuffa e compone il numero a memoria. Saverio è così, Saverio aiuta tutti, Saverio compensa i bisogni.
Un’ora dopo i due sono in un bar dietro Montecitorio, con Nicola. Fanno colazione e in mezz’ora, il tempo di due telefonate, il problema si risolve. Il napoletano ha sempre l’uomo giusto, la soluzione. Le armi avrebbero fatto scalo a Napoli per finire in Siria. La ragazza avrebbe avuto i suoi soldi.
Forse posso finalmente smetterla con questa vita e la mattina sarò di nuovo in grado di guardarmi allo specchio, senza nausea e voglia di sputarmi in faccia, pensa la ragazza ma, prima ancora di concludere il pensiero, quando Saverio si alza dicendo di essere in ritardo per un impegno, intuisce che ha fatto male i conti. Con Nicola sei in buone mani, le dice Saverio prima di andarsene.
Non appena Saverio è poco distante, Nicola le chiede se ha voglia di accompagnarlo in albergo. Per darsi una sciacquata, dice. La ragazza sa di non poter rifiutare e lo segue.
Nicola vuole fare cose che la ragazza non aveva mai fatto. Il napoletano ama farsi pisciare in bocca e farsi infilare nel culo le tazzine di caffè. Cose così. Malgrado la ragazza debba sopportare questo inedito supplizio, Nicola non riesce a venire. Le tira i capelli, la sbatte forte, le dà i pugni sulla schiena, ma niente, non riesce. Quando lei gli dice che non ne può più – quattro ore dopo, quattro ore che, per la tortura subita, davano alla ragazza l’impressione di una prigionìa durata giorni –, lui le risponde con due ceffoni. Decido io quando è tempo di finirla, dice e la gira, prendendola da dietro. La ragazza scoppia a piangere, ma lui insiste con forza, lei si dimena e piange, Nicola prova gusto da tutto ciò, finalmente viene emettendo uno strano grido, acuto; lei tra le gambe sente scorrere il sangue, sperma e sangue.
Tu resti con me fino a quando l’affare è concluso, le dice rivestendosi. La ragazza, non sa se le fa più male il corpo o l’anima, ma sa che quella di Nicola non è affatto una richiesta.
Una settimana dopo Nicola porta la ragazza a cena fuori. Al tavolo con loro c’è un imprenditore russo, accompagnato da un uomo. Il russo mangia con le mani, rutta, si sbrodola e si pulisce con la giacca. Lei lo osserva disgustata, cercando di non darlo a vedere. Per tutta la serata il russo non fa altro che dire cose nella sua lingua intervallate da un “fottere donne, fottere donne”, ripetuto in italiano. Nicola e il russo parlottano molto. Il russo c’ha l’interprete, una specie di spia con auricolare e occhiali neri come quelli dei film. Alla fine Nicola abbraccia il russo, saluta e se ne va. Dice che è in ritardo per un impegno. Il russo, rivolto alla ragazza, dice: “vedrai bella, Russia ti piacerà”.
Troppa gratuità, senza per questo essere “veramente” gratuito.
Non mi è piaciuto, ma grazie per la condivisione.
L’immodificabilità degli eventi spiacevoli. In tutta la loro indifferenza.