Il canto oscuro
aprile 11, 2012 5 commenti
Pubblichiamo in anteprima un breve estratto del romanzo Il canto oscuro di Alessio Brugnoli, in uscita per Kipple dal 16 aprile in formato ebook.
Corse nello studio. Guardò con rimpianto lo scrittoio, nascosto da libri, cartacce e schede perforate. Si allacciò la fibbia del mantello che cominciava ad andare stretta. Doveva mangiare di meno. Mise in capo il cappello a cilindro. Scelse il bastone da passeggio con il pomello d’argento e si avviò verso le vecchie scuderie, da poco riadattate a rimessa per le automobili. Marta gli corse incontro, con una sciarpa.
– Signore, si copra, fa freddo!
– Grazie.
– Debbo dare ordine di preparare il pranzo.
– Ne dubito.
– Dimenticavo, ha chiamato l’antiquario. C’è un inglese che pagherebbe a peso d’oro le statue dell’atrio. Ci risparmieremmo parecchie ragnatele.
– Ignoralo. I miei antenati hanno estirpato troppe buone vigne, su a Frascati, per tirarle fuori. Non meritano di finire a Londra.
Giuseppe, il valletto e attendente di Andrea, fece capolino dalla rimessa. Ufficialmente, la sua famiglia serviva con fedeltà e dedizione i Conti. In verità, sospettava Andrea, entrambe si sopportavano con pazienza, non avendo nulla di meglio da fare.
Andrea immaginò qualche suo antenato, impegnato nella presa di Gerusalemme o in duello con il feroce Saladino, sopportare le critiche di qualche progenitore di Giuseppe, pronto a criticare senza ritegno lo splendore dell’armatura o il filo della spada.
– Allora?
– Prima der vespro, la macchina nun è pronta.
– Di grazia, io come farei ad andare all’Università?
– A fette…
– Bella cosa!
– Pijiatela cor socio sabaudo de tu’ padre: che cominciasse a fa’ automobbili decenti.
– Sarebbe stato meglio se fossimo rimasti alle carrozze.
– Ma te renni conto quanto puzza, magna e caca un cavallo? Mi raccontava la bon’anima de mi’ nonno, che Dio ce l’abbia ‘n gloria, che nun se poteva camminà pe’ Roma, pe’ la merda che c’era pe’ strada. Er progresso è ‘na bella cosa. E chi s’è pensato l’automobbili, è ‘n benefattore, che ha reso le città più pulite e civili.
– Sì, ma intanto arrivo tardi ar lavoro.
– Ma che te frega? Tutto ‘sto desiderio de esse’ produttivo come i prussiani o l’austroungarici. Chissà come se stanno a sbellicà, tutti l’antenati tua.
Andrea sbuffò. Uscì in fretta e furia dal portone barocco. Dentro di sé, si lamentò del freddo. La tramontana spargeva in giro fogli di gazzette.
Lungo via del Corso, una fila di persone aspettava il tram.
– Che succede?
– Nun passa…
– E perché?
– Pare che l’anarchici abbiano sabbotato quarche cosa de elettrico e s’è fermato tutto.
– Quindi?
– Quindi signò, porteremo pazienza, in attesa che er sor Papa tiri fori da li sgabuzzini le carozze a vapore de’ na volta.
Per Andrea fu un’impresa districarsi nei vicoli dietro Sant’Ignazio. I gesuiti, con la loro mania per i computatori, avevano ingombrato tutto, per scaricare caldaie, pulegge e ingranaggi dal nome strano. Tutto per ampliare quell’accrocco rachitico di Archimede o come diavolo l’avevano chiamato. Inutile e ingombrante, buono al massimo per gli studi astratti di ottica, matematica, meteorologia, astronomia che tanto appassionavano suo padre. O per far scoprire al Papa Re chi evadeva le tasse, ossia buona parte dei romani.
Incipit intrigante, avrei voglia di continuare la lettura 🙂
@Fulvio: io lo sto leggendo in anteprima, e posso dirti che non è solo l’incipit a intrigare il lettore 😉
Simone
bene Alessio , ricordo ancora quella sera a S. Lorenzo era questo il libro in embrione?
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