Un default imperfetto

di Andrea Frau

Un utente Facebook ricarica ossessivamente la pagina, attende invano un segno, un poke di Dio.
Non esiste nulla. Può continuare a far coltivare il suo orto di Farmville a qualche utente marocchino. Rinuncia a caricare la nuova applicazione “coscienza”.
È stanco. Esce dalla sua stanza fatta di notebook, facebook, e film in streaming.
Dopo circa un’ora, la realtà, le macchine e la gente nei bar si bloccano.
Un F16 italiano in partenza per la Libia scrive nel cielo a caratteri cubitali: «Hai raggiunto il limite di 72 minuti fuori dalla tua stanza».
È scattato il coprifuoco.

Solo chi supera una certa soglia di reddito può staccare e riattaccare il terminale e aggirare il limite.
La gente vive in palazzoni tutti uguali.
Di notte ogni compartimento è illuminato, la gente gira su se stessa.
Da fuori sembrano omini dentro forni a microonde.
Ogni tanto qualcuno si spara in bocca, da fuori sembra vedere saltare il pop corn nel microonde.
Uno spettacolo che non è più spettacolo, ma normalità, e pop corn: un bel binomio.
Ogni anno si butta tutto giù per ricostruire tutto uguale.
La gente in passato costruiva torri altissime per avvicinarsi a Dio, ora, per lo stesso motivo le butta giù. Si commemora ogni singolo mattone frantumato come farebbe un pro-life con un embrione.
La piazza borsistica della compravendita d’organi è affollata.
Broker e speculatori fissano elettroencefalogrammi piatti sperando in rialzi improvvisi.
I clandestini fanno la fila al body scanner per l’inventario del corpo.
A Lampedusa c’è il discount degli organi.
Le bare sono scatolette di tonno. Le apri, fai scolare l’olio formatosi nella bara, un guanto di plastica e ti servi.
I sacchetti però te li porti da casa. Presto la plastica sarà eliminata del tutto.
Fuori c’è una coppia di sposi. Un ricco settantenne italiano e una playmate tedesca. Il divario tra loro si chiama “spread”. Al paraurti della limousine hanno attaccato degli avvocati divorzisti molto rumorosi.
«Ho sempre desiderato andare nella romantica Venezia,» dice un clandestino ispirato dalla visione.
L’impiegato del discount: «Sei fortunato. Quel milionario ha bisogno di un cuore nuovo. E indovina dove farà il viaggio di nozze»
C’è un’offerta al supermarket: dopo un certo numero di bollini vinci altri bollini.
Tra i premi c’è pure uno stock di frasi caustiche contro il consumismo.
Al gusto di limone. Il supermarket, gli scontrini, i carrelli, pure le cassiere sono al gusto di limone.
Il Dio del supermarket è un eroinomane con un limone inesauribile, la sua siringa lascia segni di codice a barrre sulle braccia.
Il limone è il frutto legalizzato di Dio. Esso è causa della stitichezza di Dio, a causa sua non crea più nulla.
La fila alla cassa è lunghissima, sembra che stiano distribuendo metadone.
I clienti chiedono alle cassiere sorridenti nuove religioni in promozione, se fai convertire un amico, in omaggio indulgenze, assoluzioni plenarie e un set di pentole.
La gente mette un euro per il carrello, entra nel market, ma non lo riempie.
Esce, e si riprende l’euro.
Come pagarsi per masturbarsi.
Carrelli come juxebox. Ma con la stessa eterna nenia.
Ora anche i jukebox all’idrogeno sono inoffensivi, ricevono pure aiuti dallo Stato .
Gli uomini in default sono ora manichini senza occhi, se ne stanno disposti ordinatamente in un grande campo di grano. Di fronte a loro vetrine sature di oggetti lussuosi.
Le donne insolventi sono nel reparto surgelati dei supermarket. In certi posti puoi entrarci solo da merce, ed è un sogno, un’aspirazione.
Qualche altro corpo in default è usato per la sperimentazione di cosmetici e pillole dimagranti
Manichini senza un filo di grasso con le facce imbellettate pesantemente, violentemente, da trucchi sperimentali. Fallimenti imbellettati.
“È sempre stato il mio sogno avere una taglia 36” pensa una. Perché sono manichini, ma pensano ancora.
A volte si sta ore senza pensare o agire. Ed è allora che parte lo screen saver nella testa.
Vista l’impossibilità di cambiare complesse sovrastrutture un riformista decide di cambiare il suo screen saver.
Un tizio è nel limbo pre-fallimento.
È stato saccheggiato e devastato come la Libia, ma senza business della ricostruzione dietro.
Senza consulenti d’immagine o gente che gli rifacesse il look, senza esperti cromatici che gli consigliassero gli accessori da abbinare ai suoi occhi verdi, senza gare d’appalto falsate per la pulizia del viso.
Un burocrate lo tiene al guinzaglio, ogni tanto lo porta fuori a fare i bisogni qualunquisti, a sfogarsi, maledire il governo, i politicanti e la promiscuità sessuale.
Dietro di lui responsabili di agenzie di rating gettano dai burroni dei corpi inutili, senza più nulla da dare.
Le cimici lo seguono dappertutto. «Sono le microspie dell’FMI, mi osservano, controllano che non compri niente. Oppure sono cimici reali: anche la natura mi ha scaricato, anche per la natura sono un cadavere. La mia prossima mossa sarà chiedere un mutuo subprime sui miei cartoni da barbone. Mi formatto, mi rispedisco all’assistenza, anzi, no: mi sa che mi compro un cane».
L’ultima cosa vera restata al mondo sono i disastri naturali: uragani, tsunami, terremoti.
Sono le ultime cose non progettate, non quotate in borsa, le ultime cose non risultate in seguito ad accurate ricerche di marketing.
Democrazia sostanziale per ogni target di consumo.
La natura: l’ultima risorsa contro il positivismo relativista.
Ecco di cosa aveva bisogno: di sovrastrutture sicure, di essere commissariato da un tutore, da un burocrate, dall’FMI!
Da qualcuno che ogni mattina gli facesse il nodo alla cravatta.
Ma non una madre, una sorella, una ragazza. No, voleva un freddo tecnocrate della banca mondiale.
Conigliette di playboy escono dal cilindro di un mago.
Paiette e lustrini luccicanti contro il grigiore del racconto.
Tecnocrati lo scuotono a testa in giù finché non vedono cadere anche l’ultimo spicciolo, l’ultima delle sue convinzioni morali, dei suoi pregiudizi, delle sue velleità, dei suoi tabù, l’ultimo suo congiuntivo.
“Senza i miei cibi precotti, il mio microonde, i miei film in streaming e il sesso occasionale cosa sono?” pensa un manichino.
«Quando perdi tutto, e non hai più nulla, ecco che sei davvero libero. Siete liberi!» urla e ride un burocrate rivolto ai manichini nel campo di grano.
Per lui è finita. Ma intorno a lui ragazzette continuano a riparare unghie a domicilio per 15 euro.

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One Response to Un default imperfetto

  1. Cinci e Rillo says:

    spacca!
    GN

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