Let. In. 3
Maggio 8, 2012 22 commenti
Let. In.
Antologia di Letteratura Inesistente a cura di Carlo Sperduti
(#1 – #2)
BEST-SELLERS
Gli interessi in comune
di Vanni Santoni
Sandrone è un ragazzo solo, cerca l’amore ma ha un problema: si emoziona solo negli uffici del comune presso il quale lavora. In chat conosce la giovane Roberta, le dà appuntamento al bar dell’ufficio comunale. Tutto scorre per il meglio, ma una volta fuori l’edificio, Sandrone perde interesse per la ragazza. Ai successivi incontri la storia si ripete: Sandrone riesce a essere passionale solo all’interno dell’edificio comunale, tra corridoi sporchi, computer accesi e rumore di macchine fotocopiatrici. Ma una notte, in preda all’alcol, Roberta si confida con una sua vecchia amica che però la rassicura:
– Non è l’uomo giusto per te, devi dimenticarlo, dai retta a un’amica.
– Ma forse non gli piaccio?! Cos’ho che non va?
– Ma non è come pensi, tu gli interessi, ma gli interessi in comune.
Angelo Zabaglio a.k.a. Andrea Coffami
Kit
di Stephen Ikeaing
Considerato il capolavoro di Ikeaing, Kit è una lunga e sinistra saga corale che si dipana tra orrori inquietanti e drammi senza speranza, mettendo a nudo l’angoscia totale che assale colui che deve assemblare un qualunque mobile in kit dell’Ikea, ovvero il demonio mutaforma a incastro. Il montaggio è frenetico, composto di scene crude e agghiaccianti, in cui i Perdenti recitano le istruzioni provando a esorcizzare il male assoluto celato dietro il paravento del paradiso in offerta speciale, ma col sovrapprezzo di insanabili traumi psicologici.
Malos Mannaja
Le azioni ’mericane
di Icaro Spennato
Saggio sull’economia ’mericana.
Tratta di speculazioni e investimenti spericolati che alcuni manager di alto livello consigliano a clienti che possano investire grandi capitali in imprese che evidenziano l’alto grado di rischio, ma introducono nel sistema finanziario una diversa logica di gestione arricchendo le stesse opportunità d’investimento di: leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità e molteplicità.
Il saggio ha avuto un grande successo e si stanno già stampando nuove edizioni.
Anna Profumo
Canile Mascolino
Terrone Editore
Il libro, vincitore quest’anno del premio “Strega Comanda Color”, è la triste storia di un povero cane del nord di pura razza Cispadana, che scappa di casa per fame. Stanco di essere trattato dai suoi padroni, i maledetti Zozzivillani, a pesci in faccia, anche perché i pesci non gli piacciono e stanco pure della solita minestra, più precisamente di cassoeula e polenta, decide di percorrere tutta la penisola da nord a sud alla ricerca di una migliore qualità della vita. L’esempio del cugino di razza marocchina al cento per cento, che è riuscito a insidiarsi in uno splendido podere nella regione centrale (podere per di più coltivato a erba cipollina e si sa che l’erba del vicino è sempre più verde) dove mangia e beve a quattro ganasce (e qui si può ben dire) è il motore che spinge il protagonista a saltare sul primo carro merci alla conquista della coda alla vaccinara, che non è la coda del cugino. Il nostro cane di razza Cispadana non ha però la stessa fortuna del parente marocchino e viene catturato quasi subito da un perfido accalappiacani, alle porte di una città dal nome alquanto stimolante: Latrina. Il cane finirà in un canile non proprio in piena regola perché la sorte, oramai accanita su di lui, gli riserverà un canile occupato esclusivamente da cani maschi arrapati. L’intero ultimo capitolo del libro è dedicato al protagonista che viene sbattuto in cella assieme a un mastino di razza Sezzese. Si sa però che tra cani un sesso vale l’altro, quindi al lettore la suspense del finale. Il libro è in vetta alle classifiche dei più invenduti.
Daniela Rindi
Il falso consumista
di Antonio Pennacchio
Avvincente storia ambientata nella città di Latina, dove il protagonista Accio, al fine di aggregarsi alla comunità, si finge un consumista bieco per poi donare tutti i suoi inutili acquisti alla Caritas. Sublime viaggio nella solitudine dell’uomo moderno tra le numerose zanzare pontine.
Angelo Zabaglio a.k.a. Andrea Coffami
Il prima possibile
Mancato libro d’esordio del giovane CarCarlo Smarriti. Il libro, che l’autore sin dalle prime battute dichiara di non considerare un romanzo, racconta la storia del giovane alcolista Tommaso Sperduti, musicista, scrittore, dj, scenografo e all’occorrenza venditore di svindole. Tommaso vive la sua vita tra il bar e il dolce far nulla, abbandonando sempre troppo presto lavori incerti e incostanti e per questo soprannominato dai suoi amici “Tommaso Perditempo”. La vita di Tommaso cambia quando, finalmente, viene chiamato per un lavoro serio e, come tutti sanno, ben retribuito: il curatore di antologia per un piccolo, ma ricco, editore. Ed è proprio quando il protagonista incomincia il nuovo lavoro che le vicende del romanzo (ops, libro) entrano nel vivo. Tommaso corre dietro ad autori inesistenti, all’inizio sono dieci, poi diventano venti, quindi si riducono a sedici, poi ancora cambiano e Tommaso non sa più quanti sono e, soprattutto, dietro chi correre (bellissima, in quel punto del racconto, la scena in cui si evoca Forrest Gump). Ma il problema principale di Tommaso è non tanto acciuffare gli autori che scappano (attenzione SPOILER: il colpo di genio è quando si scopre che Tommaso insegue gli autori perché gli devono dei soldi), ma riuscire a chiudere definitivamente il volume. Impresa non semplice, dal momento che gli autori continuano a chiedere di modificare i loro testi, le biografie, o vogliono mandare nuovi racconti, motivo per cui diviene impossibile, per Tommaso, consegnare il pdf definitivo all’editore. Per questo motivo il libro non è mai uscito, o – meglio – non è mai esistito.
Sette bagni in tibet
Ludwig van Thamarrer, autore del celebre best-seller autobiografico, racconta in esclusiva per Let. In. l’antefatto che diede avvio al suo viaggio mistico nell’altopiano himalayano.
Un po’ di tempo fa ho incontrato un monaco buddista sul tram, mi ha detto che avrei dovuto scalare l’Everest a mani nude per trovare la felicità eterna. Così sono andato a scalare l’Everest a mani nude, ma Messner (quello di altissima purissima e cazzi e mazzi) ha saputo di ’sta cosa e s’è ingelosito, manco fosse suo, l’Everest! (secondo me il monaco ha fatto la spia. St’infame!). Allora, è salito su un elicottero (Messner, no il monaco!) e, con un fucile a aria compressa, s’è messo a impallinarmi il culo mentre mi arrampicavo sulle rocce irsute (si può di’ di ’na roccia che è irsuta?! Mah…). Allora io sono scivolato ma mi è andata bene perché un passante del jeans è rimasto impigliato in una stella alpina, che credo lì si chiami stella himalayana, e mentre pensavo: “cazzo, quanto so’ resistenti ’sti fiorellini graziosi!”, c’era un procione che se la ridacchiava su uno spiazzo. Ho saputo dopo che i tibetani chiamano quel procione Emanuele Filiberto.
Comunque, mentre cercavo di meditare secondo le norme del buddismo per non farmi prendere dal panico, sospeso a miliardi di metri di altitudine, mi sono ricordato di una puntata di McGyver in cui lui ricavava una bomba H da quella zozzerìa nera e sudicia che si forma tra le dita dei piedi (si sa, McGyver era un genio, ma se in 12 serie di telefilm non lo si è mai visto trombare, è evidente che aveva un problema enorme di igiene intima), e sono riuscito a ricavare una fune dall’elastico delle mie mutande e a calarmi giù. Ma ormai ero lì in Tibet, che facevo, tornavo a casa?! E no! Visto che ci stavo, mi so’ fatto un giro!
ahahah! alcuni mi mancavano 🙂
ah ma insistete ^_^ a sto punto voglio vedere anche il “questo è per noi” zabagliano…
Sappia, Santoni, che il Subcomandante vuole pubblicare quel testo da quando l’ha letto, ma non è riuscito ancora a superare l’ostracismo dei suoi 😀
GL
Siete messi male, ragazzi miei, così male da fare sentire in colpa tutte le generazioni che vi hanno preceduto, comprese quelle non ancora decedute, come è la mia (che il Cielo mi assista). Vi piacciono i futili giochini di parole, gli stessi che fanno felici i coatti della periferia dove mi facevo odiare per le stesse ragioni che sto sulle palle pure a voi. Strana e non allarmante coincidenza… 😀
Un po’ di temerarietà letteraria vi darebbe l’audacia di gettarvi alle spalle queste vecchie banalità che tanto pare vi divertano; sbattetevene se qualcuno non vi aspetterà oltre al muro che dovete scavalcare. Coraggio… buttatevi…
Bella periferia, quella in cui si gioca a questo modo… se mi dici dov’è di preciso il mese prossimo (il tempo del preavviso per andarmene da casa) mi ci trasferisco e mi mischio tra i coatti, per le stesse ragioni che tu li disprezzi tanto. Grazie della segnalazione! Vaj sempre forte coi commenti, quasi quanto noi coi giochi di parole!
Carlo
Se vaj, Carlo, andjamo insieme.
GL
Io sono, o per meglio dire ero, di Quarto Oggiaro, nobile pisciatoio di periferia nel quale, per essere ammessi, è necessario mostrare temerarietà o estrema vigliaccheria. Dunque anche voialtri avrete una qualche, piuttosto concreta, possibilità… So che le mie critiche vi inducono a reazioni che vorrebbero essere di una violenza inaudita, ma poiché l’intellettualità che vi distingue è di una disarmante tiepidezza, vi contenete nei flebili tentativi di starmi a ruota irridendo i miei sforzi orientati a riabilitare l’immagine di scoppiatura liceale che vi trascinate nei vicoli ciechi della goliardia colta (si fa per dire, non è il caso di gasarsi). È con dolore che lo devo ammettere, ma il più truzzo dei quartoggiaresi, quello che si pompa d’orgoglio ignaro di essere un disorientato burino d’assalto mentre struscia, spacciando robaccia sul lungomare di Rimini, ecco… quello vi dà dei punti in savoire faire anche se si mette a raccontare della coppietta che ha tentato di rapinare nel prato accanto alla discarica della Comasina. Coppietta della quale la donna, tenendo fuori dal fattaccio, per evitare il delitto, l’uomo che stava con lei, lo ha mezzo linciato a calci dopo avergli sottratto le stecche di fumo cattivo che occultava nei calzini che puzzavano di più.
caro vaj sono anche io di quelle parti e quanto a respirare aria di discarica ne so qualcosa, quarto oggiaro non è altro che una tuscolana qualsiasi, Roma ha molte quarto oggiaro quindi non mettiamoci a fare confronti banali. noi avevamo vallanzasca…e quindi?
e quindi mostri di non avere idea di cosa Quarto Oggiaro sia. Che sia il caso di farti fare un tiro? Pardon… uno schizzo?
A Quarto Oggiaro c’era una latteria frequentata da gente che fumava e si faceva di tutto, alcool, coca, eroina e psichedelici, ma che non si possono facilmente definire, generalizzando, con un solo nome, perché ognuno di loro non era omologabile in modo preciso. C’erano malavitosi, ciuchedelici, spaccia, freaks, hippies, tossici, puttane, mogli di tossici, bimbi di tossici, il lattaio e un quaderno spesso, dei conti in sospeso, che venivano saldati solo dopo una rapina riuscita, insieme a un vassoio di ostriche. I malavitosi, a Quarto, festeggiano così. E lì, tra i tavolini di plastica sul marciapiede, si raccontavano tra loro storie da far accapponare la pelle. Un giorno il lattaio cambia il videogioco e ne mette uno tipo guardie e ladri. Ogni volta che uno sceglieva di essere la guardia (si giocava in due) il bar rimbombava di insulti che lo facevano desistere dal giocare. Il gioco è durato tre giorni e poi l’hanno sostituito con uno di formula uno.
Un giorno uguale a tanti altri vedo quattro bulletti della latteria, che per lavoro rapinavano le coppiette appartate nei prati di Affori, tutti pesti di brutto e con le facce blu; mi incuriosisco e poiché io con quelli non ci parlavo mai, tesi le orecchie per ascoltare quello che raccontavano ai loro amici e fu una goduria ascoltarli. Dicevano, più o meno, così:
— Madò se menava quello, un vero pugile, e sì che gli picchiavamo in faccia in quattro, pareva di gomma e ci menava senza nemmeno il fiatone, con la sua donna in macchina che rideva, la troia—
Un’altra volta arriva uno, del quale non ricordo il nome, che camminava come se avesse avuto uova sotto la pianta dei piedi. Faceva un metro ogni minuto e gemeva. Si siede sbuffando e racconta che stavano rubando in un capannone, lui e Marietto, quando una guardia giurata spara un colpo nella loro direzione. È una balla quando le guardie dicono di sparare prima in aria per avvertire; dunque loro si arrampicano sui dei cassonetti, spaccano una finestra e sbucano, in piena notte, sul tetto. Intanto la guardia non molla e continua a sparare a casaccio. In paranoia Marietto si lancia dal tetto su una tettoia sotto e, infine e con un altro salto, arriva a terra e si dilegua nella notte. L’altro, quello di cui non ricordo il nome, vedendo Marietto saltare, e non godendo di alcuna visuale nel punto in cui stava, lo imita fiducioso, schivando di poco il tetto sotto che finiva un metro prima rispetto a dove stava lui. Piombato a terra da un’altezza di cinque metri senza vedere altro che il buio si è preso una calcagnata che gli ha fatto scoprire quanto dolorosa e lunga sia la guarigione del tessuto spugnoso di cui i talloni sono fatti. Ha camminato come sui vetri rotti per due mesi, miscelando al gridolio della pena le bestemmie. Pensare che c’è ancora chi è convinto che i ladri fanno vita facile.
Un’altra volta c’era un malavitoso che mangiava un panino, in piedi sulla soglia della latteria. Passa uno, che nessuno conosceva e che aveva appena schiacciato una cacca di cane poco più in là, e si mette sfregare il piede strusciandolo contro il marciapiede, proprio di fronte alla porta dove mangiava il mafioso. Questi, senza alcun preavviso, gli si avvicina e tira fuori il cannone. Muto gli spara un colpo nel piede e quasi glielo stacca. Poi getta incazzato il panino per terra e se ne va, bestemmiandogli contro e neanche troppo agitato. Questo era Quarto Oggiaro negli anni ottanta, ed era già meglio che negli anni settanta. Oggi, proprio lì, di fianco alla latteria, hanno costruito l’unica stazione di polizia del quartiere. Ma di poliziotti, fuori, neanche l’ombra. Ora vivo su un monte e zappo i sassi sporchi di terra pulita, ma ogni giorno che passa mi obbliga a confrontare i razzisti leghisti-berlusconiani che infestano queste valli con i malavitosi del mio vecchio quartiere e sono dubbioso su chi non scegliere… Ah già che voi precari non fate politica… 😀 😀 😀
Io propongo una rubrica su Quarto Oggiaro in sostituzione a Let. In.
Carlo.
Lascia stare, se ne avrebbero a male, e quelli quando s’intignano te li ritrovi fuori dalla porta quasi peggio di equitalia…
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