Let. In. 5

Let. In.
Antologia di Letteratura Inesistente a cura di Carlo Sperduti
(#1 – #2 – #3 – #4)

I GRANDI CLASSICI DELLA LETTERATURA INESISTENTE

Er Lando curioso
di Liutofico Arrosto
(Ed. Paoline Paperine)

Vicende grottesche di un trasteverino impiccione che si occupa continuamente degli affari altrui. Giocato sui toni cari al Belli in forma di poema, l’opera narra la storia di Lando, un sagrestano della Roma papalina che aveva praticato un foro nel confessionale di Padre Prepuzio. Attraverso quel pertugio il sagrestano riusciva a percepire i segreti dei fedeli della parrocchia di Santa Apollodora per poi tentare di sfruttare le conoscenze acquisite in modo così malandrino a vantaggio personale. I tentativi di ricatto per ottenere monete o favori sessuali finiscono sempre in una clamorosa rotta per il povero Lando, che per consolarsi è costretto a ritirarsi sopra il campanile e suonare il corno.

Bruno Di Marco

Castro Don Gesualdo

Nel romanzo di Verga (pseudonimo di Walter Ego) riviviamo, attraverso il diario di un padre di famiglia, i tragici avvenimenti che spingono il protagonista, esasperato dagli atteggiamenti ambigui e dalle turpi inclinazioni di un curato di campagna, a farsi giustizia a modo suo.
Con crescente ribrezzo apprendiamo a poco a poco le malefatte di Don Gesualdo, di cui tutto il paese è a conoscenza, ma che vengono taciute e celate dietro un muro d’omertà. La goccia che farà traboccare il vaso saranno le molestie dell’ecclesiastico ai danni di Enrichetta, figlia dodicenne dell’autore del diario.
Un libro di difficile digestione, scioccante, dalla superficie rettangolare.

Normanno Calvadòs

Il come della cosa
di Uncerto Ecco

Attraverso una lucidissima, attenta e sorprendentemente approfondita analisi di molteplici atti di vita quotidiana, l’autore ne spiega le modalità, guidando il lettore in una ricognizione accurata di una vasta casistica per ogni argomento selezionato.
Se, come molti, vi siete sempre domandati come si realizzino davvero i miracoli di un piatto lavato, dell’acqua calda nella doccia, del rifacimento di un letto al mattino, del vorticare centrifugo della vostra lavatrice, della stesura dei panni sullo stendino, del posizionamento degli alimenti nel frigorifero, dell’accensione di una sigaretta, dell’attraversamento sulle strisce pedonali e di molto altro, questo è senza dubbio il libro che fa al caso vostro: potrete portarlo con voi in qualsiasi occasione e utilizzarlo come un vero e proprio vademecum.
In ogni pagina è come se lo scrittore vi dicesse: “Ecco il come della cosa”. (La corriera della sera)

Carlo Sperduti

La montagna incastrata
di Tommaso La Manna

Romanzo sperimentale e ancora incompreso a distanza di più di cinquant’anni, La montagna incastrata è un’insolita avventura nel campo della percezione.
La protagonista del libro è la montagna del titolo, a cui l’autore dà voce inventandosi una lingua che prende a prestito varie forme dialettali e vocaboli stranieri, e che compone in questo modo un affresco linguistico che lo stesso La Manna definì in un’intervista «la vera lingua italiana». La montagna in oggetto è infatti incastrata nella catena montuosa delle Dolomiti, meta privilegiata di turisti di tutte le nazionalità, che in qualche modo costituisce una sorta di avamposto dell’identità nazionale del bel paese, sempre snobbato all’estero, eppure tanto apprezzato quando si parla di bellezze naturali, di buona cucina e di opere d’arte.
La montagna in questione parla quindi per bocca dei suoi visitatori, dai quali preleva pezzi di esperienze narrate in alta quota, riportandone i dialoghi come in una registrazione meccanica, disturbata però dal contesto naturale che agisce come un rumore di fondo continuo che modifica inevitabilmente la lingua dei parlanti. L’effetto è a tratti esilarante, poiché la voce narrante monta in modo del tutto casuale la gamma delle diverse esperienze, che vanno dal tragico al comico e viceversa.
A puro titolo di esempio, ci basti qui ricordare come il flusso di coscienza – che in questo caso dovremmo definire collettivo – riesca nell’intento di collegare tra loro la tragica vicenda di un uomo morto per infarto durante una traversata (al quale viene persino rubato il portafoglio da un compagno di cordata), con la romantica relazione di un piemontese e di una calabrese che, pur parlando due dialetti estremamente diversi, si conoscono e si amano all’ombra di una roccia.

Purtroppo il romanzo, per quanto prezioso, è da sempre alla portata di pochi – in pratica dei soli studiosi di linguistica – con il non invidiabile risultato di essere tra i libri meno venduti di tutti i tempi; dato che fece esclamare allo stesso La Manna, in uno dei suoi non sporadici attacchi di egocentrismo: «L’italia mai si è fatta e mai si farà!».

Simone Ghelli

Un bel destro a Margherita

Mosca, anni trenta del XX secolo. Margherita è una bellissima e misteriosa donna dai capelli rossi. In molti sono innamorati di lei, ma ella, altera, non si concede, divertendosi a giocare perfidi tiri mancini e ad architettare penose umiliazioni a danno dei suoi spasimanti. Satana in persona, incarnatosi nel poderoso quintale e mezzo e nei 205 centimetri di statura di Boris Ptumismiskiev, pluridecorato campione nazionale di lancio del martello, si invaghisce perdutamente di lei. Il rifiuto, accompagnato da una sonora pernacchia nel mezzo della via Tverskaja, segna la fine per la fulva sciacquetta: con un destro poderoso l’eroina viene spedita nelle desolate lande della Kamchatka, dimostrando agli scettici che tale territorio non esiste solo nella cartina del Risiko.
La lettura di Un bel destro a Margherita è stata introdotta nel programma ministeriale come obbligatoria nelle scuole medie superiori dell’ex URSS al fine di scongiurare il dilagare tra la popolazione femminile adolescente del fenomeno del rizzacazzismo, piaga radicata profondamente anche nella nostra società. Il libro, inducendo a una profonda riflessione e forgiando la morale delle giovincelle, presenta dunque un plusvalore paideutico accanto all’innegabile pregio letterario.

Giulia Mahatma Colangelo

Gli ossessi sposi
di Carlos Monzon
(Ed. Recchie degli dei)

Il matrimonio sarebbe stato il toccasana all’ossessione dei due giovani che per ingiusti motivi lamentavano di non trovare il tempo e luogo per conoscersi meglio. Allora il parentado trovò una soluzione dopo numerose ed estenuanti riunioni. Si decise di dare più libertà ai due piccioncini: fu deciso che potevano andare in discoteca e rientrare a un’ora indicata – non un minuto più tardi. Iniziarono a frequentare il locale posto sulle rive di quel lago di Fogliano. La ragazza, per la verità, non si divertiva. Quella libertà, condizionata dall’orario, non la faceva rilassare e godere dell’allegria che la serata prometteva. Non l’aiutavano le parole d’incoraggiamento e di speranza del giovane cavaliere fino a quando non le sembrò interessante il gioco del linguaggio gestuale di un bel ragazzo che la osservava da diverse sere.
– Domani non potrò venire in discoteca – disse al fidanzato che non chiese nemmeno la causa di quella rinuncia. Fu così che quella sera, senza raccontare la novità ai genitori, la ragazza si presentò in discoteca col miglior vestito e con un trucco applicato di nascosto. E tra le braccia di chi si buttò? Si riappropriò della propria vita approfittando dei privilegi di una libertà ritrovata. Conobbe tante persone, tipi simpatici: di alcuni non ricordava il nome e di uno, in particolare, le dispiaceva non poterlo richiamare nemmeno mentalmente. Per questo lo ricordava come “il non nominato”. Una notte che aveva esagerato nel bere, si lasciò convincere a fare un giro in macchina, sennonché, a un certo punto, il tizio frenò per far salire un amico. La ragazza non disdegnò quel triangolo e le sue capacità amatorie arrivarono all’orecchio del benestante del luogo che si attivò per avvicinarla. Fu quella l’occasione che determinò un futuro di successi per la ragazza diventata donna e che non rifiutava inviti. L’ossessione era stata superata.

Aldo Ardetti

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18 Responses to Let. In. 5

  1. Paolo 8_Mano says:

    ahahaha simpatici!

  2. vajmax says:

    Scrittori piùcari

    Tutti ricordano i loro trascorsi, dal tempo in cui il blog che tenevano è stato trascinato sotto al faro indiscreto della cronaca mondana dal giudizio di “Libero”, un quotidiano padronale diretto da turpi sgherri al soldo di berlusconi. Da allora ne hanno fatta di strada e pian pianino, cominciando con l’ammettere di non avere opinioni politiche, hanno traslato il loro destino cieco dietro agli occhiali della convenienza economica più brutale. Un leggero voltafaccia che li ha costretti ad apportare un’insignificante modifica, ininfluente peraltro, al nome del loro gruppo che oggi dà stima anche al loro blog, diretto con la testa bassa tipica dell’inchino… 😀

  3. scrittoriprecari says:

    Grazie Massimo, poiché i complimenti ci spingono a continuare.
    Come si dice? Testa bassa e pedalare 😀

    Simone

  4. vajmax says:

    Temo di esser stato frainteso… 😀 😀 😀

  5. vajmax says:

    È una vera onta non essere compresi per chi, come me, si pavoneggia scrivendo; d’altronde è pur vero che la responsabilità del non essere arrivati a capire lo scritto deve essere ripartita tra chi ha vergato (ma da dove l’ho presa?) lo scritto e colui che ha letto invano. Oddio… invano mica tanto, dal momento che questo nostro mondo avanza culturalmente tra i flutti di una supposta (ma da dove l’ho presa?) civiltà, annaspando a morto nella convinzione di eseguire un perfetto stile libero… 😀

    • scrittoriprecari says:

      Bravissimo! Continua così! Le tue parole sono un faro nelle tenebre di questi tempi oscuri. Mostraci la via, maestro. Insegnaci. Grazie! Applausi per Vaj! Meno male che esisti, sei la prova vivente della masurazia pocelata!

      GL

  6. vajmax says:

    Dai, non te la prendere, sei mica l’unico a scambiare l’eterna conoscenza per una supercazzola. Che conoscenza sarebbe se fosse alla portata di chiunque? (direbbe un maestro zen, se non li avessero massacrati tutti) 😀

  7. vajmax says:

    Volendocisi soffermare si potrebbe addirittura dire che voi scrittori precari potreste essere miei nipoti, ma lo dico così, giusto per ricordarmi di essere felice di non aver avuto figli… 😀

  8. malosmannaja says:

    beh, comunque sia, da oggi è più facile trovare il modo di superare le proprie difficoltà nell’essere compresi: basterà sfogliare uncerto libro per poter esclamare giulivi “ecco il come della cosa””.
    : )

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