Due parole su Ultimo Parallelo

di Vanni Santoni

eb-thumb-130117102504396Quando uscì questo romanzo, e lo lessi, non avevo ancora mai scritto di libri, e soprattutto non sapevo granché di libri italiani contemporanei. Era il 2008, ero a Cuneo per “Scrittori in città”, c’era questo accorto bookshop che vendeva solo libri degli scrittori ospiti, e mi comprai, tra gli altri, Ultimo Parallelo; lo presi, mi pare, perché me ne aveva parlato Francesca Matteoni – o forse avevo solo letto il suo pezzo –, e poco dopo ero incappato per la prima volta nei “soddisfatti o rimborsati” di Satisfiction, dove si usava senza mezzi termini la parola “capolavoro”. Così eccomi su un treno interregionale con una zainata di libri. Ed eccomi ad aprire Ultimo parallelo, con tutte le perplessità che poteva avere qualcuno al quale delle grandi esplorazioni antartiche (o artiche, tropicali o equatoriali) non era mai importato granché. Ricordo con chiarezza quel momento, quando cominciai a leggere, e mi chiesi se quello che avevo davanti poteva davvero essere stato scritto da un autore italiano a me contemporaneo:

Quando splende il sole accecante indossano strani occhiali modificati in maniera empirica con frammenti di legno che fasciano le stanghette laterali per impedire ai raggi ultravioletti di raggiungere le pupille molto arrossate e doloranti oppure oscurano le lenti lasciando soltanto una sottile fessura orizzontale che riduce il panorama a una striscia di luce appena percepibile ma più spesso sono immersi nella nebbia o dentro la tempesta di vento che alza pulviscolo di neve e cancella il sole e nasconde la via e soffia contro il loro andare con una violenza che sa di cattiveria di ferocia di spietatezza e si domanda perché si stia scatenando contro di loro questa furia distruttiva e quale sia stata la loro colpa.

Crede che procedano ancora lungo la barriera ghiacciata con i loro abiti che appaiono adesso inadeguati con le loro giacche a vento di cotone che sembrano leggerissime e che si ghiacciano non appena i milioni di cristalli di neve che vorticano attorno a loro vi si posano; con i loro scarponi di cuoio su cui affibbiano con stringhe di pelle ormai rigide e fragili gli sci di legno pesantissimi; con i loro stivali di pelle di foca che preferiscono calzare quando marciano affondando fino alle ginocchia nella neve farinosa che tuttavia penetra all’interno e forma piccoli agglomerati di ghiaccio sulle due o tre paia di calzerotti di lana grezza che dopo qualche mese di marcia ormai sono diventati rigidi come se fossero di vetro e non riescono più ad assorbire l’umido della neve perché la lana s’è infeltrita assumendo una consistenza fastidiosa e ha perso la sua morbidezza e non può più garantire l’isolamento contro il freddo intensissimo.

Crede che scivolino ancora sulla barriera ghiacciata con i lunghissimi sci di legno sospingendosi con le alte bacchette tenute serrate dalle mani protette dai grandi guanti di pelo di cane sotto i quali indossano altri guanti di pelle di foca e ancora altri sottoguanti di lana. Si vestono a strati e sotto la giacca a vento fradicia hanno due o tre maglioni o camicie o maglie di cotone che dopo diversi giorni di marcia rivoltano perché la parte a contatto con la pelle che non viene lavata da settimane è ormai marcia di sudore e procura fastidiose irritazioni.

Si potrebbero spendere ancora molte, e buone, parole su Ultimo Parallelo – la poesia delle derrate, le foto “da sconfitti”, il labirinto di ghiaccio, quegli ultimi metri dal campo base, solo per citare i momenti che più mi sono rimasti addosso – così come sull’importanza dell’operazione di Genna e del Saggiatore nella quale si inserisce il recupero e la ripubblicazione del presente romanzo, operazione che viene a mettere una pezza – e dunque, implicitamente, a denunciare – una delle principali storture dell’editoria odierna, quella delirante e in fin dei conti masochistica prassi di mettere i libri fuori scaffale dopo pochi mesi, e fuori catalogo dopo pochissimi anni; ma credo basti così – il testo parla da solo, e anche il resto di Ultimo Parallelo è così buono che a poco valgono i discorsi, se non: lo si legga, lo si legga, lo si legga.

Ultimo Parallelo, Il Saggiatore 2013, pp. 294, euro 15.00

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One Response to Due parole su Ultimo Parallelo

  1. Pingback: due cose « sarmizegetusa

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