Confessioni qualunque – 14
aprile 10, 2013 Lascia un commento
[Ricordiamo ai lettori che Confessioni qualunque, la rubrica curata dai ragazzi di In Abiti Succinti, è aperta a chi voglia scrivere una confessione. Fatelo anche voi! Svisceratevi! E poi inviate i vostri racconti.]
#14 – Pierluigi
di Nicola Feninno
Che resti fra noi.
Quella dell’evidenziatore non è stata affatto una buona idea.
Lo sapevo che al primo esperimento, alla prima stranezza, l’avrei pagata. Queste cose non sono nelle mie corde. E pensare che lo dico sempre ai miei ragazzi dell’ultimo anno: inseguire l’originalità a tutti i costi non porta da nessuna parte; finisce che ti metti a copiare qualche altro ‘alternativo’ o che non ti capisce nessuno e la tua arte ti resta chiusa dentro. E quello che ti resta dentro fa male. Appunto.
Prendete Fontana, quello dei tagli nelle tele: ha avuto un’idea originale, ok, è finito sui libri di storia dell’arte e ha fatto anche una montagna di soldi; ma se mi mettessi io a tagliare le tele il risultato più evidente sarebbe quello di avere buttato nel cesso i soldi delle tele. E se chiedete agli psichiatri vi diranno che i loro studi sono pieni di ‘artisti’ incompresi… è una stronzissima fissazione dell’uomo moderno questa dell’originalità sempre e comunque – avessi afferrato prima il concetto! – solo una stronzissima inutile fissazione: Raffaello non era affatto ‘alternativo’, era un genio. Palladio mica faceva grattacieli storti pieni di contrappesi: progettava le sue ville con criteri di migliaia di anni prima, e anche lui era un genio. In realtà questo non è proprio il momento ideale per parlare di Fontana, Raffaello e Palladio. O forse non c’è mai un momento ideale per parlare di queste cose: anche quella del momento ideale è una stronzata moderna, un’ingombrante eredità del romanticismo.
Ok, è successo che mi sono infilato un evidenziatore nel culo. Va bene, ridete. Riderei anche io se non fossi io quello con l’evidenziatore nel culo. Un evidenziatore giallo (che poi potrebbe essere anche verde o rosa, tanto ha il tappo e non colora). E adesso è l’alba e domani ho lezione: un’ora in terza e due in quinta.
È già l’alba perché ho passato la notte a riflettere. Poi la soluzione è obbligata: andare in pronto soccorso, metterci la faccia. “Dottore guardi, ho un evidenziatore giallo nel culo. Potrei stare qui a raccontarle che non l’ho fatto apposta, che stavo preparando nudo la lezione e per sbaglio mi ci sono seduto sopra, che mi prudeva dannatamente l’ano e mi faceva schifo inserirci le dita e poi l’evidenziatore – che comunque non avrei usato più – è stato risucchiato, che non vado in bagno da due settimane e che, disperato, ho provato con un effetto stura-lavandini, che è colpa di una sbronza, che era un prova di coraggio, una scommessa persa, un voto con me stesso, che era un’umiliazione necessaria ad arginare la preponderanza asfissiante del mio Super-io sugli umanissimi istinti bestiali, che era una prova, un esperimento praticamente scientifico sul funzionamento degli sfinteri anali. Ma non le farò perdere tempo dottore. Già m’immagino tutte le scuse che le avranno propinato in casi simili. Penso che in certi casi ci si debba arrendere all’evidenza. E l’evidenza è che – mi scusi il gioco di parole – ho un evidenziatore nel culo. O nell’ultimo tratto del colon, veda lei come dirlo. Me lo sono infilato di mia spontanea volontà. Certo, non è che volevo lasciarlo parcheggiato lì a vita. Volevo solo stimolare la prostata, a colpi alternati, diciamo così. Non perché abbia abitudini strane: è la prima volta che faccio un esperimento simile; e so che magari anche questa è una cosa che dicono tutti, ma – mi creda – sono stato sincero fino ad ora, non è che le mentirei su questo punto, che non mi sembra neanche il punto centrale. Sono una persona normale, come tutte le persone normali ogni tanto faccio qualche cavolata. E poi è scientifico: la stimolazione della prostata produce piacere a qualsiasi maschio – e questo lei lo saprà meglio di me – anche agli etero, come me. E non è che glielo dico perché discrimino gli omosessuali: insegno storia dell’arte e un sacco di artisti geniali erano omosessuali. Non è un meccanismo di razzismo inverso del tipo: tutti odiano i neri e invece per me tutti i neri, per il solo fatto di essere neri, sono esseri d’ammirare. Dico solo che forse la percentuale di gay tra gli artisti geniali è così alta perché, sa, è che hanno una componente femminile più sviluppata rispetto alla media maschile e probabilmente l’interagire e il cozzare della loro parte maschile e di quella femminile produce una scintilla – diciamo così – più originale, e forse più completa e – sa – per me originalità e completezza sono caratteristiche imprescindibili di un genio. Sì, ha ragione dottore, adesso mi calmo. Una cosa sola: pensate di fare un’anestesia?”
Già, l’anestesia la faranno di sicuro, almeno locale. Ma chi mi porta in pronto soccorso? Andarci da solo in macchina è escluso: da due ore a questa parte riesco a stare solo a pancia in giù, su un cuscino che mi rialza il bacino; e a parte questo, se anche prendessi il coraggio a due mani e decidessi che “ok vado da solo”, il viaggio si trasformerebbe in una tortura medievale di buche e dossi. Escluderei di chiamare un parente: “Zio mi porti in ospedale? Sai mi è finito un evidenziatore nel culo!”.
Escluderei anche i vicini, non chiedo loro neanche il sale quando sono senza.
Ecco un altro problema dell’uomo moderno: la solitudine. Ci si affolla uno sull’altro solo ai party in discoteca, nei ristoranti, nei mezzi pubblici, in piazza a Capodanno: sembriamo dei bicchieri in un lavandino pieno d’acqua, si cozza continuamente uno contro l’altro ma non ci si scalfisce mai. E si è soli di fronte alla propria inconfessabilità. E mica è sempre stato così: avete mai visto una latrina romana? Andate a vederne una: i romani cagavano coscia a coscia. Noi invece mettiamo la musichetta nei cessi degli hotel. E provate ad aprire un qualsiasi sito porno, non che io sia pure un pornomane, basta informarsi, chiedere in giro, cliccare per farsi due risate. Ecco, se aprite uno di questi siti – tutti avranno visto un sito porno una volta nella vita – ecco vi troverete un elenco di perversioni ordinatamente organizzate per categorie. E io mi sono sempre detto che se in un sito porno c’è un’intera categoria dedicata a persone che si eccitano a guardare umani che copulano con animali, vorrà pur dire che esiste un buon numero di utenti di internet interessati a umani che copulano con animali. Non sono qui a fare la morale – anche perché con un evidenziatore incastrato nel culo sollevato da un cuscino, forse non sarei nella posizione ideale per farlo –, dico solo che nessuno di questi amanti di umani copulanti con animali si sognerebbe mai di parlare della propria passione a un colloquio di lavoro. Mi sia permesso di esagerare, vorrei fare una sorta di allegoria dell’uomo moderno: ecco, l’uomo moderno mi sembra una persona amante di video di umani che copulano con animali, che nella vita si reca a continui colloqui di lavoro con camicia bianca perfettamente stirata – maniche giù per coprire un piccolo tatuaggio – cercando di fare un’ottima impressione al selezionatore del personale – selezionato a sua volta da qualcun altro, camicia bianca con maniche fino al polso pure lui – e magari pure lui feroce appassionato di video di umani che copulano con animali.
Forse è un’esagerazione, ma ha una sua radice di realtà.
Va be’, facciamo così: chiamo l’ambulanza. Tanto quello dall’altra parte del telefono fa il suo lavoro, è obbligato alla formalità e poi neanche lo vedo in faccia. Lo chiamo e gli dico: “Guardi so che fa ridere ed è una cosa… sì, ecco: ho un evidenziatore infilato, infilato nel retto. Sì, interamente infilato: diciamo che è scomparso alla vista. Mi spiace occupare così un’ambulanza, guardi, mi spiace davvero, ma proprio non riesco a muovermi ormai. Mi spiace. Non per mettere in dubbio la sua professionalità ma… che resti tra noi”.
“Che resti tra noi nel senso che non lo si venga a sapere in giro: magari non fate andare le sirene, mi faccio già trovare sul ciglio della strada; stringo i denti per un po’, diciamo così. Va bene? Mi scusi ancora eh, guardi non so proprio come… sì, via Boifava. Il numero civico è il 54”.
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