Piuttosto che morire m’ammazzo – intervista a Guido Catalano

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[Come anticipato venerdì, il nostro poeta Andrea Coffami intervista il poeta Guido Calatano a pochi giorni dall’uscita del suo ultimo libro, Piuttosto che morire m’ammazzo, di cui, se l’avete persa,  potete leggere l’anteprima. Per gli autografi, troverete Guido Catalano al salone del libro di Torino, presso lo stand di Miraggi edizioni.]

Intervista scomoda a Guido Catalano

di Andrea Coffami

AC: Guido Catalano. È nato prima il nome o prima il cognome? Cosa ricordi dei tuoi primissimi giorni di vita? E del tuo primo reading?
GC: Del mio primo reading non ricordo quasi nulla. Ero sbronzo duro. Ai tempi – una dozzina di anni fa – per combattere l’ansia da prestazione bevevo come un cammello. Immagino che la resa di quei reading non fosse un granché. Ora bevo ancora come un cammello ma reggo un casino. Appena nato ho avuto un’ernia. Non lo ricordo ma ho uno sbrego nell’inguine che me lo rammenta.
AC: Ti rendi conto che tu per lavoro principale hai davanti alla bocca un qualcosa di nero e duro. In cosa si differenzia da te Moana Pozzi, oltre alla barba e al fatto che lei è deceduta?
GC: In realtà non me ne rendo conto. Comunque non è nero, è argentato. A parte le tette, direi che tra me e Moana grosse differenze non ce ne sono. Spero solo di vivere di più.
AC: Da anni porti avanti reading, performance, letture (chiamale come vuoi). Secondo te un tuo testo può essere letto e apprezzato anche da chi non conosce il tuo modo di recitarlo e leggerlo? Cioè, come fai a trasmettere le tue intenzioni vocali di lettura a chi non ti ha mai ascoltato? Hai mai avuto editori che ti hanno detto: “mmm… dal vivo va bene ma su carta non funziona”? A me succede spesso. È un modo gentile ed elegante per dire che gli scritti fanno schifo o c’è davvero del vero in Danimarca?
GC: Questa cosa me l’hanno detto non gli editori ma qualche ascoltatore-lettore. D’altra parte noto che la mia roba funziona anche letta e non sentita. Almeno spero. Diciamo che sentirmi e vedermi costituisce un plus valore. Almeno spero. Non fosse così sarebbero cazzi.
AC: Parliamo ora della tua esperienza televisiva. Come sono i cessi di MTV?
GC: Dentro la tele ci sono cessi splendidi e ragazze bellissime, giovanissime e morbidissime. La tele è una delle cose più pericolose e spaventose al mondo. Chi fa la tele prima o poi impazzisce. È matematico. A MTV un paio di volte ho fatto anche la cacca. Anche a La 7. Alla RAI mai.
AC: Piuttosto che morire m’ammazzo è la tua ultima raccolta poetica. Perché hai deciso che non scriverai più libri? Sei stufo della letteratura? Come sopravviverai alla crisi?
GC: Da quando è partita la crisi le cose mi stanno andando meglio. Strano. Ma è così. Non ho deciso di non scrivere più libri, anzi, al contrario. Voglio scriverne tantissimi. Scrivere libri mi serve per guadagnare i soldini e per far girare le mie cose e per avere una giustificazione in più per andare in giro a leggere le mie robe alla gente. Mi hanno pure commissionato un romanzo ma è un segreto.
AC: Ti piace il nuovo Papa? Oltre a quello di levarsi di dosso quel sorriso, hai qualche altro qualche consiglio da dargli?
GC: Razzingher mi faceva orrore, dunque dopo di lui è facile. Sembra un essere umano il buon Francesco. È già qualcosa.
AC: Ti ho sentito parecchie volte dal vivo e ho letto quasi tutti i tuoi libri (mi manca “La donna che si baciava coi lupi”) e sai quanto ti stimo e apprezzo. Un po’ come Sansone con i capelli, non pensi che il tuo punto di forza sia la barba?
GC: Una volta una ragazza che lavorava in un teatro dove facevo degli spettacoli, dopo che mi tagliai la barba, mi disse che avevo fatto un errore e che la barba era parte integrante del mio “personaggio”, parte essenziale, e che era uno dei motivi del mio successo. Credo avesse ragione. Un po’ come la “r” moscia. Sono anche molto sensuale. Questo aiuta.
AC: Cosa ne pensi di quei poeti che indossano le magliette con le marche sopra senza che vengano pagati dagli sponsor? Non pensi che “noi poeti che facciamo reading” (scusa se mi metto nella mischia) si debba avere degli sponsor sulle magliette mentre si legge? Sei favorevole al doping? Che ricordo hai di Bartali?
GC: Le magliette non mi garbano. Preferirei cappellini o, perché no, boxer firmati. Sono senz’altro favorevole al doping, alle medicine e a tutto ciò che è potentemente chimico. Detto questo, penso comunque e sempre male dei poeti. In realtà li odio. Dunque odio anche te. Bartali non esiste.
AC: Fai un saluto ad una persona sola (nel senso di sola al mondo). È un ordine.
GC: Mi autosaluto: Ciao Guido, anche se sei solo, sei un fico. Complimenti, continua così Guido che sei forte.
AC: Grazie.
GC: Prego.

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