I gatti dello zodiaco

gattini
di Matteo Pascoletti

La faccenda che i gatti, se li ignori, si avvicinano per strusciarsi e far le fusa mica lo so se è vera; non ricordo dove l’ho sentita la prima volta e non ho mai fatto ricerche approfondite. Se anche esistono studi scientifici di un certo spessore, non li ho letti. Dai ricordi non sovvengono particolari gatti che, da me ignorati, si siano avvicinati affettuosi o incuriositi, mostrando di averlo fatto proprio per quel motivo. Però questa cosa ce l’ho dentro e a volte ci penso. Forse perché tendo a evitare lo sguardo delle persone, in particolare se estranee, e la postura del corpo asseconda questo mio desiderio di deviare.
Uno dice “sarai timido”, “sarai asociale”, “hai qualcosa che non va”.
Io penso “sarà che son cazzi miei, anche”.
Comunque, nonostante le traiettorie di fuga, finisce che gli estranei mi danno facilmente confidenza. E allora penso alla faccenda dei gatti, e mi sento uno che i corpi estranei gli vanno addosso per strusciarsi lasciando il proprio odore. No: non quello strusciarsi tra persone, che poi se va bene dopo un certo arco di tempo finisce che scopi; dico quello degli animali che ti imprimono la propria esistenza addosso, e basta. Solo che le persone, invece di strusciarsi, per imprimere la propria esistenza sugli altri parlano.

Leggi il resto dell’articolo

Vetri

di Simone Lisi

Questa storia di spaccare le finestre è già successa una volta. Ero bambino e si giocava a scuola. Si giocava nell’ingresso della scuola dove il pavimento è liscio. Non ricordo a che gioco si giocava, ricordo solo Cosimo Ciulli spinto da qualcuno che distrugge una vetrata col corpo. Oggi, se ci penso, penso che a spingerlo fu Federico Pratesi, che era (che è) del segno dell’ariete come me, nato un giorno prima. In lui localizzavo il male, mentre io ero il bene. Del resto non sono affatto sicuro che fu lui a spingere Cosimo Ciulli contro la vetrata, magari qualcun altro, o forse proprio io, ma no, non credo, che se fossi stato io suppongo me lo ricorderei. I vetri che si frantumano a ogni modo hanno qualcosa di incredibile: la sospensione, la lucidità e la lentezza che precedono lo schianto, il senso di irrevocabilità, le schegge appuntite e mortali, la gravità (nel senso della forza gravitazionale e non solo) e la fragilità. Dicevo, e forse citavo, qualcosa che avevo già scritto (e quindi ora cito una citazione), cioè che la mia miglior qualità è quella di dimenticarmi le cose, anzi di dimenticare tutto. È una qualità, certamente, ma non è un merito, cioè io non è che sono meritevole perché mi dimentico delle cose. Fatto sta che Cosimo Ciulli non morì né si fece nulla. Ci sgridarono e dopo ci vietarono Leggi il resto dell’articolo

Conflitto esteriore

di Francesco Quaranta

“Sono un tuo personaggio, una tua creatura!”, gocciole di saliva calda mi tempestano le ciglia, tanto il mascara è già rovinato, “Non puoi abbandonarmi così. Non puoi!”.
Posso, posso eccome: pubblicato l’ottavo libro, il personaggio del detective Tom Danti soffre carenza di mordente, originalità e appeal. Non imbratterò altra carta con ulteriori avventure prive di spirito. Nemmeno per soldi.
A quanto pare è per questo che sto immobilizzata nella mia stessa cucina, mani legate dietro lo schienale di una sedia da cinquanta euro a gamba.
“Il successo lo devi a me e io ti devo l’esistenza. Non possiamo separarci”, adesso è un soffio nervoso tra i denti serrati: sa che altre urla maschili qui dentro allarmerebbero i vicini.
In genere la mia vita di scrittrice affermata non è così sconvolgente; ad esempio, stasera ero ospite in tivvù per discutere della trasposizione cinematografica del mio best seller Tressette coi Morti. Lì ho annunciato il pensionamento del mio amato personaggio.
Poi, al rientro a casa, improvvise grinfie dalle ombre mi hanno trascinata nell’incubo attuale. Una possibilità che per me finora Leggi il resto dell’articolo

Linda e la tartaruga – #fiabebrevichefinisconomalissimo

di Francesco Muzzopappa

C’era una volta una tartaruga che viveva nella casa della piccola Linda, una bambina educata e sempre ben vestita, intestataria di una vasta tenuta di roveti di more.
La tartaruga era davvero vecchia e anzianissima.
Qualcuno era pronto a sostenere che avesse duecento anni, chi diceva trecento.
I bagarini la davano vecchia 10 a 1.
Tutti, chi più chi meno, pensavano fosse vecchia.
Invece la tartaruga era solo Leggi il resto dell’articolo

The sound of Seattle

di Gabriele Merlini

[Ri]comprarsi il contemporaneo a diciottomila lire.
«The sound of Seattle» di Chiesa e Blush.
Stampa alternativa, 1993.

Funzione principale di una recensione dovrebbe essere stimolare l’interesse per un testo. Sia che ne esca bene, sia che ne esca con le ossa rotte. Condizione essenziale per il favorevole sviluppo dell’intera operazione: la possibilità (anche remota) di recuperare il testo in questione.
Nello specifico sembra una missione quantomeno disperata, ma amen. È infatti qualcosa di antico e intimo che sta spingendomi a scriverne e non posso sottrarmi nonostante le evidenze (per caso ne posseggo ancora una copia. Impolverata e dagli angoli morsicati. Difficile quantificare il numero dei fortunati tipo me).
Titolo: «The sound of Seattle». Autori: Guido Chiesa e Steve Blush. Collana Sconcerto di Stampa Alternativa. Anno domini millenovecentonovantatré e addirittura dai ringraziamenti un brivido di flanella torna a scorrere lungo la schiena del rottame nostalgico: Jonathan Ponemann e Bruce Pavitt della Sub Pop, etichetta discografica che lanciò Leggi il resto dell’articolo

Cinquantadue. O cinquantatré – #gunstreet

52.53di Domenico Caringella

C’è un solo modo per nascere. E mille per morire.
È un antico detto, un antico detto cinese del cazzo.
Non è vero, è mio, l’ho inventato adesso. Però mi suonava bene. Di solito bluffo. Va bene, va male.
Dipende.
Ok. Ci sono mille diversi modi per morire.
E poi c’è il mio.
Diamanti di mezzo. Falsi. Quelli rifilati a “Gaza” Assan, un palestinese atipico che accumula beni, colleziona fighe e si lucida gli occhi guardando pietre preziose. E che paga una squadra di Leggi il resto dell’articolo

Krampus

di Luca Lampariello

– Allora, me la dai questa sigaretta? – si lamentò Alessia, chiusa nel piumino color crema. Camminava qualche passo dietro a Tommaso, stufa di mercatini e luci natalizie, nauseata dall’odore di würstel e vin brulé. Lui la detestava, come detestava la loro situazione, Merano, quel viaggio improvvisato e ridicolo.
– No, te l’ho già data prima. Compratele.
– Eddai, non ho un euro!
Era vero, stavano finendo i soldi. A pranzo avevano preso due bomboloni e un caffè americano in due. E dovevano ancora pagare lo squallido ostello per la notte e il treno il giorno dopo. Si avvicinarono al parapetto sul torrente. Tommaso prese il pacchetto e sfilò due sigarette.
– Tieni, scroccona!
Alessia aveva il naso rosso per il freddo, le guance tirate e stanche. In silenzio, fumando, osservavano il movimento degli altri. Ragazzi e coppie e signore in pelliccia in mezzo a luci multicolori. Le casse attaccate ai lampioni mandavano musiche di Natale. Sulla destra c’era una baita dove si vendevano giocattoli da collezione, palle per l’albero e decorazioni artigianali. I clienti si comprimevano lungo lo stretto passaggio tra gli scaffali, si spingevano l’un l’altro e imprecavano ma anche si meravigliavano per la bellezza di quegli Leggi il resto dell’articolo

Parrucchieri

parrucchiere uomodi Simone Lisi

Andare dal parrucchiere è un rito di purificazione: ha in sé qualcosa di traumatico e allo stesso tempo di risorgimentale. Tendo a essere recidivo, ovvero torno dallo stesso parrucchiere per creare con lui un legame, per cui poi è sempre un problema passargli davanti quando già sono stato da un altro; quindi entra anche il tema del Tradimento che richiederebbe un capitolo a parte.

Quando ero bambino andavo da Roberto, perché i parrucchieri in genere sono uomini, suppostamente gay o almeno dubbi, e mi ricordo che il suo salone era per me un posto quasi intellettuale. Io parlavo a lungo dei Romani e delle loro tecniche di assedio o di guerra in generale, tema che mi era molto caro e che poi ho rifiutato.

Poi sono andato da Giosuè, vicino a Porta, che era di Certaldo e aveva fatto i soldi; lavorava con il trans Antonia che poi la sera incontravo Leggi il resto dell’articolo