Solo spam sentimentale

di Andrea Frau

Eccoti. Io non so nulla di te che leggi, ma eccoti qua. È molto strano. È come lanciare una bottiglia con un messaggio nell’oceano. Poi magari arriva uno, toglie il tappo e si contamina con un virus letale. Morale: non avresti dovuto aprire la bottiglia. Ma sta tranquillo, non è questo il caso.

Voglio raccontarti una storia e tu ovviamente alla fine sarai libero se crederci o no. Intanto, ti ringrazio della pazienza.
Iniziò tutto l’anno scorso. Era un pomeriggio noioso, fuori pioveva. Mentre cancellavo lo spam la mia attenzione cadde su una mail:
Mittente: “Tu”
Oggetto: “Devi ascoltarmi”
Testo della mail: “Vediamoci in stazione alle 18. Devo dirti chi sei”

La cancellai. Mi venne voglia di pop corn ma prima di alzarmi premetti f5. Dio solo sa quanto me ne penta ancora oggi. La mail ricomparve, identica. La rilessi e più la rileggevo più mi sentivo in preda al torpore. Vidi che mancavano solo dieci minuti alle 18. Mi alzai di scatto, abbassai lo schermo, rinunciai al pop corn, mi infilai le scarpe e uscii.
Mentre camminavo mi veniva da ridere. “Ma che diavolo sto facendo?” pensai. “Stai andando a scoprire chi sei” mi risposi sarcastico. “Lo so già: sono uno talmente annoiato che spera ogni giorno che succeda qualcosa di storico, che gli dicano che è tutto uno scherzo e che ora è giunto il momento. Magari sta per scoppiare una guerra interstellare e sono il prescelto, colui che salverà il pianeta o contribuirà a distruggerlo”. “Sì, extraterrestre portami via. Sei il prescelto per una grande burla intergalattica. E sta attento alla mano”. “Come? Oh, cazzo!”. La sigaretta era finita e mi aveva scottato un dito.

Senza neanche accorgermene arrivai nella stazione deserta. Sui binari vidi una cesta con un neonato. C’era una targhetta con su scritto “Damiano Petri”. Il mio nome. Cosa ci facevo io da neonato sui binari? Chi aveva osato prendere il mio nome e prendersi gioco del mio tempo? La cosa strana era che il bambino non piangeva. Neanche ora che il treno stava per arrivare. Avrei avuto tutto il tempo, il mio tempo, per oltrepassare la linea gialla e salvare il bambino. Ma, rispettando l’avvertimento, non oltrepassai la linea gialla e mi godetti lo schianto. La cesta volare, la pioggia rosacea di carne ancora innocente. La targhetta con il mio nome ai miei piedi. La raccolsi per assicurarmi fosse reale e lo era; stavo provando una sensazione tattile che riconobbi come un dejà vu. Risi. Ero ancora vivo.

Ostentando sicurezza entrai nel bar della stazione improvvisamente affollata. Ordinai il caffè fissando negli occhi il barista, mi sentivo invincibile, fissai negli occhi chiunque mi capitasse a tiro come non avevo mai fatto. Una freccetta quasi mi trafisse. Il tizio che per poco non mi accecava mi fece un cenno di saluto toccandosi la visiera del berretto. Il barista esibendo confidenza mi indicò una ragazza bionda seduta sola a un tavolino. “È mia moglie. Si chiama Irina. L’ho avuta rispondendo a una mail. Hanno preso il mio computer, si sono impadroniti di me ma in cambio ho avuto lei”. “Perché mi dici questo?” gli dissi e lui scoppiò a ridermi in faccia. Tutti al bar cominciarono a ridere indicandomi. Un signore distinto con fare paterno mi diede una pacca sulla spalla e mi disse: “Trenta centimetri, ragazzo. Ora trenta centimetri di cazzo. Tutto perché ho creduto allo spam. In cambio devo solo filmare ogni mio rapporto sessuale e spedire il video al loro indirizzo mail”. Un altro mi disse: “Ho vinto un miliona di dollaro. In cambio ho regalato la mia conoscenza dell’italiano. Non hai notato che ora lo spam è scritto in italiano corretto? Ora noi tutti abbiamo fede”.
Ero confuso. Avrei voluto cancellare la mia cronologia e perdere la memoria di quel giorno.
Uscii di corsa dal bar senza pagare. Salii al volo su un tram.
“Tu sei quello del popcorn, vero?” mi chiese l’autista. “Sì, certo” risposi di getto. “Allora mettiti a lavoro”. “Ma non li ho mai fatti fuori casa” affermai.
“Dove credi di essere?” mi disse la moglie ucraina del bar. “Oh, scusa amore. Ora li faccio”.
Era bello vedere dal coperchio trasparente i pop corn scoppiare nella padella. Era come assistere a un parto. Ora gli uomini non si fanno problemi ma prima aspettavano fuori. Fumavano e bestemmiavano camminando avanti e indietro finché un’infermiera non li avvisava che potevano vedere il bambino. Mi piace assistere al miracolo della vita, oddio, non proprio miracolo, è perfettamente spiegato dalla scienza. Come guardare dal buco della serratura una donna che partorisce. Dei chicchi non ce la facevano però. Non si trasformavano in candidi batuffoli bianchi. Rimanevano chicchi inespressi. E mi ritrovai a piangere sulla padella. Piccoli feti abortiti, piccoli non nati. Erano niente. Matteo Renzi avrebbe fatto un cimitero di non nati anche per loro? Trovare la vita scoppiando ricorda la logica di un kamikaze. Si fa esplodere per vivere in eterno. Il pop corn saltava come bambini sulle mine, come pallottole su un vetro antiproiettile. Come il neonato investito dal treno. Sentii urlare. Mia moglie mi spingeva via e buttava la padella nel lavandino. Il manico della padella era bruciato. I pop corn carbonizzati.
Chiesi scusa. Inizialmente mi rimproverò, poi mi abbracciò.

Non esco di casa da dieci anni esatti. Una mattina in stazione vidi un uomo sui binari aspettare un treno a braccia aperte. Non dissi nulla, non feci nulla e vidi lo schianto. Da allora non riesco più a uscire di casa. L’unica mia attività è fare il pop corn ogni pomeriggio e inviare in maniera compulsiva mail di spam con virus allegati. Distruggo computer di gente sconosciuta per il solo gusto di distruggere qualcosa di non mio. Non mi impadronisco di pin di carte di credito, non rubo nulla. Mi piace solo arrecare dolore nell’unica maniera che conosco: quella distaccata. Scrivendo questo spero di essermi liberato della maledizione. Fossi in te ora farei una scansione antivirus.

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