una cosa piccola e ribelle

mi svegliai al tramonto. dormivo da due giorni. diedi un’occhiata fuori dalla finestra. un lenzuolo arancione sembrava adagiato sulle cime delle sequoie. accesi il misuratore di ego prima di vestirmi. finito il ronzio nella stanza, controllai il display dell’egometro. era ai minimi storici e ancora non riuscivo a comprenderne il motivo. decisi che sarei sceso al bar al piano inferiore.

il barista era un tipo smilzo, dall’aria smorta. parlava in continuazione, ma solo perché in qualche modo quell’agitarsi faceva parte del suo lavoro. come se ci fosse stato un solo bar nel raggio di cento chilometri che gli avrebbe potuto rubare la clientela.

insomma, mi disse porgendomi il mio bicchiere di whisky annacquato, è ancora qui. sì, sono ancora qui, ma spero di ripartire a breve. la signora?, mi chiese. con una smorfia gli feci intendere che non avevo voglia di parlarne.

dopo un’ora discutevamo di condizioni meteorologiche. a un certo punto fui chiaro: il mio egometro dice che sono a terra. il barista si allungò oltre il bancone a cercare maggiore intimità: io nemmeno ce l’ho, il misuratore. è rotto, disse. è illegale, gli feci notare senza alzare troppo la voce.

quassù, si mise a spiegare, quassù è difficile che facciano controlli. comunque è facile trovare un accordo coi funzionari statali, concluse. terminai il mio terzo bicchiere in un unico sorso. feci per allontanarmi. avevo voglia di tornare nella mia stanza. e sto meglio così, aggiunse il barista. non per tutte quelle faccende sul controllo governativo, no, semplicemente mi dimentico un po’ di me stesso. a quel punto mi lasciò andare.

dalla finestra osservavo la notte calare sulle montagne e sulla vegetazione. da quelle parti la notte ha qualcosa di luminoso, e pacifico. forse per questo mi piaceva rimanere in piedi fino all’alba. pensavo che se il governo avesse scoperto quanto si fosse rimpicciolito il mio ego negli ultimi tre mesi, m’avrebbe fatto arrestare subito. ero un individuo insoddisfatto, con poco da dire, e per questo, chissà, potenzialmente molto pericoloso. e con questo piccolo e inutile pensiero, quasi un risarcimento, finivo coll’addormentarmi, in quel tipo notte che da secoli sa essere, a volte, l’alba.

Marco Montanaro

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Poesia precaria (selezionata da A. Coffami) – 3

Salve ciao.

Questa settimana vi voglio, esigo e devo parlarvi di Guido Catalano, un ragazzo con la barba che miscela la poesia pura al cabaret. Vincitore di numerosi Poetry Slam, fa parte anche del gruppo SBRONZI ALL’ALBA SENZA SIGARETTE. Magari lo avete visto nella trasmissione “Loveline” su MTV un paio di anni fa, oppure non l’avete mai visto perché a voi MTV vi a schifo. Magari lo avete visto in qualche live in giro per l’Italia, oppure non l’avete mai visto perché a voi l’Italia vi fa schifo. Fatto è che Guido Catalano è un poeta, un comico, uno scrittore, forse pure un musicista (ma non ne sono sicuro).

La poesia che vi propongo è in versione live che così non fate nemmeno lo sforzo di leggere dal monitor, basta accendere le casse del pc. Il titolo non lo ricordo quindi non saprei dirvi come si chiama.

Sul sito www.guidocatalano.it troverete news, foto e libri da scaricare gratuitamente del nostro buon Guido Catalano. Vi invito inoltre a chiedergli l’amicizia su Facebook che lui lo aggiorna continuamente e sarete più felici.

Buona digestione.

Andrea Coffami