Carta taglia forbici – 3

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Una piccola città lontana dall’Europa occidentale

Sua madre aveva vissuto per molti anni con suo padre, prima di lasciarlo per un altro uomo. Lui soffrì molto, e non dimenticherà mai il giorno in cui suo padre gli disse di non fare mai figli. Era il giorno in cui lui e la madre traslocarono in casa di un attore, un tizio che indossava sempre lo stesso jeans.
Il terzo marito di sua madre era gentile con lui e non condivideva l’opinione di sua madre sul fatto che fosse meglio per lui odiare il padre piuttosto che amarlo.
Una volta, un giorno che la madre era andata a trovare le sorelle in una città vicina, il terzo marito lo portò a casa di suo padre. Sua madre non seppe mai nulla e lui apprezzò molto il gesto. Quando la madre lasciò quell’uomo lui pianse, perché capì molte cose, e la prima tra tutte era che non si sarebbe mai fidato di una donna.
A scuola non riuscì a entrare in nessuna squadra, anche se aveva provato con tutte le sue forze. Pare che fosse negato per il basket, il baseball, il tennis, la pallavolo, il softball, la ginnastica artistica, il football, il calcio, e ovviamente anche la scherma. Leggi il resto dell’articolo

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Trauma cronico – Saluti e baci

Eccoci giunti all’ultimo appuntamento dell’anno con Trauma cronico, la rubrica va in vacanza per tornare domenica 3 gennaio 2010; segnatelo sul calendario nuovo di zecca, programmate la sveglia del cellulare, scrivetelo sui muri.

Sono un po’ stanco, la rete sfianca, devo disintossicarmi per qualche giorno del web. Negli ultimi mesi ho lavorato tanto per questo blog, appuntamento quotidiano per un numero sempre maggiore di lettori, voi, che ci date la forza di continuare a ricercare contenuti sempre nuovi. Colgo l’occasione anche per ringraziare a nome mio e di tutto il collettivo i tanti amici, scrittori ma non solo, a cui chiediamo di contribuire alla causa.

Per il nuovo anno speriamo di portarvi nuovi autori, giovani promettenti e firme già riconosciute nel panorama letterario nazionale. C’è qualcuno che sta già lavorando per noi, e per voi.

Il blog continuerà ad essere aggiornato ancora per qualche giorno, poi si prendrà un po’ di vacanza. Mertitata? Ditelo voi…

Domani c’è il consueto appuntamento del lunedì con la “Poesia precaria”, la rubrica di Andrea Coffami e Luca Piccolino. Vi anticipo solamente che ospiteremo una poetessa bravissima che ha letto ad un paio di reading insieme a noi. Avete capito? Scopritelo domani.

Martedì pubblichiamo la seconda parte del racconto diviso in tre di Daniele Vergni, L’inferno (il terzo sarà online il 5 gennaio).

Mercoledì infine chiudiamo i battenti rinnovando l’appuntamento per sabato 2 gennaio 2010 con l’undicesimo episodio del feuilleton politico surreale e grottesco di Simone Ghelli, La banda dello stivale, ovvero la Seconda Unità d’Italia.

Per concludere ho piacere di segnalarvi qualche titolo di autori italiani usciti nell’ultimo biennio che ho letto quest’anno e che vi consiglio assolutamente. Purtroppo ne dimenticherò qualcuno, di quelli letti, e tanti, di quelli che ancora non sono riuscito a leggere. Ma credo di potervi dare ottimi suggerimenti. Leggete, e fatemi sapere.

Ecco a voi la mia piccola lista in ordine sparso:

Giorgio Vasta, Il tempo materiale

Giuseppe Genna, Italia de profundis

Vanni Santoni, Gli interessi in comune

Claudio Morici, La terra vista dalla luna

Peppe Fiore, La futura classe dirigente

Cristiano Cavina, I frutti dimenticati

Luca Moretti, Cani da rapina

Ed infine, perché no, Il cagnolino rise, l’omaggio a John Fante di vari autori, tra cui i precari Ghelli, Zabaglio e il sottoscritto.

Buone letture e fate i bravi.

Gianluca Liguori

Diario di bordo – Frigolandia

Siamo partiti dalla Casa del Cuculo con un po’ di ritardo. Dovevamo scrivere i pezzi per il Diario di bordo, il povero Simone, stanco com’era e con le mille cose da fare che aveva, per non parlare del suo malditesta, è stato gentile e contento di contribuire al nostro resoconto che ha accompagnato questi ridenti giorni in giro per l’Italia a leggere le nostre cose e far conoscere il nostro progetto. È bella questa cosa che facciamo, oramai me lo hanno detto in così tanti che fatico a non crederci.

Leggo in giro con la mia band, Scrittori precari.

Oggi è stata l’ultima data del nostro tour. Siamo stati a Frigolandia, dal buon vecchio Vincenzo Sparagna. Ogni volta che vado a trovarlo è sempre una gioia immensa, è sempre uno scoprire, imparare, conoscere nuove cose. Vincenzo è una di quelle persone che potresti stare una vita ad ascoltarlo senza annoiarti mai. Sparagna è un monumento della cultura nazionale, ma che dico nazionale, internazionale, anzi no, interplanetaria.

Abbiamo fatto una lettura molto intima, seduti ad un tavolo, tra amici, una quindicina di persone. Sono stati ottimi momenti. Forti emozioni. Quando ho letto non ho mai alzato la testa dal foglio, oramai ho imparato a guardarlo, il pubblico, cercare sguardi, ascolto, occhi e attenzione, ma oggi no. Oggi mi sentivo così piccolo. Eppure è andata bene. Vincenzo ha apprezzato e speso belle parole, ha fatto un sacco di domande, si è mostrato interessato. È stato molto importante per me.

Abbiamo parlato di tante cose, ma non posso certo mettermi qui a dirvele tutte, non ci sarebbe spazio per gli altri. Chiudiamo qui.

Ad un certo punto della serata, parlando con una ragazza che mi chiedeva consigli per una sua amica che aveva appena finito un romanzo, mentre le rispondevo dicendo che è importante curare tanti particolari trascurati, Vincenzo è intervenuto dicendomi di aver detto una cosa saggia. La mia saggia gioventù. È proprio tardi. Le cinque del mattino anche oggi.

Si è stati a Frigolandia fino a mezzanotte passata, poi si è partiti. È finita. È stata un’avventura straordinaria, un’esperienza forte e meravigliosa.

Durante questo tour ho anche cambiato il tabacco, sono passato dal Golden Virginia al Pueblo, era così per dire.

Buonanotte a tutti e a presto.

Gianluca Liguori

Mi sveglio a fatica, per la prima volta ultimo.

La Casa del Cuculo ci saluta con l’omaggio di giuggiole color ruggine appese ai rami. Siamo in ritardo, ma non possiamo rinunciare a una piadina romagnola per strada.

La E45 ci accompagna tra gli spuntoni rocciosi dell’Appennino, fino al cancello di Frigolandia, dove i cani di Sparagna ci vengono incontro festanti. La casa di Vincenzo è un’esplosione d’immagini e colori, d’invenzioni che si calano dal soffitto come sogni che sbocciano ad occhi aperti. Leggiamo attorno alla tavola, in un silenzio religioso e blasfemo che sa di vino.

Siamo arrivati fin qui, non sembra vero. Domani ci attende il mondo di tutti i giorni, le piccole battaglie che siamo ormai abituati a perdere, ma domani è ancora lontano su questi colli cullati dal latrare dei cani…

Simone Ghelli

Questa notte dormo benissimo nel frickettonismo della Casa del Cuculo, sciallato in terra come meglio non si potrebbe. Russo in maniera esponenziale ma al mattino la gente crede che sia stato il Liguori ed io mi sto zitto. Colazione con yogurt fatto in casa, marmallata fatta in casa, torta fatta in casa, caffè fatto in casa nel quale metto dello zucchero fatto in casa con un cucchiaino fatto in casa, su un tavolo fatto in casa e mi siedo su una sedia fatta in casa proprio fuori la casa fatta in casa. Mentre mangio c’è un cane che vomita ma non ci faccio caso più di tanto. L’umore è ancora un po’ in down anche se la visione di un bimbo che pesta le merda di campo tentando di camminare mi fa sorridere molto. Mi arriva una telefonata inaspettata con una notizia inaspettata che inaspettatamente mi rigenera parecchio l’umore ma è l’ora di partire. Si salutano i ragazzi della casa con abbracci e bacioni. Nella via del ritorno mettiamo sotto il bianconiglio che ci ha tenuto compagnia la sera prima e dopo una brevissima sosta per una piadina ed un crescione si parte per Frigolandia (la piadina me la ricordavo più mordida una volta, ma la vita è dura). In auto il Ghelli dice che Frigolandia è vicino a Fornolandia e mi fa ridere. Poi arriva la Pinchi e dopo un pò di vino e quattro chiacchere si anizia l’anomala lettura informale attorno ad un grande tavolo. Oggi è sciallo, oggi è lettura senza palchi e senza microfoni, oggi lettori ed ascoltatori si miscelano e si confondono. Barbara Pinchi mi piace sempre quando legge anche se questa volta non si è levata le scarpe come fa di solito. Poi si cena con un minestrone di riso da paura che manco Ratatooile avrebbe saputo fare così buono e dopo altro vino ed altre chiacchere il gruppo si avvia verso Roma. Il tour è finito, le emozioni sono state parecchie, potrei commuovermi nel ricordarle, quindi le cancellerò tutte. 🙂

Si ritorna ai tram ed i motori della Prenestina, si ritorna al caos stupendo di sotto casa, si ritorna al lavoro per pagare l’affitto… ma dopotutto, si ritorna pure al letto da una piazza e mezza dove fare l’amore. Quindi vediamo di tornare al più presto. Passo e chiudo.

Andrea Coffami

L’immaginario a cui è legato il nome di Vincenzo Sparagna mi è familiare e non nego di aver provato sincera emozione nel conoscerlo.

Giano dell’Umbria. Repubblica di Frigolandia.

Vincenzo è in cucina. Sta preparando una minestra con riso, cipolle e patate.

Sarà per il luogo, incastonato tra verdi monti. Sarà perché è l’ultima data del nostro tour e le tensioni sono state ormai scaricate. Fatto sta che ci sentiamo distesi, affatto preoccupati.

Parliamo a lungo con Sparagna di un po’ di cose.

Qualcuno intanto arriva. Poche persone. Alcuni amici.

All’interno del museo dell’Arte Maivista, circondati dalle tavole di Andrea Pazienza, Tanino Liberatore, Filippo Scozzari, iniziamo la nostra lettura.

Siamo tutti intorno a un grande tavolo. Insieme a noi precari c’è la poetessa Barbara Pinchi.

Qualcosa di intimo. Senza sforzi di voce. Scrittori precari in versione unplugged.

Finisce intorno a un altro tavolo, quello della cucina. Tutti insieme a mangiare la minestra di Vincenzo che è una vera delizia.

Poi il ritorno verso Roma.

Radio 1 trasmette un programma niente male. Ci sintonizziamo sulle note di Tomorrow dei CCCP, la canzone successiva sta nell’album Daydream Nation dei Sonic Youth ma non ricordo il titolo.

Tra le note si perdono gli ultimi minuti di un tour che, tirando le somme, è stato un successo.

Per la prima volta scrivo il Diario di bordo dal mio studio. Domattina lo spedirò al sub-comandante Liguori.

Non è la stessa cosa.

Esser qui da solo è, per forza di cose, meno divertente.

Ma piuttosto che farmi attanagliare dalla malinconia, preferisco stringere al petto tutti i momenti memorabili che abbiamo vissuto pensando che ne vivremo ancora.

So che ci crediamo tutti. So che in ottobre saremo a Benevento. So che saremo a Torino e forse anche a Monza. E poi a Roma, almeno una volta al mese.

No. Solo il tour è finito, il resto è all’inizio. Il mio romanzo ormai terminato. La mia nuova opera di poesia anch’essa bell’e pronta. I nuovi romanzi del Ghelli e di Liguori. I racconti in olio di oliva di Zabaglio. Un libro da scrivere tutti insieme. Ne avremo di cose da fare, visto che in tutto questo ci sarà da barcamenarsi pure col lavoro.

La Romagna, come le colline umbre, mi hanno riportato prepotentemente al progetto più importante che ho. Quello di andarmene per sempre da una città che ormai mi appare sporca, volgare, insipida, inquinata, maleducata e prepotente. Tornare ai luoghi a cui appartiene il mio sangue. Ai monti Aurunci, dove poter dare importanza a ciò che è veramente importante.

Non ora però. Adesso voglio quello che è nato in quasi un anno di Scrittori precari.

Il desiderio di continuare quest’avventura fa puzzare meno il fumo delle marmitte, dando persino un sapore a questa città stuprata.

E non mi sento così idiota a considerare “lo scrivere” come una priorità e non come un passatempo.

Il precariato ha anche questo aspetto. A pensarci bene un lavoro fisso non me lo saprei tenere.

Luca Piccolino