Pubblichiamo in anteprima un estratto da Il male, nuovo romanzo di Massimiliano Santarossa in uscita per Hacca il 6 novembre. Un altro breve estratto lo trovate sul sito della rivista Satisfiction.
Tra le mura di cemento, perso nei vicoli bui, si muove osceno un semivivo. È uno dei molti che popolano la terra, sono i creati a immagine e somiglianza del padre, ma divenuti per scelta diversi, disfattisi nel tempo con le proprie mani, per volontà personale, per superare il vuoto, per giungere ovunque, soli. Non sono forse costoro divinamente nuovi? È potente ciò che porta con sé, profondo è il male suo, ancestrale la paura che lo possiede e guida.
Lo seguo. Leggi il resto dell’articolo
Questa è la storia misteriosa di Giornaletto, il matematico ingegnere inventore che scomparve nel nulla nel bel mezzo della notte.
Tutti noi abbiamo in casa almeno un’invenzione di Giornaletto: il frullapesce, il piccolo evitatore di onde sonore, un calcolo renale, il sovracoscia, il mandatore a quel paese, il toglicavallo, il grattacapo e molti molti altri.
Una sera, dopo aver inventato con somma gioia il portafilo, Giornaletto decise di fare una passeggiata ristoratrice nel bosco che Leggi il resto dell’articolo
In anteprima assoluta il primo capitolo del nuovo romanzo di Claudio Morici, L’uomo d’argento (edizioni e/o) nelle librerie dall’11 aprile. Qui potete leggere la recensione di Luca Moretti su TerraNullius. Buona lettura
1.
Quella mattina mi svegliò Noemi. Aprii la porta e mi ributtai sotto le coperte. Quando posò il sedere sul materasso neanche me ne accorsi. Mi svegliai una seconda volta con il rumore del tappo della birra. Tlac! Cominciò a parlarmi di Daniel, di come andava tra loro. Diceva:
«Non lo amo neanche un po’».
E io:
«Sicura?».
«Giuro. Sai che vuol dire: “Non lo penso”?».
«Proprio mai?».
«Be’, quando stiamo insieme, parliamo, ci baciamo… certo che “lo penso”: mi sta davanti! Ma appena, chessò, appena giro la testa dall’altra parte me lo dimentico».
«E come ti senti?». Leggi il resto dell’articolo
Nel settembre del 1919 il poeta Gabriele D’Annunzio entra a Fiume per restituirla alla sua patria.
Questo per gli storici, i politici e i generali.
Ma l’impresa di Fiume, almeno per chi vi partecipò, per i legionari Arditi, per i poeti e le anime perse, per l’eroico aviere Guido Keller, per tutti quelli che, in quel finale di guerra, trovarono così difficile tornare a casa, non fu esattamente questo. E, anzi, la maniera radicalmente diversa in cui questi ultimi vissero Fiume, Città di Vita, fu all’origine di non poche drammatiche conseguenze; tali che i patrioti entrati a liberarla, i granatieri, i bravi carabinieri del generale fedelissimo al re Rocco Vadalà, se ne dovettero uscire via subito, pieni di sdegno e di imbarazzo: Fiume era un vero puttanaio: Arditi, sbandati, artisti di mezza tacca, orge in mezzo alle strade, donne che si davano a chiunque, e gli uomini pure con gli uomini; e la popolazione che veniva nutrita fantasiosamente a cocaina. Ma questo sarebbe ancora un metodo come un altro per vivere, perché il grave era che a Fiume, per vivere, il cibo e i soldi il Comandante D’Annunzio se li procurava come un ladro. E certo, perché, con il suo estro da poeta, il Vate aveva ribattezzato la marina militare fiumana con il nome degli antichi pirati dell’Adriatico, gli uscocchi, e l’aveva mandata a derubare le navi degli altri, al grido di eia eia alalà.
A Fiume si campava con la pirateria, sebbene si dicesse che, oltre che sulla provvidenza piratesca, D’Annunzio dovesse fare conto sull’aiuto di qualche banchiere: ma molti troveranno la differenza troppo sottile. E non finisce mica qui, perché si diceva anche che a Fiume erano peggio dei bolscevichi, e che Lenin in persona avesse approvato tutta la questione: Carli e Marinetti, con le bombe a mano nella giacca, a Fiume si presero una bella ubriacatura comunista. Insomma: un puttanaio: un immenso puttanaio.
Drammatiche conseguenze, perché, si capisce, la questione era delicata: quando finalmente il governo italiano avrebbe messo fine a quello schifo, cosa avrebbe pensato la gente? Che si stava sparando su altri italiani? Su dei patrioti che avevano voluto restituire una città italiana all’Italia? Oppure avrebbe pensato che si faceva un’accorta e doverosa piazza pulita di anarchici, puttane e schifosi vari?
Si può essere sicuri che chi comandava, lì a Roma, Nitti prima, e poi Giolitti, dovettero pensarle tutte, e non sapevano più a che santo votarsi: cercarono di convincere D’Annunzio in tutti i modi a tornare indietro, a fare il bravo, ma quello doveva essere impazzito e, anzi, che D’Annunzio era diventato matto da ricovero lo dissero e sottoscrissero pure Badoglio e Mussolini, spediti a farlo ragionare.
Le provarono tutte, certo, prima di arrivare alla tragedia che si sarebbe consumata nel Natale del 1920, quando le truppe italiane, comandate dal generale Caviglia, entrarono nella città di Fiume, nell’Olocausta, nella Repubblica del Carnaro, e si misero a sparare.
Le provarono tutte.
E non solo il governo italiano: verso la fine, dicono che un’organizzazione clandestina, non meglio identificata in quanto a nazionalità e intenti, preparò un attentato contro D’Annunzio. Non si capisce se l’attentato prendesse le mosse da Vienna o da Roma; o da entrambe le città. La storia è confusa.
Dicono, inoltre, che prese parte a questo attentato anche l’eroe di guerra, il patriota Italo Serra, capitano della dodicesima compagnia dei Lancieri di Novara.
Ma su questo punto la Storia, malgrado sia proprio la storia che stiamo per raccontare, è ancora più confusa.
E, in fondo, è onesto dire fin dal principio che questa storia potrebbe non essere mai avvenuta; potrebbe non essere mai capitata a nessuno.
* Prologo del romanzo Fiume di tenebra – L’ultimo volo di Gabriele D’Annunzio(Castelvecchi). Da ottobre nelle librerie.
Una terra meravigliosa e ribelle sceglie la strada dell’insurrezione, con un poeta a capo della rivolta e un manipolo di anarchici, avventurieri e arditi pronti ad accorrere per sostenere rivendicazioni che parlano di giustizia e di libertà. Questa è Fiume all’indomani della Prima Guerra Mondiale.
Per molti un esempio da seguire ma, per il governo italiano, soltanto uno scandalo da sopprimere il prima possibile. In attesa che l’esercito dei Savoia compia il suo dovere, una congiura internazionale ordisce un piano per attentare alla vita di Gabriele D’Annunzio. L’esecutore di un simile intento è Italo Serra, un ufficiale specializzato in missioni coperte: uno dei tanti soldati che non possono e non vogliono tornare a casa dopo l’esaltazione tragica che il conflitto ha instillato nelle menti di una generazione di combattenti.
Durante gli ultimi giorni di vita della reggenza dannunziana, nel corso del Natale di Sangue del 1920, quando le truppe regolari del generale Caviglia spazzeranno via il sogno fiumano, il capitano Italo Serra – ammaliato dalle personalità dello scrittore Giovanni Comisso, del tenente Guido Keller e della bella Ada – scoprirà come tutto ciò in cui ha creduto fino a quel momento sia soltanto un inganno: un’illusione fatta rivivere attraverso pagine sorprendenti, dedicate al lato sconosciuto del tentato omicidio di Gabriele D’Annunzio e a un episodio della storia contemporanea italiana a lungo rimosso e mistificato.
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