Lotta di classe

Scena 1 [Pisa, esterno notte]

Riccardo esce dalla redazione del Tirreno e si accende una sigaretta. L’aria della sera promette dolcezze notturne ma nasconde un retrogusto amaro.

“Stronzi” sussurra lui aspirando la camel. Non lo pagano da quasi due mesi e intanto gli hanno commissionato un altro articolo per il giorno dopo. Non ne può più di lavorare per la gloria. Meno male che c’è la casa editrice a pagargli i conti: meglio passare le notti a rovinarsi gli occhi sulle ambizioni di gloria di qualche idiota che tornare a Massarosa con la coda tra le gambe.

Il cellulare suona e Riccardo reprime una bestemmia.

“Sì Lauro sono io, dimmi. Tremila battute, ho capito. Sì lo so dov’è, ci sono già stato l’anno scorso, non ti ricordi? Sì, tranquillo, buonanotte”

Riccardo respira profondamente e scorre la rubrica del telefonino.

“Vale ciao, che fai? Sei a casa? Ci vediamo tra cinque minuti”

I pensieri si affastellano come polvere sotto il divano e Riccardo si concentra sulle cosce di Valentina. Sono bianchissime e sode, ma non troppo magre. Da donna, anche se lei è solo una ragazzina. Ma lo adora e lui si è invaghito di quest’adorazione, ne è ormai dipendente.

“Dovrei mollare tutto e andare a Roma da Gianni” pensa Riccardo mentre percorre in trance le strade di Pisa. Si conosce: non riuscirà mai a mollare questa città e le sue sicurezze precarie, ma sapere di poterlo fare lo consola.

Si sporge dalle spallette dell’Arno e guarda la cicca volare giù lentamente.

Le facciate dei palazzi colorano l’acqua di luci e da lontano – come un miraggio – spunta l’odore del mare.

Riccardo stringe i pugni dentro la giacca di velluto e immagina le labbra di Valentina. Non lo eccitano neppure un po’: è solo l’idea di un pompino fatto per bene a risvegliare i suoi sensi.

Un uomo deve pure tenersi stretto quello che ha, anche se sono solo fantasie da porno amatoriale.

Scena 2 [Massarosa, interno giorno]

“Ma ancora stai dietro alle cazzate che ti racconta?”

“Che ne sai tu di come campa Riccardo…”

“Oh se lo so! Fanno tutti i letterati del cazzo, questa è la verità, ma nessuno si mantiene da solo, fidati. Uffici stampa, correzione di bozze, collaborazioni con giornali, se mettono insieme 400 euro al mese è oro che cola. E il resto lo sgancia il papi!”

“Allora è meglio vivere come facciamo noi, secondo te?”

“Non è meglio né peggio: è necessario e basta. I miei non vogliono aiutarmi, i tuoi non possono. Punto. Non è questo il problema. Lavorare non mi ha mai pesato”

“Allora cos’è? Dai ammettilo Manuele, sei invidioso”

“No cazzo, non è invidia. È la loro spocchia che non sopporto. Maledetti figli di puttana. Io voglio un po’ di rispetto. E poi parlano di precariato! Con il loro precariato intellettuale mi ci pulisco il culo. Non lo sanno che tu fai le pulizie con una cooperativa e che sei assunta con l’interinale? Mi fanno schifo”

Mara scuote la testa e si versa un altro bicchiere di birra. La domenica è agli sgoccioli e la sua pazienza pure.

Manuele ha ragione ma non può capirla. Quello che a lei manca, quello che invidia a Riccardo, è solo la capacità di coltivare un sogno.

Ilaria Giannini

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