Peggio dei documentari con gli sciacalli che sbranano i cerbiatti *

all in all is all we are
all in all is all we all are
all in all is all we are
all alone is all we all are

Intervistare questo soggetto è come lanciare una palla a un cane e il cane invece di scodinzolare e correre a prenderla rimane lì piantato e ti guarda un po’ imbambolato come a dire Vattela a prendere tu la tua palla che io ho da fare, anche se non ha niente da fare, il cane, forse è solo stanco, forse è solo una brutta giornata, forse i cani sono pieni di brutte giornate, forse la tua palla non la vuole nessuno.
La moda delle chitarre anni ’80 è finita, dice il cane, quel modo di suonare non ha più senso, era ora che qualcuno inventasse dei nuovi effetti, dei nuovi suoni, un nuovo modo di trattare gli amplificatori: bisogna tornare all’udito come istinto primordiale, alla foresta in cui ti aggiri e ti perdi, cacciatore, e senti spezzarsi un ramo alla tua sinistra e ti volti di scatto e il cuore ti finisce in bocca e a quel punto ti ricordi a cosa serve l’udito: l’udito serve a orientarsi, a sapere dove sono i pericoli, è per questo che nelle orecchie c’è il labirinto, è per questo che certe chitarre sono un suono bugiardo, le senti e non sai da dove vengono, o dove ti stanno portando, ti perdi, ti farai sbranare, cacciatore, occhio.
Spalmato sul divano con un cartone di pizza appoggiato sulla pancia, anzi, sul petto, vicino alla bocca, per non sporcarsi, per non allungarsi troppo, il cane continua a parlare. Le prime volte che prendevo una chitarra in mano Leggi il resto dell’articolo

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