Il mestiere del postino

di Simone Lisi

Il mestiere del postino ha un santo protettore: Carlo Bukoswki. I postini si muovono in motorino, coi loro motorini vecchi mezzi scassati che ogni tanto si fermano. Allora si nascondono nei bar o negli androni, dove è fresco. I postini si muovono per la città, l’attraversano, consapevoli o semiconsapevoli che la città gli appartiene, che le strade si aprono a loro, che le scorciatoie, gli incroci, che i lavori al manto stradale, i locali nuovi e quelli che chiudono, si dispiegano a loro, sono come un libro. Poi suonano i campanelli e la gente è scostante, annoiata, ha caldo, ha freddo, è stanca, non lavora, e soprattutto non ha voglia di firmare raccomandate. Oppure non ha nessuna delle cose di prima e ha una enorme voglia di firmare per tutti, anche per i condomini assenti, così da poterli dopo intercettare, scambiare due chiacchiere: l’amministratore di condominio come una promessa di felicità. Io in ufficio attendo i postini e lavoro la loro posta. Postalizzo, che è un verbo inesistente fino a due mesi fa, anche al Devoto Oli. Postalizzo dalle nove alle tre, poi attendo i postini, telefono ai postini se ci sono emergenze, oppure ricevo telefonate dai postini se i loro motorini si sono fermati e le cose si complicano. Io non potrò fare quasi nulla, per loro, ma loro lo sanno che, se io potessi, farei qualunque cosa. I postini sono per me come Leggi il resto dell’articolo

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Essere qualcun altro

Alcune considerazioni su Nessuno è indispensabile e Mabel dice sì

di Vanni Santoni

Qualche giorno fa ho ricevuto un pacchetto quantomai gradito dall’ufficio stampa Einaudi: conteneva infatti due libri che attendevo con curiosità di leggere, scritti da autori per i quali, prima di averli conosciuti, avevo provato un particolare sentimento: la volontà di essere loro. Ma veniamo subito all’aneddotica, affinché non mi si tacci di stramberia o esagerazione.
Era il 2007 e avevo appena pubblicato il mio primo libro. Si trattava di un libriccino piccolo così, pubblicato da un editore piccolo così. Era però distribuito, il che era sufficiente a dar fiato al mio ego: una sera di maggio ero con un’amica in una libreria caffè della mia città; vedendo il libro in scaffale ella (con mia somma gioia, si capisce) se ne appropriò, e io potei, con la vana, pomposa soddisfazione che solo chi ha appena pubblicato il suo primo, minuscolo libro può avere, farle la grazia di una dedica. Esattamente in quel momento – giuro! – un tizio che a occhio poteva essere mio coetaneo stava dedicando un suo libro a una sua amica. Un libro Einaudi! A quei tempi non sapevo granché di editoria, dunque non avevo dubbi che gli autori delle grandi case editrici fossero innanzitutto morti, certo mai giovani, e comunque situati in un piano di esistenza differente dal mio. Mi sentii un lemure al cospetto di un potente demiurgo. Avrei voluto essere lui. Leggi il resto dell’articolo

Appunti per un futuro letterario all’insegna dell’inconsistenza – parte seconda

[Leggi la prima parte]

1) Sostenere che non esistono i generi letterari: uno scrittore è uno scrittore e basta.

2) Progettare la stesura di un thriller psicologico.

3) Di un romanzo noioso, dire che è un magistrale esempio di sobrietà.

4) Pronunciare in maniera personalizzata i nomi di autori russi e francesi.

5) Spedire a molti editori, insieme al proprio manoscritto, una lettera di presentazione in cui si sottolinei il fatto che la propria opera è stata giudicata con estremo favore da ben quattro persone, tra parenti e amici, tutte laureate (non è necessario specificare in cosa). Leggi il resto dell’articolo