La marcia dei libri contro la politica dell’evasione

C’è una cosa che colpisce più di tutte, della giornata del 14 dicembre: più della compravendita dei voti, delle strategie politiche, delle reciproche accuse.

Ciò che colpisce, a mio avviso, è l’inarrestabile fuga della politica nel mondo della finzione.

L’immagine, per la seconda volta in pochi giorni, dei luoghi istituzionali isolati dal resto della città, non può più essere definita semplicemente emblematica; è reale. Essa non rappresenta, bensì indica la distanza, la spaccatura che si è creata tra chi non fa che parlare (verbo da cui d’altronde deriva il termine parlamento) e chi il diritto alla parola deve invece conquistarselo giorno per giorno.

La cosa che più colpisce, che fa male, è questa indifferenza della politica nei confronti di una generazione (quella degli studenti) e di una condizione (della precarietà), alla quale questi stessi ragazzi non vogliono arrendersi.

Mentre la maggioranza dei deputati sventolava il tricolore con la foga del tifo da stadio, l’Italia, quella di domani, urlava la propria sfiducia per le strade. Faceva davvero uno strano effetto, vedere il passato che plaude a se stesso; sembrava di rivedere un film di Visconti, dove la Storia non è mai protagonista, eppure se ne sente la presenza, il suo rumore distruttivo che avanza.

Ciò che invece non colpisce più, è la solita trita abitudine a liquidare tutto con certe parole; a ridurre un fenomeno vasto e complesso come una manifestazione costituita da varie componenti, all’immagine di alcuni episodi di violenza.

Ciò che non colpisce più è l’incapacità della politica di dare risposte, di creare valide alternative; l’ipocrisia con cui ci si scandalizza davanti a questo spettacolo incivile (figurarsi, poi, a ridosso del Natale), quando a indignarsi sono gli stessi che non si risparmiano in risse televisive e parlamentari.

Ci lamentavamo, fino a ieri, dell’incapacità di questi “giovani” di creare un fronte comune, di rivendicare i propri diritti; li accusavamo di essersi adeguati in silenzio alle leggi della flessibilità.

E invece si sono schierati coi loro libri, dove trovano più risposte che nella politica. Certo, sarebbe stato bello vederci anche un Bertolt Brecht, scritto fra quegli scudi; al drammaturgo tedesco non sarebbe dispiaciuto affatto lo spettacolo di questo gesto sociale, del prolungamento della letteratura al di fuori della pagina scritta. La linea dei book bloc, il fare fronte comune dietro lo scudo dei libri, può essere infatti preso come atteggiamento di una società che non si riconosce più nel teatrino della politica; di una generazione che non vuol più partecipare alla messa in scena nei panni dello spettatore passivo. Quelle immagini più volte riviste, dell’avanzare dei titoli scritti a caratteri cubitali, costituiscono insomma l’esibirsi del processo stesso, di un percorso che attraverso la lettura ha portato alla presa di coscienza, allo smascheramento della grande finzione; il delinearsi talmente preciso di un atteggiamento da essere riproducibile in condizioni e situazioni diverse, da essere citabile nel senso in cui l’intendeva Walter Benjamin proprio rispetto al lavoro svolto da Brecht.

Ed è proprio questo che è successo: dall’Italia a l’Inghilterra, da Roma a Londra, uno stesso gesto contro i tagli alla cultura e all’impoverimento del futuro prossimo.

Simone Ghelli

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Poesia precaria (selezionata da A. Coffami) – 9

Girolamo Grammatico. Di lui so ben poco, l’ho intravisto per ventisei secondi in via del Pigneto però lo immaginavo diverso. Più elettronico e vi dirò: più anziano. Invece Girolamo Grammatico è uno giovane, avrei dovuto leggere prima l’età sul libro e sul sito ma era un nome che mi ronzava da anni in testa quando si faceva gli slam a Milano ed ogni tanto sbucava questo nome (Girolamo Grammatico) e si diceva un gran bene di lui. E allora con quel cognome così scolastico mi pensavo fosse un professore… ed invece ha la barba e saluta come fanno i giovani. Allora ho letto il suo libro POESIE SENZA ADSL (Giulio Perrone Editore) ed è proprio bello: futurista al punto giusto, pop al punto giusto, ironico al punto giusto e romantico al punto giusto. Una poesia “leggera” ma non per questo minore, anzi. POESIE SENZA ADSL lo consiglio, compratevelo e non fotocopiatelo perché ci stanno pure delle immagini dentro ed in fotocopia vengono male ed inoltre vale la pena leggere ogni tanto una sua chicca. Seguitelo sul suo blog, Percezionesociopatica, quando avete dieci minuti per rinsavire dalla monotonia della vita moderna. E poi vedrete gli oggetti che vi circondano con occhi diversi. Anche i più tecnologici avranno un’anima, un’anima tutta loro… e tutto ciò stranamente non è inquietante.

La poesia che vi propongo, tratta da POESIE SENZA ADSL (Giulio Perrone Editore), è Canzoni d’amore. Leggetevilla!!!

Andrea Coffami

CANZONI D’AMORE

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canzoni d’amore

italiane

dagli anni ’60

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Chissà che faccia farai

quando all’appuntamento

per la compravendita

troverai me

che te l’ho regalato.

Girolamo Grammatico