Poesia precaria (selezionata da L. Piccolino) – 4
agosto 24, 2009 Lascia un commento
Rieccoci pronti ad un nuovo excursus poetico.
L’agosto in città può cuocere i cervelli e spingere a trascorrere il proprio tempo in malinconiche stanze munite di aria condizionata, soprattutto con il caldo record di questi giorni.
Nella mia ricerca di refrigerio ho portato nel borsello alcuni fogli stampati. Era una raccolta poetica intitolata Consapevoli della fine di Francesco Petetta.
Consapevoli della fine è un lavoro interessante, genuino, essenziale e solo a volte spigoloso.
Mi sono trovato a mio agio nelle sue atmosfere. Quel senso di malinconia carnosa e metallica, i luoghi, le città, i nomi. Situazioni e sensazioni che mi viene da associare ad alcuni scrittori americani o a qualche contemporaneo italiano che a loro si ispira (vedi Emidio Clementi).
Parlando di Francesco Petetta diremo che è nato a Roma nel 1982 e dice di non amare la poesia.
Fa parte del progetto musicale Hyaena Reading, collabora attivamente dalla primavera del 2005 con il collettivo di artisti FPML (Fronte Popolare per la Musica Libera), è socio fondatore della Free Hardware Foundation Italia (dicembre 2006) , vende gelati e possiede anche una bicicletta.
Partecipa casualmente al Teranova Festival (performance poetiche tra Francia e Italia) nel 2005, 2006, 2007 e 2008, collaborando con amichetti e perfetti sconosciuti: Gianluca Bernardo e Claudio Mancini (Rein), il poeta-pittore-musicista Alain Amsellem, Giovanni Santese.
Nel maggio 2006 collabora come bassista fantasma alla realizzazione del disco Ballate di fine inverno di Franco Fosca, Gianluca Bernardo e Giovanni Santese.
I suoi testi Natale e Un paio di richieste sono stati pubblicati nell’antologia Teranova 2006 (Ars Multimedia / Orient-Occident).
Se non fosse per ciò, non avrebbe ancora pubblicato nulla di cartaceo, e di solito non gliene frega nulla.
Atto d’amore
Come quando ti ho detto che andava tutto bene
Come l’amplesso che ogni animale cerca
e sa che porterà con sé bocche affamate di vita
Come Villeneuve e Arnoux a Dijon, in Francia
nel ’79
Come un adolescente alle prese con uno strumento musicale
Come una madre la cui unica spinta è da cercare
negli occhi dei suoi figli
Come quando mi mentirai, per troppo bene
Come quando sarò sincero, per troppo bene
Come la schiena di un uomo rotta inseguendo un sogno
Come i miei sacri occhi, frutto di mia madre e mio padre
che ti cercano
ora
tra miliardi
sapendo di essere
e generare
un atto d’amore.
* La presente opera è pubblicata nei termini di una licenza con alcuni diritti riservati: Creative Commons attribuzione – non commerciale – condividi allo stesso modo 2.5 Italia
Con aggiunta della licenza Diffusion a cura dello sportello Liberius
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