La legalità? Attenti a quando scade! /5

La legalità scade perché è frutto di una dialettica, quindi maciullata dal meccanismo dell’integrazione fra opposti. Ad aggravare la mobilità della legalità ci si mette il sistema economico industriale che, strappando all’agricoltura (sottoposta molto di più a vicissitudini extraumane) il primato produttivo, consente all’uomo di darsi sue proprie regole di vita in misura decisamente maggiore. E qui nasce il problema: queste regole che l’uomo si dà sono di valore o di principio? Leggi il resto dell’articolo

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La legalità? Attenti a quando scade! /3

Col Giusnaturalismo osserveremo la nascita di una concezione di giustizia che si basa sulla reciprocità, come la giustizia commutativa di Aristotele, e sul sistema di limitazione reciproca (secondo cui la propria libertà finisce dove comincia quella degli altri). E in ogni caso si tratta di un diritto connaturato con l’uomo, anteriore a qualsiasi altra legge scritta.

Avremo un cambiamento radicale con Hobbes, che teorizzerà l’esistenza del diritto naturale di tutti su tutto, che automaticamente si vanifica piombando nell’ambito della casualità e dell’arbitrio soggettivo. Egli sosteneva – rientrando pienamente nell’ambito del nominalismo – che se non vengono scritte leggi, non è possibile infrangerle; per questo, finché non si trova un capo assoluto a cui affidare il destino della comunità, le leggi non esisteranno e tutti potranno agire liberamente secondo il suddetto diritto che tutti possono vantare nei confronti di tutto. Insomma, ci dice che non esiste alcuna regola a cui dobbiamo sottostare che non abbiamo codificato noi stessi. Per dovere di chiarezza, inoltre, bisogna dire che perfino Hobbes aggiungerà che serve un capo a cui sottomettersi per poter trovare un ordine in cui vivere serenamente. Leggi il resto dell’articolo

Patagonìa *

Domani partiamo. Dove andiamo, amore mio?

Sappiamo che non sarà una festa ma una marcia funebre. Marcia. Una promessa ventenne che non può essere smentita affinchè l’apparenza sovrasti la ragionevolezza e tutto appaia per quello che non è mai stato. La simulazione di un idillio. Un’idilliaca simulazione. Monelli che giocano agli indiani in un acquario di pellirossa senza scalpi. Senza scampi di coppia, via di foga. Arrembante inezia dell’inerzia. Farsa di gravità che tutto ingravida affinchè tutto graviti. E che nessun meteorite oltraggi il cielo stellato del nostro presepio miscredente. Non vedi, amore mio, che non ci sono più le stelle. Non vedi, amore mio, che non c’è più il cielo? E, magari, intravvedessimo qualche meteorite, almeno potremmo respirare ancora un universo di guerra e tumulto, di apocalisse e fuoco. Almeno, potremmo ancora corrisponderci come divise nemiche cospiranti verso comuni aspirazioni: Tregua, Pace, Convivenza.

Sento la chiave incidere nel cancello i suoi riconoscibili battiti. Sei tornato, amore mio. Ti aspettavo.

Sento i tuoi passi dirompere sulle scale. Eccoti, amore mio. Sei arrivato.

Sento la tua presenza gigante dietro alla porta del bagno. Si, amore, sto aspettando. Parla pure. So quello che dirai. Ti prego, dillo.

“Rosa, devi stare ancora molto? Fai presto.”

Faccio presto. Esco. Probabilmente vorrà parlarmi a letto. Hai ragione, amore mio. Vero, che ti sei accorto che piangevo? Vero, che tra un attimo me lo dirai? Vero, che saprai dirmi le parole giuste?

Ti lavi, ti spogli, t’infili mestamente sotto le coperte. Questo è il momento. Rimango in attesa.

“Hai preparato le valigie?”

“Si.”

“Bene. Buonanotte. Domani sveglia alle 6.”

Inizia così la mia storia.

Finisce così la mia storia.

Buonanotte.

Dario Falconi

* Anteprima di Patagonìa (Prospettiva editrice – collana BrainGnu)