Quell’incompiutezza temibile e tremenda a un tempo

di Fabrizio Gabrielli

C’è questo passaggio in A room of one’s own di Virginia Woolf, quello in cui si osserva che “i libri si continuano l’un l’altro, a dispetto della nostra abitudine di giudicarli separatamente”, che m’è sempre sembrata un’affermazione insieme piena di livore e commiserazione verso chi giudica separatamente i libri: porèlli loro, che sempliciotti, viene da dire. Mi piace pensare che quell’a dispetto la Woolf l’abbia messo là, così vicino a nostra abitudine – weasel word della peggior specie, nostra, come sarebbe a dire, nostra di chi? – ecco, per dispetto.
I libri si continuano l’un l’altro nella testa di chi li scrive e di chi li pubblica, figuriamoci se non lo fanno pure in quella di chi li legge, Virginiabè, anima mia.
Il filo di seta che li lega, poi, tutt’altro paio di maniche: quello sì che è meritevole d’approfondimento. C’è chi traccia sentieri critici e chi si lascia meramente trascinare da un fiuto emozionale, olfatto che mena a un tartufo dopo un tartufo e prima dell’altro. O forse è tutta una fatamorgana, vallo a capire.
M’è capitato recentemente di imbattermi – encore une fois – in uno di questi maelström in cui Leggi il resto dell’articolo

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La scena è viva, viva la scena

Alcune considerazioni su L’O di Roma, Il nome giusto, Palacinche, Gatto Mondadory e il telefonino fatato.

di Vanni Santoni

Tommaso Giartosio ha avuto per me la funzione di un Caronte della letteratura: ricordo bene, quando in un 2008 che appare già lontanissimo, mi intervistava per Fahrenheit di Radio 3. Parlavo del mio Gli interessi in comune con questo tipo dai capelli bianchi, gentilissimo, competentissimo, e avevo la sensazione che finalmente si iniziasse a fare sul serio: di avere, insomma, un piede nel mondo dei libri. Mi ha fatto quindi sommamente piacere ritrovarmelo vicino di casa presso Contromano di Laterza: il suo L’O di Roma – in tondo e senza fermarsi mai è uscito subito dopo il mio libro nella medesima collana e vi ho ritrovato anche una certa, sia pur involontaria, continuità formale: il mio itinerario attraverso Firenze è narrativamente circolare così come quello di Giartosio attraverso Roma è fattualmente circolare. Il libro segue infatti l’autore mentre, fissato un centro in piazza Venezia e un raggio di quasi due chilometri, traccia una circonferenza attraverso Roma e poi la attraversa con rigore a tratti folle, cercando di superare qualunque ostacolo, abitazioni private incluse, pur di non lasciare la linea immaginaria che ha stabilito. Leggi il resto dell’articolo

Appunti per un futuro letterario all’insegna dell’inconsistenza – parte prima

1) Fingere di rivalutare autori di scarso rilievo, da tempo accantonati dalla critica.

2) Provocare una discussione sul noir e sul poliziesco, possibilmente in un’occasione ad alto contenuto letterario quale un buffet post-presentazione di libro di nota casa editrice e di altrettanto noto autore. Attendere che siano state espresse con sicumera almeno quattro banalità e a quel punto annunciare, aiutandosi con una gesticolazione denotante grande ingegno, l’intenzione di scrivere un romanzo il cui protagonista tenti di farsi uccidere da tutti i serial-killer del mondo senza mai riuscirvi. Aggiungere, nell’attimo di pensoso silenzio che di certo seguirà la sconcertante rivelazione, che il titolo dell’opera sarà “Serial-killed”. Ora, almeno uno degli interlocutori non resisterà alla tentazione di far notare quanto sia sciocco un titolo del genere, poiché il tizio, di fatto, non viene mai ucciso. Schiaffeggiare moralmente il malcapitato o la malcapitata assumendo un’espressione incontestabilmente freudiana e il tono di voce pacato e accomodante di chi spieghi a un bambino, per la terza o quarta volta, una qualsiasi ovvietà. Con questi due semplici accorgimenti, replicare con la seguente battuta: “Ma è proprio questo il punto: il fulcro del mio romanzo sarà l’atto mancato”.

3) Scrivere un racconto su un alluce il cui motto sia: “Perché io valgo”. Leggi il resto dell’articolo