La società dello spettacaaargh! -18

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Caro Jacopo,

il tuo discorso sulla vittima mi ha fatto venire in mente una delle prime pagine de La società dello spettacolo, quando Debord dice: «Lo spettacolo non è un insieme di immagini, ma un rapporto sociale fra persone, mediato da immagini», spettacolo che, nella rappresentazione, distanzia ciò che una volta era direttamente vissuto, e spettacolo che, nelle emozioni che suscita, ci lega a quelle rappresentazioni, e alla realtà che incarnano, che non è la realtà, ma una realtà. Una realtà però che, pompata emotivamente, ingigantita, dilatata e moltiplicata crea, di emozione in emozione, di relazione sociale in relazione sociale, una realtà che per noi è la realtà, anche perché, per l’appunto, non è nostra esperienza esclusiva, ma è inserita in una rete di rapporti sociali (credo che a Debord Facebook – libro, faccia – non sarebbe piaciuto).1 Ma è l’immagine il problema, o il nostro modo di guardarla? Leggi il resto dell’articolo

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La società dello spettacaaargh! – 6

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Caro Jacopo,

non ci avevo fatto caso, ma è più di un mese che ci alterniamo nello sbrogliare il famigerato gomitolo da cui tu hai tirato un primo filo. Questo dannato groviglio mi pare rimanga bello grosso e intricato, eppure qualcosa siamo riusciti a dipanare.
Archiviamo quelle definizioni che hai riassunto, ma con una riserva. Non sono convinto che l’assurdo «non dia scandalo»: o meglio, «scandalo» è una parola assai complicata e che può voler dire molte cose, è un nodo che va sciolto con cura e sano puntiglio; non a caso, in effetti, il suo antico significato è “trappola”, per cui o ci sono cascato dentro io, o bisogna davvero muoversi circospetti. Da noi l’assurdo produce indecenza e indignazione in abbondanza: dico quella autentica, quella che ci fa scattare quando un Brunetta se ne va dicendo «siete l’Italia peggiore». Il problema, mi pare, nasce quando si passa al «che fare?». E «che fare?», dall’omonimo libro di Lenin alla conclusione di Fontamara di Silone, non è una domanda da poco, e non è legata solo al qui e ora. Io avevo parlato di «distruzione di relazione logica con la realtà», perché mi pare quello l’effetto principale, l’emanazione più diretta a partire dalla fonte. Forse col tempo e nel tempo, per sfinimento, un uomo può arrivare all’indifferenza, al non provare più alcuno scandalo, ma non ritengo lo si possa dare per scontato: non sarebbe fatalista, da parte nostra? Leggi il resto dell’articolo