(Come un sole) Verde

di Pierluca D’Antuono

Il mio amico leghista è affranto. Lui si fidava, ci credeva davvero. Mentre mi parla s’illumina di un rancore immenso che mi trasmette come una venerea tristezza che marcisce a 18 fotogrammi al secondo. Per tirarlo su non basta il solito giro notturno per i marciapiedi della Varese carioca alla ricerca del nostro sogno padano primigenio. Questa notte il mio amico leghista è troppo triste per esotismi predatori, ha solo voglia di silenzio. Per distrarlo ordino altri 2 Disaronno ma il Bepi dice no perché sono le 3 e il Caraoke sta chiudendo.
Il mio amico leghista vuole andare a Lugano come se fosse sabato sera ma poi inchiodiamo al bar dell’Agip che è aperto anche di notte ed è l’unico a quest’ora. I cessi sono spaziosi e sanno di clinica convenzionata, ma al bancone c’è un negrone e un po’ ci rimaniamo male, finché sentiamo che parla padano e allora ridiamo, guardinghi ma ridiamo. Ordiniamo 2 Disaronno e quello riempie per bene i bicchieri, almeno 3 volte di più di Bepi. L’amaro ci riscalda e il silenzio ci rilassa. Il negro legge la Padania e ci guarda ridendo come un negrone del cazzo. Il mio amico leghista non si diverte per niente, il suo rancore si trasforma in rabbia verde che mi trasmette come un’epatite fulminante e finalmente non è più triste immobilizzato ma incazzato agitato.
Il negrone sorride ancora, poi ci racconta una storia. Leggi il resto dell’articolo

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Bruci la città #2

[Continua da qui]

Io a volte vedo delle cose che ci rimango male all’idea che le vedo. Che poi, non è che proprio le vedo, più che altro me le immagino, ma me le immagino in maniera così vivida che mi fa paura la mia stessa capacità di immaginarmi cose del genere.
Una volta, per esempio, qualche anno fa stavo assieme a una ragazza che era proprio carina, e non era male nemmeno di testa. Un giorno però, mentre prendevamo una cioccolata calda in un bar, mi venne in mente un modo di dire che si usa dalle mie parti, che sta a significare che c’è un’età in cui le ragazze sono belline, ma poi si sformano. C’è un’età in cui le ragazze hanno la bellezza dell’asino, si dice, che finché regge, regge, ma poi si sgretola e allora si capisce se la ragazza è veramente bella, oppure no. Ricordo che mentre mi pulivo i baffi dalla cioccolata, rimasi un paio di secondi a fissarla e non era più come era sempre stata. La vidi improvvisamente deforme, picassiana. I suoi occhi si tramutarono in Leggi il resto dell’articolo

Poesia precaria (selezionata da A. Coffami) – 11

Antonio Romano. Un giovane che se lo vedi e ci parli gli dai 38 anni ma che poi se gli rubi il portafogli e leggi la data di nascita sulla carta d’identità scopri che è un pupetto di forse 24 anni. Di cosa parla Antonio Romano nelle sue poesie? Mah… non l’ho mai capito. Della carne, del paradosso, dei sentimenti… fatto è che quando mi mandò i suoi testi ne rimasi abbastanza colpito. Mi piacquero molto per le sonorità che creavano nella mia testolina e per i colori acri che mi faceva sentire semplicemente accostando termini. Non è questo lo scopo di un poeta? Riuscire ad emozionare. A mio avviso Antonio ci riesce (non sempre ma de gustibus non disputanda est mi pare si dica così). Antonio Romano ha pubblicato anche numerosi gialli, è un giallista (nonché giallognolo). Ma come poeta va letto, va sentito, va assaporato. Come quel vino che lui tanto ama e che io non berrò mai perché costa caro.

Andrea Coffami

Epoca, tempo.
Drammi sulla mia
scrivania come fermacarte.
Ti raccordo alla
morte, alle cimici,
al mio egoismo.
Tavolo con sguardi
di donne in una
grande indifferenza.
E alla fine di tutto
questa discrezione
da palcoscenico.
Questa dolce
sottile emorragia
che passa per televisione.
Ti amo come una pubblicità.
Passi a interrompere
la mia vita di
inviti all’ascolto.
Interrompi fiumi
di scene conciate
a festa, tragedie in audience.
Sei la mia pausa
fra un film già visto
e un telegiornale di distruzioni.
Ti amo ti accolgo
faccio ghirlande di parole
faccio mole di voli di colombe.
Simbologia del tuo sguardo,
numeri a vuoto da maghi,
tramortisco tramonti,
solo troppe tv del mio umore.
Ti ricordo a pezzi di plastica
incisi in dischi.
C’è qualcosa che ti riguarda:
ti amo in ogni sguardo
ogni amore ogni nottata trascorsa
in giochi scivolati in mare.

Antonio Romano,

15 gennaio 2009