Precari all’erta! – 2010: la crisi sta finendo!

La crisi sta finendo. Adesso è ufficiale, stanno passando i dati in diretta tv. E’ prevista una ripresa dei consumi e dell’occupazione. Si parla della possibilità di allungare i contratti di lavoro da 3 a 4 mesi. Gl’insegnanti precari potranno finalmente tirare una boccata d’aria. Quelli di storia troveranno forse il tempo di arrivare oltre il Sacro Romano Impero, nelle lezioni d’italiano si potrà magari accennare alla Vita Nova di Dante, mentre in matematica s’imparerà anche la tabellina del nove. Nelle Università il 4×3 sostituirà il 3+2. Non si dovrà più ragionare in prospettiva futura, bensì aggiornare annualmente le proprie aspettative nell’apposita graduatoria denominata “Indice dei sogni e dei bisogni”. E’ questa la ricetta per uscire definitivamente dalla crisi.

Daniela spegne la televisione. Sai che gliene importa a lei, mica le cambia qualcosa. Anzi, che almeno tre mesi erano più veloci di quattro a passare, e l’illusione di trovare qualcosa di meglio del call center in cui lavora da due anni poteva sembrare più credibile. Adesso invece dovrà anche fingere di esser più contenta. Già se l’immagina i sorrisi di sua madre e le pacche di suo padre: vedi figliola che non bisogna mai disperare? Magari ricominceranno pure con la storia della famiglia, che almeno negli ultimi mesi l’avevano lasciata un po’ in pace. Si erano insomma abituati anche loro all’idea di averci una bambocciona a vita tra le mura di casa, una sorta di mutuo senza scadenza con tasso variabile tendente costantemente al peggio. A pensarci bene, nell’epoca dei subprime una figlia del genere non è neanche malaccio come investimento, ché almeno a fine mese 500 euro riesce a portarli a casa. Non c’avrebbe scommesso una lira, ma alla fine ha imparato anche a fare la venditrice, alla faccia dell’anima pura delle belle lettere! Se almeno si decidesse a fare domanda per partecipare a uno di quei giochi a premi con le domande difficili, potrebbe mettere a frutto un po’ di quella cultura che s’è fatta con tanti sacrifici. Suo padre glielo ripete in continuazione, tra uno stacco di coscia e una pubblicità di detersivi, che quello è il lavoro ideale per chi ha una laurea debole come la sua. E’ vero, anche se non si libererebbe comunque di quelle maledette cuffie, ma almeno cambierebbe argomento una volta tanto. A forza d’imparare a memoria i costi e le offerte delle compagnie di telefono, finirà altrimenti col dimenticarsi di tutta quella storia e filosofia di cui s’era perdutamente innamorata.

Per dare il buon esempio suo padre si è già sintonizzato sul suo programma preferito, dove i concorrenti si preparano ad affrontare la prima prova. In palio ci sono fino a 500000 euro. Per chi ha voglia di sensazioni più forti c’è anche la lotteria nazionale, che ha ormai superato il jackpot di dieci milioni di euro e di cui si parla in ogni edizione serale del tg. Daniela non ci ha mai giocato, col suo stipendio non può permettersi di regalare alle ricevitorie dieci euro a settimana. Neanche adesso che avrà un mese in più. Mica le danno l’aumento per quello. Serve solo a far aumentare l’indice di occupazione, a far mangiare un po’ di più quelli che governano, ché per lei il menù resterà sempre lo stesso. Ma di queste cose con i suoi non ne può parlare, perché le ripeterebbero che nella vita basta la salute e il resto vien da sé. Peccato che lei c’abbia messo appena due anni per mangiarsi il fegato dalla rabbia, e ora quella le sta intaccando pure lo stomaco, perché la rabbia è ingorda e vuole sempre qualcosa da mangiare.

Il trillo del cellulare distoglie Daniela dai suoi pensieri accaniti. E’ l’ufficio del personale che la informa del prolungamento del contratto. Come? Se è contenta per il mese in più? Sa dove può infilarselo quel mese?!

Dall’altra parte il segnale di occupato la informa che l’ultima frase è caduta nel vuoto.

Anche per stasera il vincitore non è riuscito a portarsi a casa la ricca portata. Ha sbagliato l’ultima risposta, proprio sul più bello, ma potrà sempre riprovarci domani sera.

Ci vuole più ottimismo, lo dice anche il tg.

Simone Ghelli

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Precari all’erta! – Un dito di rosso

Visto che oggi è ferragosto ed è il compleanno di mio nonno Mariano, mi concedo una tregua dai miei soliti interventi e vi posto questo racconto a lui dedicato, che nel 2007 è arrivato finalista al Premio Letterario Castelfiorentino.  Magari potrà distrarvi per alcuni minuti da questa calura estiva, visto che si parla di paesaggi invernali e di vino rosso…

Un dito di rosso.

Mio nonno ne beve un dito ancora dopo il caffè, di rosso, come i suoi pensieri, pensieri ostinati di una vita, masticati con il pane, intinti con dita non tremanti, ma mica come l’ostia, che si scioglie in bocca senza sapore, no… un retrogusto amaro risale, di fumo incallito e di bestemmie davanti al televisore.

Capita che il vino prenda d’acido se la bottiglia sta troppo tempo aperta.

E così mio nonno ne mesce un bicchiere dopo l’altro, su e giù con il gomito proprio come quando correva con il camion per i colli, tra i tornanti, a caricare e scaricare frutta e verdura per un banco ai mercati, d’inverno con il ghiaccio che cedeva sotto i battistrada, d’estate con il volante che arroventava la pelle. E lo faceva praticamente con una gamba sola, perché l’altra se l’era mangiata l’alta tensione sopra un traliccio, e la ditta per cui lavorava gli passava una pensione che a fatica gli bastava per garze e pomate. Una faticaccia il rituale serale della fasciatura riscaldata al caminetto, pelle viva che non si cicatrizzava e piangeva pus!

Forse mio nonno è da quel momento lì che ha iniziato a bere vino del contadino, di quello che ti allega la bocca e sembra non voler scendere giù, proprio come la lingua che il suo compagno di lavoro gli srotolò fuori per non farlo strozzare. Un pezzo di legno lo ha tenuto in vita, ma non di pregiato aduso per botti, bensì un volgare stecco di ciliegio dal retrogusto fruttato. Ma per bere ogni giorno un litro di quello si deve aver visto la morte in faccia per davvero, e ci vuole coraggio a scriverne, poiché nell’ebbrezza poi la parola ci sfugge, si contorce, rigira nel palato e va a scavare le gengive tra i denti prima di rantolare fuori piena di stenti. E a ragione s’infuria con la medicina che vorrebbe togliergli anche quest’ultimo privilegio! S’inaridiscano pure i reni, gonfi lo stomaco e scoppi la vescica… avanti prego, adesso chi c’è?… e il fegato, eh?! Come la va con il fegato? Quello si rigenera, si rigenera sempre, e mio nonno ne è testimone coerente! Il segreto sta nell’aglio crudo strusciato sul pane con un filo d’olio e un po’ di sale, che anche quei vampiri dei fascisti c’ha scacciato così, che quelli il rosso rubino che mio nonno tiene nelle vene mica lo digerivano così bene! Tira tira, che a lui gli si tirano al massimo i tendini del collo per il nervoso, magro come un manico di scopa, ma di saggina però, che si flette e si flette e non si spezza mai! Col vino in corpo c’ha poi alzato per una vita quintali e quintali di pomodori, maturi all’arrivo sul bancone e sfatti al ritorno da servì in tavola alla famiglia come contorno, e melanzane e peperoni e zucchine, e le mele di tutti i tipi, e mai una volta che gli ha annebbiato la vista, neanche sul ghiaccio a Castelnuovo Val di Cecina, che me lo ricordo che c’ero anch’io, piccino piccino pigiato fra lui e mi ma’, che anche s’ero tutto assonnato il culo mi si stringeva per la paura! Con me non si casca di sotto, scemo!, mi diceva, e poi vedrai che quando s’è finito si va a mangià la braciolina impanata su in trattoria… hai capito? Col nonno di sotto non si casca mai…

Ma fermiamoci un attimo, proprio qua sul ciglio, a pensare in silenzio. Godiamoci questo paesaggio brullo di vigne e d’olivi che ti accompagnan fino a Volterra, sotto al carcere coi matti, che chissà là quanti ce n’hanno chiusi con troppi grilli in testa per poi farli inacidire e cantà come cicale.

Lasciamolo adagiato al buio, se è la che vuole stare, come il vino da invecchiare. Non ha bisogno di altra luce, il chicco ormai è maturo. Passo io, signor fattore, a controllare. Come? Lei dice troppi anni, che il rosso ormai è svanito? Glielo spieghi lei, signor fattore, che adesso va di moda il bianco, da servirsi fresco nel calice lungo e stretto. Io per me, mi piace ascoltarlo questo raglio d’asino che stringe il morso, che abbassa gli occhi sul lumino della cicca e par che guardi lontano, dove non si sa, perché due briciole sul tavolo son tutto quel che c’ha. Cadute dalla bocca, le lascia lì a danzare nel cielo acquoso degli occhi, e chissà a che pensa?, forse che se c’avesse vent’anni gliela farebbe lui la festa a quei pidocchi!, ché invece gli tocca di sentirli biascicare in sottofondo… bla, bla, il televisore… ma vedrai che tornano, e se tornano, non li vedi?, son già qua pronti in doppio petto!… e bla, bla, i parenti… tutti contro a sfotterlo, a non salare il sugo perché così lui dica che è sciapo, che insomma non sa di niente, e a ritornar su quel solito discorso… troppe sigarette, noi ti si diceva! A che ti giovò il non sentir più sapori? A che pro prendersela tanto per un’idea talmente antica che ormai ha preso di tappo? E giù altre risate, neanche fosse un bambino…

Io, le poche volte che ci sono giuro che ci divento matto! Allora gli calo un altro goccio e me ne verso anch’io, così si butta giù il boccone in due, una corsa pazza fino al caffè… e dice a tutti che meno male che gli è rimasto almeno un nipote che tiene le sue stesse idee, che gli sta appresso col rosso insomma, anche se alle ultime due dita poi non c’arriva e lo lascia da solo proprio sul più bello, là come un pivello sulla linea del traguardo…

Simone Ghelli

Precari all’erta! – Il buon vecchio caro proibizionismo

Il buon vecchio caro proibizionismo.
Di tanto in tanto ritorna, soprattutto in tempo di crisi, c’è poco da fare. La storia c’insegna che il proibizionismo non è un rimedio, ma pare funzioni ancor oggi parecchio per tener buono il popolino, soprattutto quando avvezzo a delegare ogni decisione ai propri governanti e a non controllarne l’effettivo operato (e in questo il nostro paese di evasori è senz’altro campione eccelso).
Con la nuova sensazionale campagna mediatica contro i minorenni alcolizzati, sembra che i nostri politici, e con essi le loro televisioni e giornali annessi, si siano improvvisamente accorti che i nostri ragazzi e le nostre ragazze non sono proprio casa e chiesa come si pensava (e voglio ben dire, visti i papponi che circolano sulle varie copertine patinate per gossippari).
I giovani si ubriacano, si drogano, sono senza valori!, ma la Milano da bere offre adesso il buon esempio, e dietro di lei già altri comuni si accodano: divieto assoluto di somministrare alcolici ai minori di sedici anni.
Dopo anni di menefreghismo, in un paese per vecchi come il nostro, tutti sembrano improvvisamente interessarsi alle giovani generazioni, preoccuparsi per il loro futuro. Inutile pretendere un’analisi delle cause, parlare ad esempio del vuoto culturale che come un crepaccio si è aperto e ci ha ingoiati in tanti nel bel paese. Improduttivo ragionare sul modello imprenditoriale che sembra prevalere ovunque, o del becero razzismo che ormai domina le più disparate rivendicazioni locali. Attendiamo fiduciosi che arrivi il vegliardo di turno, magari qualche luminare del cervello, a dirci che i giovani d’oggi son peggio di quelli di ieri. Tanto, se proprio bisogna affidarsi ai luoghi comuni, è meglio non risparmiarsi, e allora ben vengano le interviste agli adolescenti strafatti fuori dei locali (perché se certi filmati ci scandalizzano su youtube, non altrettanto vale per la televisione), o magari qualche servizio su film o videogiochi rei di aver dato il cattivo esempio. Il sottoscritto, ad esempio, ha visto tanti di quegli horror da rischiare di svegliarsi un bel giorno con i canini grandi come zanne, o con la malsana idea di andare in giro munito di una collezione di coltelli da macellaio, chi lo può sapere…

Io però non vi consiglio di seguire il mio esempio, perché a leggere tanti libri e a vedere tanti film si produce e si consuma poco, e magari avanza pure il tempo per un buon bicchiere di vino. Se proprio vi dovete scaricare, cari i miei giovincelli, la pubblica opinione consiglia invece le ronde che stanno istituendo un po’ ovunque e, udite udite, ci sarà presto posto anche per voi, perché corre voce che l’età per potersi arruolare verrà abbassata a 18 anni . Insomma, rimettetevi in forma, e che caspita! Volete mettere la sana ginnastica di una volta anziché il fegato appesantito e la mente obnubilata?

Simone Ghelli