Prisma

di Francesco Quaranta

L’obiettivo della Reflex è una stella fissa che turba il quieto buio di quell’angolo di stanza; dalla parte opposta, il faretto inonda di sole freddo il viso del professore.
“Il mio nome è professor Ulisse Urbani, ideatore e soggetto cavia numero zero zero uno del progetto Prisma”.
Una volta bastava contattare qualche rivista scientifica o attizzare l’opinione pubblica con espressioni come “nuova frontiera della scienza” o “scoperta innovativa”. Oggi, senza live streaming su Youtube, non vai da nessuna parte.
“A breve entrerò nella cabina alle mie spalle, dov’è alloggiato il dispositivo…”
Di solito mi occupo di riprese e montaggio di webseries, ma la mail del professore ha calamitato la mia curiosità come solo i primi video di Andrea Diprè sapevano fare.
“Se qualcosa dovesse andare storto… Dite alla mia famiglia che gli voglio bene. Tutto questo lo faccio per loro”, mormora, mentre io carico un suo scatto su Instagram: professore diventa cavia di esperimento senza fondi #nomoney #vergogna #ricerca #tette #ilcapitano #pontifex.
Poco altro succede, Ulisse Urbani si accarezza la testa rasata quasi a voler disperdere la nebulosa di incertezze e poi si alza lento, ma con fermezza.
Penso che qui ci piazzerò una bella colonna sonora di suspance trillata e sostenuta da una trama d’archi a sottolineare ogni suo passo.
Lui entra nella cabina e Leggi il resto dell’articolo

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Rock’n’Roll Queen

di Francesco Quaranta

Sei. Uno. Scemo.
Ogni parola è scandita da un bacio sulle tue attonite labbra incapaci di chiudersi.
Sei. Un. Geloso.
Morbidi punti che segnano le pause perfette nel ritmo delle sue sillabe.
Sei. Un. Possessivo.
L’ultima parola che s’allunga sempre più a ogni frase, quasi languisse nella suspense per farti boccheggiare in attesa del premio successivo.
Vorrebbe rimproverarti, lei, per la mezza recita da te appena inscenata con il patetico intento di allontanare il tizio che le si era avvicinato troppo. La cinquina di birrette circolante nelle tue vene ti ha infatti armato della spavalderia necessaria a dondolare con grazia elefantesca tra lei e quel poveretto che probabilmente voleva solo domandarle dove fosse il cesso.
Vorrebbe restare seria, tuttavia non le è possibile perché sei sbronzo. E lo è pure lei, perciò ai suoi occhi sei maledettamente tenero.
Pensieri e percezioni sono densi, quasi bolle vischiose nel tuo cervello che si prendono il loro tempo per gonfiarsi con fatica, nutrendosi della tua concentrazione accondiscendente. Poi esplodono lasciandoti spaesato, preda della bolla successiva, senza continuità e vittima di una coerenza distorta.
Dell’acqua vi accarezza le scarpe, entra a bagnarvi i piedi accaldati per il ballo: mareggiata casalinga da festeggiamento anomalo Leggi il resto dell’articolo

Lo sport delle parole

di Francesco Quaranta

Parlare con te mi ha ricordato Juventus-Bayern Monaco: io ci ho messo cuore e grinta, ma tu mi hai preso a pallonate e alla fine m’hai pure regalato la maglia.
Che poi, io ero venuto solo per scopare.
Esplicitare questa cruda intenzione, emblema dei modi che non digerisci, mi avrebbe forse garantito di essere vomitato fuori dalla tua vita e dalla tua dieta priva di carne. Perciò ho optato per un approccio più morbido. D’altronde lo sai meglio di me: sono Gemelli; pensiamo una cosa e ne facciamo un’altra, diamo degli appuntamenti a noi stessi e poi non ci presentiamo.
Il mio desiderio (chiamiamola attrazione diversamente platonica, per essere politicamente corretti), l’avrai letto da qualche parte nei movimenti incerti delle mie mani o nei miseri tentativi di articolare verbo finiti alti sopra la traversa. Invece di lanciarmi una scarpa in testa, però, hai scelto di indossarne un paio e cominciare il match con il sottoscritto.
La rosa di buoni argomenti da proporre per mostrarti chi sono, ripassata e allenata più volte nei giorni precedenti e fin sulla porta di casa tua, si è dimostrata vera e accorata. Onesta e genuina nella sua mediocrità.
Sezionando ogni singola frase che riuscissi a pronunciare, ne rompevi l’involucro per tastare e manipolare i pensieri che la animavano. Serena, con il sorriso: l’allegro chirurgo dai begli occhioni svegli. Tant’è che per un attimo ho pensato di poter trovare Leggi il resto dell’articolo

Conflitto esteriore

di Francesco Quaranta

“Sono un tuo personaggio, una tua creatura!”, gocciole di saliva calda mi tempestano le ciglia, tanto il mascara è già rovinato, “Non puoi abbandonarmi così. Non puoi!”.
Posso, posso eccome: pubblicato l’ottavo libro, il personaggio del detective Tom Danti soffre carenza di mordente, originalità e appeal. Non imbratterò altra carta con ulteriori avventure prive di spirito. Nemmeno per soldi.
A quanto pare è per questo che sto immobilizzata nella mia stessa cucina, mani legate dietro lo schienale di una sedia da cinquanta euro a gamba.
“Il successo lo devi a me e io ti devo l’esistenza. Non possiamo separarci”, adesso è un soffio nervoso tra i denti serrati: sa che altre urla maschili qui dentro allarmerebbero i vicini.
In genere la mia vita di scrittrice affermata non è così sconvolgente; ad esempio, stasera ero ospite in tivvù per discutere della trasposizione cinematografica del mio best seller Tressette coi Morti. Lì ho annunciato il pensionamento del mio amato personaggio.
Poi, al rientro a casa, improvvise grinfie dalle ombre mi hanno trascinata nell’incubo attuale. Una possibilità che per me finora Leggi il resto dell’articolo

Quattro Visioni

di Francesco Quaranta

A metà del mio percorso mortale, come malattia, l’intolleranza per il mondo crebbe in me. La febbre inquieta calò una coltre di turbolento, formicolante fradiciume e mi gettò nel ventre del delirio. Quando questo si squarciò, partorì le visioni.

Nella prima ero solo sulla sconfinata Terra sovraffollata di uomini che brancolavano, ottenebrati e prudenti, in una tremenda nebbia lattea. Loro unica luce e direzione erano gli Idoli: costruzioni di organicità eterea commista a solidità cristallina, articolati palazzi di cerimoniali e imperativi. Protrudevano da loro cordoni fibrosi e guizzanti, s’affondavano nella nuca di ogni uomo a concedere loro un conforto sintetico. Così questi erravano, calpestandosi l’un l’altro nel timore di smarrire il Bene ed i beni. Ma proprio come tutti gli edifici, gli Idoli avevano delle pareti, dei limiti.
Senza indugio scelsi di spezzare questa gabbia: afferrai un paio di tentacoli che penetravano le spine di uomini maturi, strattonai e li liberai. Urlarono, sperduti, spaventati e senza guida, trasmutarono in infanti dalle proporzioni gigantesche che strillavano la loro disperazione raggomitolati a terra, sbavanti.
La visione non era tale, compresi, sussisteva la necessità di agire. Posi perciò le tremanti mani dei due lattanti l’una nell’altra. Il pianto cessò ed essi riacquistarono l’aspetto adulto, illuminati dalla certezza nata con quella stretta. A cascata, i due uomini liberi strapparono i vincoli di ogni Idolo dai loro simili per sostituirli con un legame paritario, mano per mano. La nebbia si diradò rapida e la vista fu invasa ovunque da una sublime luce e dalla natura rigogliosa; gli Idoli crollarono con nulla più che gran rumore per lasciare soltanto affascinanti leggende.
Gli umani, monolitica catena, si strinsero ancora, maggiormente consci e fiduciosi della loro unione. l’Umanità, messe radici nel terreno vivo e fertile. Crebbe fino alle nuvole come titanica simbiosi.

La seconda mi trovò solitario di fronte all’immenso Albero dell’Umanità interconnessa, immensa, maestosa e sicura. Ognuno aveva un Leggi il resto dell’articolo

L’amore nei giorni feriali

di Francesco Quaranta

Il nostro amore non esiste davvero se non nelle domeniche mattina.

Quelle tarde mattinate di domenica in cui la finestra aperta riversa oro tiepido su noi due assonnati e sciolti sul materasso, intenti ad indagarci, le lenzuola che dal letto sono state declassate a tappeti, i rumori del mondo esterno che non possono, non riescono a distogliere la nostra attenzione dal pigro tepore. Oppure quelle domeniche mattina in cui siamo animali abbracciati in un disperato letargo, nel nostro bozzolo di pile e piumini, così stretti da fondere i pensieri, non c’è bisogno di sapere se fuori piova, nevichi, tiri vento o ci sia l’apocalisse perché i vetri sbarrati sono una porta su altri mondi a noi estranei.

Il nostro amore non esiste davvero se non nelle domeniche mattina.

Gli orologi sono fermi, nessuno bada a noi e nessuno pretende il controllo su questo tempo. Possiamo far durare uno sguardo Leggi il resto dell’articolo