Oltre il passato

di Giovanni Agnoloni

Alla fermata non passavano autobus. Non gli restava che mettersi in marcia.
Seamus si trovava a tre chilometri da Greve in Chianti, quando quell’uomo l’aveva fatto scendere. Un passaggio non può durare per sempre. Camminare nel freddo di gennaio non era così terribile, anche perché, nonostante il buio incipiente, si stava piuttosto bene. Si sentiva come l’eroe solitario di un romanzo fantastico. Nell’adolescenza scenari del genere avevano ospitato le sue letture e i suoi giochi. Gli sarebbe piaciuto tornare indietro, ma aveva trent’anni e molto terreno da recuperare.
Ingannò il tempo in pensieri del genere, finché non fece ingresso nel paese. I lampioncini sulla strada provinciale illuminavano tenuemente le facciate delle case. Quello scenario aveva un che di familiare, quasi che si trattasse di un villaggio del West Cork. Giunse a un incrocio e svoltò a destra, dove affluivano gruppetti di persone. Passando, notò un venditore ambulante di croccanti e altri prodotti locali. Poco oltre c’era una piazza, che lo attirava ipnoticamente, come se avesse un’energia sua propria.
La raggiunse dopo pochi passi. Aveva una forma semi-triangolare, e delle arcate correvano lungo i lati, creando porticati ampi e accoglienti. Nel mezzo, la luce della sera dava al pavimento in pietra una tonalità di azzurro che lo rendeva simile a un lago silenzioso. Al centro campeggiava una statua, come un’isola. Doveva essere quello il magnete, pensò a metà tra il serio e il divertito, mentre si incamminava verso quel punto. Rimase lì mezzo minuto. Era un ottimo punto di osservazione: girando lentamente su se stesso, si godette la visuale scenografica.
Improvvisamente, l’occhio si fermò su un tratto del porticato dove la gente si raccoglieva più fitta. C’era un locale, lì sotto e, siccome era piuttosto affamato, Seamus si mosse in quella direzione. Ben presto comprese che si trattava di una Leggi il resto dell’articolo

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Sentieri di notte – #TUS3

-Per i testi del reading Torino Una Sega 3 spazio a Giovanni Agnoloni, che al Caffè Notte ha letto un brano da Non lasciar mai che ti vedano piangere, di Amir Valle (Edizioni Anordest) e un estratto dal suo romanzo Sentieri di notte.

Il magazzino era vuoto. Le pareti, che una volta dovevano essere state bianche, erano coperte da una patina grigiastra; il pavimento invece era di colore scuro, quasi nero. Il soffitto bucherellato lasciava indovinare ampi spazi, velati di ragnatele vecchie decenni. Se avessi avuto una chiara idea della parte della città in cui mi trovavo, forse avrei capito di quale edificio si trattava. Ma ero quasi certo di non avere mai visto niente del genere.
Mi accorsi che non si udivano suoni né rumori. Tutto era avvolto in un silenzio pneumatico. Non mi sentivo agitato, ma esposto. La mia pelle era come volata via, i miei nervi erano scoperti, le memorie del mio terzo occhio focalizzate su qualcosa che non riuscivo a identificare.
Improvvisamente mi resi conto che la mia luce-guida non pulsava più. Era scomparsa, dissolta nel silenzio, forse perché me ne accorgessi quando ormai era troppo tardi. Quando dovevo per forza procedere, e c’era un’unica direzione possibile.
Una porta, in fondo. Metallica, grigio-chiara.
Un ascensore. Leggi il resto dell’articolo