TQ, niente di nuovo sul fronte occidentale

«[…] in Italia gli intellettuali sono lontani dal popolo, […] e sono invece legati a una tradizione di casta, che non è mai stata rotta da un forte movimento popolare o nazionale dal basso: la tradizione è libresca e astratta e l’intellettuale tipico moderno si sente più legato ad Annibal Caro o a Ippolito Pindemonte che a un contadino pugliese o siciliano»

Antonio Gramsci

1.

È dall’uscita di New Italian Epic nel 2008, poi pubblicato da Einaudi Stile Libero nel 2009, che ci si domanda quale possa essere la via da percorrere per fare buona letteratura per l’Italia del nuovo millennio, o come riportare questa a un ampio numero di persone. Ciò, come è logico, è un problema che si pongono in particolar modo gli addetti ai lavori e chi i libri li ama. Ed è proprio nel memorandum dei Wu Ming che, ancora una volta, l’obiettivo viene centrato abbastanza bene. Almeno rispetto a quanto si legge sui Manifesti TQ, pubblicati sul loro blog e poi rilanciati da Nazione Indiana, che segnano, sotto certi punti di vista, un passo indietro Leggi il resto dell’articolo

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Atmosphere libri: intervista a Mauro Di Leo

Atmosphere libri è una realtà nata da poco, un’interessante casa editrice creata da Mauro Di Leo. Nel suo catalogo spiccano romanzi di grande spessore e impatto emozionale e letterario come Il Bibliotercario di Michail Elizarov, La Sete di Andrej Gelasimov, Felicità Possibile di Oleg Zajončkovskij. Autori scelti con cura, con passione, che vogliono essere il tramite cosmopolita per l’Italia e i suoi lettori.

La voglia di mettere in contatti diverse culture e anime è alla base di questo progetto di cui abbiamo parlato proprio con Mauro.

Ci racconti della sua esperienza. Come è arrivato ad aprire una casa editrice?

Tutto inizia dalla lettura. Leggere è sempre stata per me un’attività quotidiana, necessaria quasi come il mangiare e il bere. La buona lettura ha ispirato le mie scelte, aumentando il desiderio di scoprire nuovi autori, in particolare all’estero, che potessero trasmettermi e trasmettere agli altri il concetto di “viaggio”.
Atmosphere libri è nata per invitare il lettore a un viaggio intorno al mondo. Viaggiare per conoscere le storie più varie, per sapere qualcosa di più degli uomini che vivono o hanno vissuto esperienze diverse, e cogliere di un carattere i silenzi e le gioie, i tormenti e la felicità. Leggi il resto dell’articolo

9 Aprile, Stati Generali della Precarietà, Sciopero Generale. Prendiamo parola.

Abbiamo di fronte a noi un mese che ha tutte le potenzialità per essere qualcosa di lontano dagli stanchi rituali della mobilitazione che da anni hanno perso la capacità di incidere sulle contraddizioni della realtà politica e sociale italiana. Le date che si inanellano dal 9 aprile al 6 maggio possono diventare l’occasione per mettere a punto una “direzione culturale comune” attraverso cui interpretare le condizioni di vita e di lavoro in Italia e pensarne quindi la successiva trasformazione. Ma non solo. Dovremmo far nostra l’ambizione di libertà che si respira nel Mediterraneo, ritrovando la forza di credere che la Storia non la fanno solo gli eserciti e i capi di Stato. La contingenza storica che stiamo attraversando ci invita a sollevarci dal soporifero letto di piaceri immaginari che narcotizza le nostre vite, farla finita con la raccolta di testimonianze, e piuttosto scegliere la parte di chi lascia solo testimoni attorno a sé; invece di emozionarci esclusivamente per le piccole storie, non potremmo riscoprire la passione inattuale per la Storia?

La mobilitazione nazionale del 9 aprile, “Il nostro tempo è adesso”, gli Stati Generali della Precarietà, il 1 maggio e la May Day, hanno in comune la volontà di ordinarsi, per necessità, nel paradigma della “condizione precaria”. Leggi il resto dell’articolo

Avere un lavoro o lavorare? Riflessioni filosofiche sul precariato a partire da Erich Fromm

In vista della manifestazione dei precari di sabato 9 aprile, rilanciamo questa interessante riflessione di Matteo Antonin.

 

In un suo celebre saggio del 1976, Avere o essere?, lo studioso (filosofo, sociologo, psicologo) Erich Fromm delinea chiaramente, all’interno della sua indagine sulla dialettica individuo-società, le due modalità che, a suo parere, orientano l’esistenza dell’Uomo: la modalità dell’avere e la modalità dell’essere. «Dicendo essere o avere», scrive Fromm, «mi riferisco a due fondamentali modalità di esistenza, a due diverse maniere di atteggiarsi nei propri confronti e in quelli del mondo, a due diversi tipi di struttura caratteriale, la rispettiva preminenza dei quali determina la totalità dei pensieri, sentimenti e azioni di una persona».

Erich Fromm (Francoforte sul Meno, 1900 – Locarno, 1980)

Nella modalità esistenziale dell’avere l’uomo ha verso il mondo, verso le cose e le persone, un rapporto di possesso: egli aspira a possedere.

Per prima cosa, ognuno crede di possedere se stesso (ed è su questo possesso che, in definitiva, si basa il concetto di identità); in secondo luogo ognuno desidera possedere le altre cose e gli altri. Nella modalità dell’avere il possedere le cose, ovvero la proprietà, è ciò che costituisce l’individuo. L’avere reifica le persone e i processi vitali, si riferisce a cose, e le cose sono fisse, improduttive, morte.

L’essere invece si riferisce non alle cose, bensì all’esperienza: un’esperienza che è costitutivamente libera, indipendente e critica, in quanto si basa sull’«uso produttivo dei nostri poteri umani».

Fromm correda il ragionamento di molti esempi tratti dalla vita quotidiana: l’apprendimento (nella modalità dell’avere un apprendimento passivo, nel quale gli studenti sono come recipienti vuoti che vengono colmati; nell’esperienza produttiva dell’essere un apprendimento vitale, attivo, produttivo), la lettura, la conversazione, la conoscenza (sottolineando la differenza tra avere conoscenza e conoscere), la fede (cieca fiducia in idee preconfezionate o fede nella vita, nell’uomo, che non si basa sulla sottomissione ad un’autorità costituita), l’amore (come possesso dell’altra persona o come processo vitale e produttivo).

Dal 1976 molte cose sono cambiate, ma l’assetto di una società basata sulla proprietà, sui consumi e sul possesso non è cambiato molto.

Ciò che però è mutata da allora è la condizione del lavoratore, e la sua nuova condizione di subordinazione e sottomissione legalizzata attraverso precarietà, mancanza di futuro e di sicurezza, realtà che ai tempi del libro di Fromm era sconosciuta (come lo erano i concetti che di questi mutamenti stanno alla base come fondamenti teorici: globalizzazione, flessibilità, delocalizzazione del lavoro…) .

Tuttavia, applicando il ragionamento di Fromm a questa nuova  condizione esistenziale del lavoratore odierno (la precarietà lavorativa ed esistenziale) si può notare come essa si possa comunque inserire in un’ottica funzionale al contrastare la modalità dell’essere e a perpetrare quella dell’avere.

La mancanza di continuità del rapporto di lavoro e conseguentemente di qualsiasi certezza sul futuro è il moderno meccanismo, teorizzato e messo in atto, per spronare l’Uomo a piegarsi alla passività, all’incapacità di sviluppare la propria funzione e il proprio essere attraverso l’abitudine ad avere un lavoro, senza mai  lavorare.

Nella modalità dell’essere lavorare dovrebbe essere uno sperimentare (e questo è possibile solo attraverso la sicurezza e la continuità del rapporto lavorativo) un’attività non alienata che consista non nell’avere un (momentaneo) posto di lavoro (e desiderare averlo soltanto per avere il guadagno che ne deriva), ma un’attività produttiva nella quale sviluppare le proprie potenzialità e  il proprio essere dinamico.

Un lavoro sicuro, a tempo indeterminato, non alienato, che rappresenti il nostro essere profondo, esprimendo le nostre capacità più proprie, che garantisca al lavoratore di poter fare dei progetti, deve essere evitato in quanto, usando le parole di Fromm, nella modalità esistenziale dell’ essere, «quando realizziamo  una crescita ottimale, siamo non soltanto (relativamente) liberi, forti, ragionevoli e lieti, ma anche mentalmente sani».

Quindi essenzialmente pericolosi.

Face to Face! – Alberto Ibba

VerdeNero è la collana di Edizioni Ambiente che tratta temi di ecomafia in forma letteraria, utilizzando la chiave del Noir.

Un progetto innovativo, audace, che sta vincendo la scommessa fatta quando ha iniziato a muovere i primi passi e che riunisce scrittori come Carlo Lucarelli, Wu-Ming, Massimo Carlotto, Giancarlo De Cataldo, Sandrone Dazieri e molti altri sotto l’impegno sociale.

Abbiamo fatto due chiacchiere con Alberto Ibba direttore del marketing di Edizioni Ambiente per saperne di più.

Da dove nasce nasce la collana VerdeNero e quando?

Nasce da Edizioni Ambiente.

Nell’aprile del 2006 riceviamo l’annuario di Legambiente sul tema dell’ecomafia. L’avevamo già pubblicato molti anni prima con scarsi risultati di vendita. Ben fatto ma molto rivolto agli operatori. Di scarsissimo appeal e dell’ecomafia si sapeva poco o nulla. Sempre nel 2006 però i tempi cambiano e l’ambiente è un tema sempre più attuale. Se ne accorgono i cittadini ancora prima dei politici. L’era della globalizzazione ha costretto tutti ad occuparsi del proprio territorio e l’ambiente è l’ultimo patrimonio collettivo rimasto.

Decidiamo quindi di non archiviare la proposta e di ragionarci. Come far arrivare ad un pubblico più vasto qualcosa che apparentemente è ancora rivolto a tecnici e operatori? Come accade in queste situazioni si accende d’improvviso una spia. Proviamo a coinvolgere scrittori di narrativa (ancor meglio se noir) e gli proponiamo di reinterpretare fatti realmente accaduti e denunciati nel Rapporto Ecomafia in chiave letteraria.

La scrittura al servizio della denuncia e del sociale è una esperienza che, in ordine sparso, molti scrittori stanno già vivendo. Noi, totalmente vergini (la casa editrice era consolidata sulla saggistica e sulla manualistica) e un po’ intimiditi individuiamo in Carlotto il primo autore a cui rivolgerci. Risponde con grande entusiasmo. E’ una collana necessaria. Se non avessimo respirato il suo entusiasmo forse non saremmo mai partiti. E a un anno esatto di distanza abbiamo pubblicato il primo libro di Sandrone Dazieri Bestie.

Come lavorate in casa editrice e da chi è composta la squadra?

In casa editrice tra interni e collaboratori siamo circa in trenta. Ad oggi su VerdeNero (che è una delle nostre cinque collane) abbiamo lavorato complessivamente in 5 o 6. Esiste un lavoro preliminare di scelta dei temi e dei possibili autori (anche se ultimamente accade sempre più spesso che si propongano), che in questi anni abbiamo eseguito io e Michele Vaccari.

Concordati i vari appuntamenti per il riscontro di una sintonia che è premessa necessaria perchè il lavoro parta, il resto segue la filiera consueta. Unico altro elemento che caratterizza i nostri titoli è la presenza alla fine di ogni romanzo di una scheda tecnica che riconduce il lettore sul terreno dei fatti reali. Questa è affidata a Legambiente (Antonio Pergolizzi) che spesso viene scritta a romanzo ultimato, poco prima di essere dato alle stampe.

Cosa vuol dire entrare nel mondo editoriale italiano e con che tipo di esperienza vi siete buttati in questa avventura?

Edizioni Ambiente è nata nel 1993 quando il massimo dell’impegno ambientale consisteva nel salvataggio della foca monaca. Sin da subito la casa editrice ha sviluppato una pubblicistica legata ai temi della sostenibilità contemplando così una visione sistemica del problema: politica, economia, produzione, senso civile etc.

Un editore di nicchia, certamente, ma radicato e con una grande capacità di sguardo sul mondo, con autori del calibro di Lester Brown, Amorin Lovins o un annuario tradotto in trenta paesi come lo State of the world. La narrativa ci ha proiettato in effetti in una porzione del mercato a noi del tutto sconosciuta e che ha regole tutte sue. Averlo fatto poi con autori del calibro di De Cataldo, Wu Ming, Licia Troisi e Carlo Lucarelli (solo per citarne alcuni) ha reso la nostra esperienza sui generis. Da un lato, all’inizio siamo stati guardati con sospetto, come possono piccoli editori permettersi così tanto? Certamente c’è stato chi ci contava i giorni. Dall’altro grande ammirazione. Ad oggi, ad esempio siamo stati invitati ad oltre cento eventi. In pratica il mercato non ti agevola, ma come succede nel rapporto tra cittadini e politici, anche i lettori sono più avanti del mercato.

La scelta degli autori, dei libri come si è evoluta?

Dopo l’incontro già menzionato con Carlotto, che subito ci disse che avrebbe consegnato il suo libro dopo due anni (con mio momentaneo sgomento) mi rivolsi a Sandrone Dazieri, amico e autore che ho sempre stimato. Sapevo del suo essere vegetariano e della sua straordinaria sensibilità alle tematiche legate all’ambiente e gli proponevo un argomento adatto: il mercato clandestino degli organi di animali esotici o protetti. Con questa metodologia abbiamo proseguito. Lo scenario apocalittico di Porto Marghera ci ha condotto a Eraldo Baldini, e via dicendo sino all’inchiesta in perfetto stile Blu Notte sulla Jolly Rossi che abbiamo affidato a Carlo Lucarelli. Oggi che siamo a tredici titoli iniziamo ad essere conosciuti e come dicevo prima alcuni autori iniziano a proporsi.

Quali sono le collane di Edizione Ambiente?

Sono la saggistica italiana e straniera. La normativa che si è occupata prevalentemente di rifiuti (il nostro portale ha circa sessantamila utenti al mese) e che da quest’anno ha iniziato ad occuparsi anche di energia. Gli annuari che prevedono oltre allo “State of the World”, il Rapporto Ecomafia e Ambiente Italia. E da quest’anno altre due nuove collane: I Tascabili che saranno veri e propri compendi di alfabetizzazione sui più svariati temi e una nuova versione di VerdeNero, questa volta però scritta dai giornalisti. Una collana di inchiesta per intenderci.

Milano e Roma: due città vive e con fermento editoriale. Quali sono le vostre impressioni su questi due mondi?

Sul piano editoriale certamente la tradizione milanese, consolidata nel tempo, ha vissuto il contraccolpo di una editoria “romana” cresciuta tanto e in poco tempo. Personalmente guardo sempre con attenzione Roma, vuoi perché le dimensioni editoriali sono più ridotte e quindi equiparabili alla nostra, vuoi perché ho la sensazione che le novità abbiano preso la direttrice che dalla capitale porta al nord. Non è un caso che la fiera “Più Libri più liberi” continui ad andare sempre meglio nel corso degli anni. Li dove la finanza non condiziona troppo le scelte editoriali esiste ancora lo spazio della ricerca che, a volte e non sempre, equivale a qualità.

Chi è il lettore di VerdeNero e cosa cerca?

Il lettore di VerdeNero si sta formando ed essendo in formazione, direi che la sua maggiore caratteristica sia oggi il bisogno di informazione. Il target è sfumato proprio perché questo bisogno sta attraversando l’opinione pubblica in diagonale. Per questo abbiamo voluto in catalogo Licia Troisi, tipica autrice fantasy beniamina di un pubblico molto giovane che ha venduto oltre diecimila copie, accanto a Tullio Avoledo che per l’eleganza della scrittura si rivolge a tutt’altro lettore. Per essere eterogenei, trasversali.

Quando ci capita di entrare in contatto diretto con il nostro pubblico, molto spesso vanno via con almeno tre titoli, indicando così non solo un gusto verso l’autore ma una vera e propria fidelizzazione alla collana.

Se fossi costretto a delinearlo direi comunque che è certamente curioso, attento alla realtà che lo circonda, capace di andare oltre la superficie. In ultimo, i risultati di vendita on line ci dicono che ha superato l’imbarazzo dell’utilizzo della carta di credito e questa è una buona notizia.

Se doveste fare un piccolo bilancio, ad oggi come vi vedete? E come vi vedrete tra tre anni?

Il bilancio non può essere che positivo. Fuor di retorica è stata davvero una scommessa che poteva velocemente condurre al fallimento. E invece stiamo procedendo lesti verso la chiusura del 2010 e pronti a sdoppiare VerdeNero in una seconda collana di inchiesta. Le sfere di cristallo portano con se sempre il rischio dell’allucinazione, diciamo che tra tre anni sarei davvero felice se a VN si associasse automaticamente il concetto di Romanzo Sociale. Sì, questo potrebbe essere un bell’obiettivo.

Impegno o cultura dell’impegno?

Entrambe le cose che forse non son neanche scindibili. Io biograficamente son partito dalla prima per approdare alla seconda, giusto all’”impegno” professionale. Come vedi il termine ricorre. La stessa collana VN prevede una parte dei ricavati devoluti al progetto ‘SalvaItalia’ di Legambiente. Un altro modo per far capire che anche dal lavoro immateriale si possono ricavare risultati tangibili.

Abbiamo accennato alle fiere del libro. Quali sono le vostre impressioni su questi appuntamenti?

Necessarie. Almeno quelle di Torino e Roma. Un modo per incontrare il pubblico, gli operatori, gli autori. E poi diciamolo, ci si stanca ma è anche divertente. Il nostro happy hour allo stand di anno in anno si anticipa e tra vino, salatini e libri le ore passano piacevolmente.

Se dovessi descrivere la casa editrice e i vostri autori in tre aggettivi?

Per la casa editrice direi: coraggiosa, entusiasta e solida.

Per gli autori: curiosi, disponibili e professionali.

Retoricamente: il libro è vivo?

E lotta insieme a noi, ne sono sicuro. Con questo non salvo tutti i libri, anzi, ma continua ad essere l’unico strumento discretamente libero attraverso il quale sviluppare una coscienza.

Dovendo scegliere di aprire una redazione all’estero, quale paese scegliereste e perché?

Occupandoci di ambiente a me sembra che la Spagna possa essere un punto di riferimento. Per altro ci aprirebbe, per via della lingua, ad un mercato evidentemente molto vasto.

Internet ed editoria: nuove strategie, nuove piattaforme per rendersi più forti? O è meglio il vecchio olio di gomito?

Internet e la multimedialità tutta la vita. VN attualmente è presente con un suo sito ricco di interviste e filmati,  un suo blog dove commentare e approfondire, su Myspace dove comunicare, su Facebook dove il contatto è immediato. Senza i diecimila utenti che girano sulle nostre piattaforme non mi sentirei mai di dire che intorno a VN si sta creando una comunità. E poi c’è il sito di Edizioni Ambiente.

Perché si dovrebbe aprire un libro della VerdeNero?

Perché leggi un bel romanzo, ti informi su un tema che ti riguarda anche se nessuno te l’ha ancora detto, perché costa poco e lo puoi leggere anche sul tram e stai contribuendo col tuo acquisto a recuperare pezzi di patrimonio pubblico sottratti alla mafia.

Tu e VerdeNero: una parola per un matrimonio.

Fin che morte non ci separi… purché si tratti di una convivenza!

Alex Pietrogiacomi

La banda dello stivale, ovvero la Seconda Unità d’Italia – 2

I ladroni del verbo erano partiti dalla capitale tre giorni prima, stipati in un’utilitaria a gpl che tossiva e sbuffava a ogni semaforo manco fosse stata il Ronzinante di Don Chisciotte. Nell’abitacolo la miscela d’odori corporei doveva essere insopportabile già dopo le prime due ore di viaggio se è vero che i cinque furono avvistati in un autogrill all’altezza di Chianciano Terme. Con ogni probabilità gli fu d’obbligo entrare in quel regno del Camogli e del Rustico perché mancava loro la pecunia per tuffarsi nelle sorgenti in cui si celava la dea etrusca Silene. O forse a mancare era stato il tempo, poiché il piano prevedeva una sosta obbligata nelle due maggiori città del centro prima di giungere nella capitale della cotoletta. L’intento era quello di far proseliti, ma vuoi per la mancanza di posto – a meno di non voler legare qualcuno sul tetto dell’auto – vuoi per la paura dell’impresa, il numero del battaglione non s’ingrossò, anzi. Già durante quella prima sosta si narra* che vi fu il rischio di perderne uno di questi strambi prosatori, ché poi a dire il vero era quello che meglio giocava col ritmo e il suono delle parole, che si dilettava in poesia sonora insomma. Costui era anche il più squattrinato del gruppo, perciò costretto al risparmio fin dal primo chilometro, tanto da ingegnare modi non proprio ortodossi per riempirsi la prominente pancia. Uno di questi era l’acquisto di baguette e salamini piccanti, unici beni messi allora in svendita in quell’impero che non conosce l’inflazione, dove tutti i prezzi sono omogeneizzati al rialzo, come un calmiere rovesciato. Questo poeta era fortemente contrario agli effetti della globalizzazione, all’omogeneizzazione dei prodotti e dei dialetti, eppure era cittadino del mondo, come dimostra una foto, ritrovata tra gli atti del processo, in cui consuma il suo pasto frugale seduto sul cofano dell’auto, perché quel desco fosse aperto a tutti. Vuoi per la fame che gli mise troppa fretta, vuoi per la composizione misteriosa di quei piccoli salami, tant’è che il cantore del basso Lazio** fu còlto da improvvisa colica intestinale, che costò all’importante impresa un ritardo di ben venti minuti sulla tabella di marcia.

In verità pare che in principio non vi fosse nessun piano preordinato, che insomma si trattasse semplicemente di un’operazione di marketing travestita da azione dimostrativa. Per i critici più avveduti essi cercavano soltanto di vendere qualche copia in più dei loro introvabili testi, che avevano stipato in un paio di scatole di cartone con la speranza di vederle svuotate al ritorno.

Gli è che questi cinque, a dirla franca, erano dei perfetti sconosciuti che avevano avuto una sola idea buona nella vita: quella di aggregarsi intorno a un concetto non certo originale, ma sintomatico dell’epoca in cui si erano ritrovati in svendita come merci da discount.

Qua vi è però richiesto un grosso sforzo d’immaginazione, cari i miei lettori, almeno che anche voi non siate di quei pochi che non equiparino l’arte alla sfilata dell’io nel buon salotto cittadino, o paesano se preferite, per non parlare di chi si accontenta di usarla, l’arte, come chincaglieria da appendere per casa.

Simone Ghelli

* E qui devo aprire un inciso, poiché dovrebbe ormai esser chiara al lettore la composizione del materiale qui riportato: le fonti da cui mi abbevero sono per lo più non ufficiali, quando non semplici dicerie, e questo mi ha spinto a ricamar di penna e a prendermi non poche licenze nel riportare questi fatti assolutamente straordinari. D’altronde è proprio per via della loro straordinarietà e per l’urgenza di verità che affama ogni scrittore se accetto il rischio di uscir fuori del seminato.

** Per ottemperare alle nuove restrizioni in materia di divulgazione di notizie di carattere personale non posso ahimè esser più preciso.