Resti
marzo 25, 2010 Lascia un commento
Il diavolo telefonò alle tre e diciassette del mattino,
ma non avevo niente da dirgli,
così riattaccai.
Fuori pioveva, come da contratto.
Travestita di buio, nella camera da letto,
la mia ragazza urla “NO!”, nel sonno.
È spaventata, ma non si sveglia.
Fuori pioveva, come da contratto.
E nessun nano canterino a tenderci la mano,
né principi esiliati a farci compagnia.
Nessuno sguattero di stato, scrivani abbronzati, casalinghe appagate, risparmiatori fidelizzati,
nessun cerchio tracciato nella polvere, amorevolmente costruito intorno a noi,
a proteggerci dal terrore di una scelta previdenziale fatta male.
Niente batteri nascosti nel cesso, né merendine tumorali energizzanti in offerta.
Nessuna frana e nessun collasso sistemico dell’economia mondiale.
Niente terremoti, niente emergenze, niente collette para statali a fin di male.
Niente scuola, niente informazione, niente lavoro. Niente soldi.
Niente musica.
Niente sigarette.
Niente vino.
Niente sorrisi felici macchiati di fluoro.
A parte tutto:
niente.
Fuori pioveva, come da contratto.
Così niente,
a parte la merda di cane sui marciapiedi,
le scuse da inventarsi,
le ascelle da lavare,
i peperoni muffiti da buttare,
le cicche da riutilizzare,
le parole da cercare,
il cesso da lavare,
il lavoro da cambiare,
i conti da pagare,
il gas da respirare,
la fortuna da grattare,
il pusher da chiamare,
la macchina da aggiustare,
e una intera vita da spiegare.
Il diavolo telefonò alle tre e diciassette del mattino,
ma non avevo niente da dirgli,
così riattaccai.
Ma adesso,
dopo un paio di litri di caffè arabico,
pochi grammi d’erba ben dosata,
e qualche boccia di nero d’ Avola a temperatura ambiente,
adesso spero che il diavolo richiami.
E quando lo farà dirò semplicemente:
hai preso tu il mio accendino?
Perché è questo quello che resta alla mia generazione.
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