La grande stanchezza

-di Marco Montanaro

[Questo post continua evidentemente da QUI e da QUI, ma può essere letto in totale autonomia rispetto ai pezzi indicati.]

Un vecchio maestro mi ha detto che nell’Ottocento, coi romanzi, era la stessa cosa. La gente ci finiva dentro, ci restava attaccata, assumeva pose e si rappresentava come nel libro che stava leggendo. I libri erano in grado di permeare le nostre vite fino al midollo. Erano pervasivi.

Adesso tutto si misura sulla pervasività della rete. Il modo in cui ci rappresentiamo, in cui diamo indicazioni di noi stessi (la musica che ascoltiamo, le foto in cui siamo felici o solo ridicoli, i posti in cui andiamo, ecc.). La narrazione delle merci, su cui hanno costruito la loro fortuna molti scrittori americani e anche qualcuno nostrano (mi viene in mente Aldo Nove, ma potrei sbagliarmi), ha fatto il suo tempo. Bisognerebbe raccontare di come le merci siano divenute un corollario, di come le vere merci siano le sensazioni, i sentimenti, le esperienze, tutto ciò che costruisce una persona. Tutto questo accade mentre là fuori c’è una spaventosa crisi economica mondiale. Da queste parti la sensazione è sempre quella del Titanic, dell’affondare cantando.

Registro in questi giorni che alcune cose funzionano con dinamiche molto simili: si sta progressivamente espungendo il fatto letterario dalla letteratura (sempre più simile alle sceneggiature dei film o alle guide turistiche) e la vita dalla vita. Quest’ultima cosa mi pare molto preoccupante. Si sta eliminando dalla vita l’idea della fatica fisica, della disperazione, della morte reale, fuori da ogni Leggi il resto dell’articolo

Pubblicità

Non moriremo commercialisti

di Dario Morgante

«Bella esperienza vivere nel terrore, vero? In questo consiste essere uno schiavo».
Roy Batty, Blade Runner

Quest’anno l’Avvoltoio ci lascia 100 euro.

I nostri partiti politici presentano programmi che disquisiscono su come utilizzare questi 100 euro. Tutti promettono «maggiore legalità», che nessuno si azzardi a rubare neanche uno di quei 100 euro! E poi in coro: meno tasse, più investimenti, più lavoro per i giovani, servizi più efficienti.

Stiamo votando per scegliere il miglior commercialista sulla piazza.

Il prossimo anno l’Avvoltoio (quello che in Grecia sta facendo i morti per fame) magari ci lascerà 80 euro. L’anno successivo – chissà – forse 50.

I nostri commercialisti saranno senz’altro bravissimi a tagliare la spesa pubblica e a ritoccare le tasse per affrontare la situazione Leggi il resto dell’articolo

La società dello spettacaaargh! – 8

[La società dello spettacaaargh! 1 – 2 – 3 – 4 – 5 – 6 – 7]

Caro Jacopo,

grazie innanzi tutto per la precisazione sull’Illuminismo. Mi rendo conto che l’avevamo trattato da diverse prospettive, girando un po’ intorno a una sua definizione, solo sfiorata. Faccio presente, per sintetizzare le nostre posizioni e i nostri linguaggi (ma correggi pure se scorgi errori, mi raccomando) come nel breve scritto di Kant sia toccato un discorso da me posto:

Forse una rivoluzione potrà sì determinare l’affrancamento da un dispotismo personale e da un’oppressione avida di guadagno e di potere, ma mai una vera riforma del modo di pensare.

Ossia che la riforma del modo di pensare non può prescindere dal percorso individuale: ci si può emancipare dall’oppressione in quanto istituzione sociale, ma questo non determina, di per sé, una liberazione individuale, in particolare per quanto riguarda le categorie di pensiero. Ciò ritorna anche nel discorso che fai, mi pare, sulla contiguità tra fascismo e berlusconismo (che condivido in particolare sull’elemento che individui, il «me ne frego»): ci siamo liberati di quella nefasta dittatura, ma ciò non ha coinciso, immediatamente e automaticamente, con l’emancipazione dal modo di pensare fascista. Leggi il resto dell’articolo