The sound of Seattle

di Gabriele Merlini

[Ri]comprarsi il contemporaneo a diciottomila lire.
«The sound of Seattle» di Chiesa e Blush.
Stampa alternativa, 1993.

Funzione principale di una recensione dovrebbe essere stimolare l’interesse per un testo. Sia che ne esca bene, sia che ne esca con le ossa rotte. Condizione essenziale per il favorevole sviluppo dell’intera operazione: la possibilità (anche remota) di recuperare il testo in questione.
Nello specifico sembra una missione quantomeno disperata, ma amen. È infatti qualcosa di antico e intimo che sta spingendomi a scriverne e non posso sottrarmi nonostante le evidenze (per caso ne posseggo ancora una copia. Impolverata e dagli angoli morsicati. Difficile quantificare il numero dei fortunati tipo me).
Titolo: «The sound of Seattle». Autori: Guido Chiesa e Steve Blush. Collana Sconcerto di Stampa Alternativa. Anno domini millenovecentonovantatré e addirittura dai ringraziamenti un brivido di flanella torna a scorrere lungo la schiena del rottame nostalgico: Jonathan Ponemann e Bruce Pavitt della Sub Pop, etichetta discografica che lanciò Leggi il resto dell’articolo

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Un amore dell’altro mondo

Un amore dell’altro mondo (Einaudi, 2002)

di Tommaso Pincio

 

Load up on guns and bring your friends it’s fun to lose and to pretend

La voce di Kurt Cobain – ascoltandola sedici anni dopo – fa ancora male. Come una di quelle cicatrici che non si sono mai rimarginate completamente e periodicamente tornano a procurarci dolore. Come la sofferenza di certi ricordi che teniamo sepolti in modo che non riaffiorino a tormentarci.

Homer B. Alienson vive ad Aberdeen. Ha una attività: vende vecchi giocattoli spaziali per corrispondenza. Sono anni che non dorme, l’insonnia forzata lo protegge dagli incubi di cui ha terrore e in cui potrebbe sprofondare. I suoi giorni sono interminabili. Una notte, camminando nei pressi del North Aberdeen Bridge, sente qualcuno che urla. È un ragazzo magrissimo – probabilmente lo stesso che ha imbrattato la città di graffiti dai contenuti provocatori – che allena le sue corde vocali. È Kurt e lui è “Boda”, e tra loro nasce un’amicizia intensa che li terrà legati per anni.

Tommaso Pincio ci regala un romanzo intenso, prezioso. La storia – romanzata – di Kurt Cobain è dolorosamente necessaria. È il racconto di una vita, è il racconto di un’intera generazione, del periodo a cavallo tra gli anni Ottanta e le promesse delle “magnifiche sorti e progressive” e l’inizio degli anni Novanta: la prima guerra contro l’Iraq, la saga di Twin Peaks che ha incollato al video milioni di spettatori con la fatidica domanda «Chi ha ucciso Laura Palmer?», l’infrangersi di mille promesse mai mantenute contro la superficie liscia della realtà. Cobain è un uomo forte e fragile allo stesso tempo, un ragazzino sperduto, la sua rabbia – urlata dal palco, ingoiata e mal digerita – è quella che ancora ci portiamo dentro, i suoi sogni irrealizzati sono quelli di tutti noi. Su di lui è stato detto e scritto di tutto: la sua dipendenza dall’eroina, i suoi problemi psicologici, la sua relazione travagliata con Courtney Love, sua moglie. Suo malgrado, Kurt Cobain è divenuto l’eroe dagli occhi tristi di milioni di persone adoranti ovunque nel mondo. Ma non è quello che avrebbe mai voluto. E Pincio non ne fa un eroe, ma tratteggia la vita di un uomo giovane e disperatamente solo, di un’amicizia e di una complicità che vanno oltre lo spazio e il tempo.

Un uomo che premerà il grilletto del suo fucile l’8 aprile 1994.

Così come farà il suo migliore amico, Boda, non appena ricevuta la sua straziante lettera d’addio.

 

Our little group has always been and always will until the end…

Serena Adesso