Uno più crudele dell’altro (consigli di lettura)

di Vanni Santoni

Lo so, un post di consigli di lettura che appaia adesso somiglia pericolosamente alle “liste di libri da regalare per Natale” o a quelle “I migliori libri del 2013”, e forse lo è. E tuttavia lo faccio lo stesso perché tanto, noto adesso, riguarda libri che al natale non sono per niente adatti: libri spietati, anzi crudeli.

Il primo è a colpo sicuro, ed è senz’altro La vita in tempo di pace di Francesco Pecoraro (Ponte alle grazie): romanzo tosto, grosso, fluviale, pieno di roba (come ci si aspetta da un romanzo tosto, grosso e fluviale che sia anche buono), e soprattutto bello, probabilmente il migliore del 2013, anche nel suo ricordarci che, comunque, stile > vicenda.
La vita in tempo di pace ha la sua forza principale nel punto di vista del protagonista, l’ingegnere Ivo Brandani, un punto di vista liminale, di crisi, quasi annunciatore di disgrazie – la morte, ovvio, ma forse anche il disastro prossimo venturo, lui che, nato nel 1945, non ha visto, per l’appunto, che pace e cerca la bellezza nelle forme d’ala perfette di un’arma, lo Spifire…

“ […] Pace era stata l’Alfa Romeo GT Veloce, la Volkswagen, il flying dutchman… Tempo di Pace fu l’università e tutto quello che vi successe. E quello che successe dopo e dopo ancora… Tempo di Pace è stato tutta la mia vita. Noi, nativi della pace, non ci accorgiamo di come la non-guerra ci ha plasmato e reso diversi da tutti quelli vissuti prima di noi… Pace, pace Leggi il resto dell’articolo

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Pentalogo estemporaneo sulla morte – #TUS3

Alessandro BariccoIn attesa del numero di Riot Van dedicato alle Letture terminali del reading Torino Una Sega 3, vi proponiamo il testo di Daniele Pasquini, che ha letto anche da Il giorno che diventammo umani di Paolo Zardi. Torino Una Sega 3: quel reading là che si è tenuto al Caffè Notte una sera di Ottobre, dove si leggeva dieci minuti a testa e ci stava un sacco di gente. E ora, buona lettura con “Pentalogo estemporaneo sulla morte – Ovvero come tentare di orientarsi nella vita riflettendo su storie (ed ipotesi) di decesso”.

Uno
Vi sono molti scrittori viventi, molti scrittori morti, molti scrittori morti suicidi, molti scrittori mezzo e mezzo, molti scrittori che sono vivi ma che non si vedono mai, neppure in occasioni come Torino Una Sega. Io vado spesso in fissa con gli americani, e mi interrogo più spesso di quanto sia decente fare su chi di loro sarebbe venuto qua, se solo ne avesse avuto l’opportunità. Mi convinco che uno come J. D. Salinger sarebbe venuto al Caffè Notte ma senza farsi riconoscere, e pure D. F. Wallace, anche se solo per un po’ e senza intrattenersi in chiacchiere. Bukowksi sarebbe stato troppo concio, mentre Hemingway e Kerouac si sarebbero divertiti come dei pazzi, avrebbero rimorchiato un sacco e poi sarebbero andati a fare casino di fronte a qualche bar. Non sarebbe mai venuto Carver, e neppure Yates. Sono possibilista su Fitzgerald e su Faulkner. Cormac McCarthy avrebbe fatto un trucinio assurdo aprendo il fuoco verso il bancone. Leggi il resto dell’articolo

Il giorno che diventammo umani

di Francesca Chiappalone

Il giorno che diventammo umani
di Paolo Zardi
Neo edizioni (ottobre 2013)
Pag. 203, Euro 14,00

Scrivere di quanto l’essere umano sia difettoso o debole è piuttosto facile, non mancano le parole, è una condizione che viviamo e che, se proprio evitiamo di foderarci gli occhi con gli unicorni, non possiamo non notare. Farlo con grazia, con la punta dell’ironia temperata, con quel tipo di dolcezza che accompagna la sconfitta e le mani vuote, è invece più complicato. Non basta il talento, la maturità, il giusto peso che diamo alle parole, bisogna essere consapevoli della natura che portiamo addosso, della sua labilità, e continuare comunque a tenere il mento alto, l’orecchio teso, la possibilità di una risata tra le parole tradimento, perdita, malattia.
Paolo Zardi sembra che abbia proprio quel tipo di dolcezza, un modo di farti ridere anche se dieci pagine prima ti aveva fatto piangere dentro la metro. E nemmeno ti deve spingere, dentro le sue storie, perché sono quadri dentro i quali salti da solo, senza dover essere per forza felice e contento come Mary Poppins. Ritratti di persone che potrebbero assomigliare a chiunque e che si trovano, per la prima volta lucidi, davanti alla vita, in tutto il suo miscuglio di schifo e desiderio.

Qual è il giorno in cui siamo diventati umani?
È proprio quel che ci si chiede leggendo questi racconti (qui uno dei racconti in anteprima, ndr) che sono intrecciati con lo stesso filo Leggi il resto dell’articolo

Acido desossiribonucleico

In anteprima esclusiva vi presentiamo questo racconto, dal nuovo libro di Paolo Zardi, Il giorno che diventammo umani (Neo edizioni), da domani nelle librerie. Buona lettura.

Era rimasta incinta nel modo più classico e stupido: il preservativo, tirato fuori dalla confezione, si era lacerato, permettendo così al seme del suo compagno di raggiungere la tuba di Falloppio. Là dentro uno spermatozoo aveva raggiunto l’ovulo e ne aveva perforato la parete, dando così inizio alla mitosi di una nuova cellula. Erano bastati pochi minuti per definire il progetto di un nuovo individuo: lei aveva messo ventitré cromosomi, lui gli altri ventitré, e quindi era iniziata la lotta tra geni dominanti e geni recessivi. In palio, c’erano i contorni degli organi interni, le circonvoluzioni del cervello, il colore degli occhi, il grado di propensione alla depressione e al gioco d’azzardo, la base di partenza sulla quale costruire i futuri gusti sessuali, la lunghezza dell’alluce rispetto all’indice dei piedi, i talenti, i denti e la mandibola, il tono della voce, il sesso. E il viso.
Il suo compagno si era mostrato molto sereno, come fosse ingenuamente convinto che la procreazione richiedesse una volontà consapevole, assente nel momento di quel preciso orgasmo. Mesi prima, mentre erano in vacanza a Malta – un regalo di alcuni amici – avevano parlato della possibilità di avere figli, e sebbene a lui non sarebbe dispiaciuto averne uno, perché aveva trentacinque anni, e conservava bei ricordi della propria infanzia, il no categorico di lei aveva reso inutile qualsiasi ulteriore considerazione.
Ma lei era preoccupata. Quando si era resa conto di quello che era successo, aveva subito calcolato quanti giorni erano passati dall’ultima mestruazione, usando come punto di riferimento la domenica in cui era andata in una piscina termale con la sorella del suo compagno, e il marito di lei. Nello spogliatoio, mentre si metteva il costume, si era accorta, con un certo disappunto Leggi il resto dell’articolo