Let. In. 15

Let. In.
Antologia di Letteratura Inesistente a cura di Carlo Sperduti  – istruzioni per l’uso

(#1 – #2 – #3 – #4 – #5 – #6 – 7# – 8# – #9 – 10# – #11 – 12# – 13# – 14#)

Bianca come il latte, bianca come il sangue
di Alessandro D’Avena
(Montatori)

Fratello della meno famosa Cristina, Alessandro scrive una storia a tratti struggente di un sedicente sedicenne di nome Leo, daltonico dalla nascita. Tutto per lui è bianco, modi di dire inclusi : “Essere bianco d’invidia”, “Film a luce bianca”, “Essere d’umore bianco” e “Avere il conto in bianco”. Leo è innamorato di Beatrice, una ragazza che frequenta la sua stessa scuola. Beatrice però nasconde un segreto: è ripetente. Viola di rabbia, Leo scambia il viola per bianco e diventa bianco di rabbia. Il suo pallore sospetto però viene notato dalla sua amica Silvia, che si innamora di lui. Leo, ringalluzzito, si dà alla politica. Viaggia in auto blu, che purtroppo vede bianca. E le auto bianche, si sa, sono le ambulanze, per cui Leo viene internato in un sanatorio e condannato a ripetere in eterno le scuole dell’obbligo.

Francesco Muzzopappa

Rimario criminale
di Giancarlo De Catarro

Autore dal passato turbolento, De Catarro, conosciuto a Tor Bella Monaca con il soprannome di “Verdone”, scrive il suo esordio poetico durante un periodo di soggiorno nel carcere di Regina Coeli.
La raccolta di testi poetici racconta con crudezza il sottobosco criminale romano mettendone in luce gli aspetti più violenti e le connessioni con il potere in un intreccio di realtà e finzione il cui respiro epico è stato colto con efficacia da Cu Mink 1 nel suo saggio Niu Italian Ernie.
La leggenda vuole che molte delle poesie di Rimario criminale siano state composte attingendo copiosamente Leggi il resto dell’articolo

Pubblicità

La linea infinita

La rubrica Interlinea ƒ64 nasce dalla collaborazione tra La Rotta per Itaca e Scrittori precari: una volta al mese, uno scrittore, leggendo tra le righe di una fotografia, ci racconterà una storia in profondità di campo.

Quello che segue è il secondo racconto.

di Ilaria Mazzeo da una foto di Andrea Pozzato

 

Da Rogoredo a Stazione Centrale ci sono undici fermate della linea gialla della metro.

Sara lo sa perché le ha contate sulla cartina, e le sembrano inaffrontabili, infinite; ostili.

Tutto è ostile, da due anni a questa parte.

Inizia a scendere le scale, con il cuore che ogni tanto, le pare, salta un battito; ma poi lo recupera in velocità.

Sara si fa forza stringendo in mano il suo ciondolo. Glielo ha regalato suo padre, molto tempo fa. Poi si tocca la pancia, e attraverso la maglia sente quel calore che la rassicura. Sembra dirle: «Non sei sola».

Sola lo è stata, per tanto. Percorrendo il lungo corridoio che porta ai tornelli, Sara cerca di non pensare a quello che sta facendo, ma non ci riesce. Butta le chiavi di casa in un cestino, e prosegue, rasentando il muro, con la gente che la supera velocemente, senza degnarla di uno sguardo.

L’idea gliel’ha data Julia Roberts.

Qualche sera prima, in tv, ha visto un vecchio film con lei protagonista. Il titolo era stupido: A letto con il nemico, ma Sara ha seguito con grande attenzione, mentre suo marito russava nell’altra stanza.

Nel film, la diva Julia è sposata con un animale che la picchia e la umilia in tutti i modi; i due vivono in una casa bellissima con vista sull’oceano, e il pazzo è un uomo alto, prestante, con folti capelli neri.

Sara e suo marito vivono in un bilocale con vista sui binari della stazione di Rogoredo, e lui non somiglia proprio per nulla a un attore americano; per il resto, però, la situazione è la stessa. E lei, come la Roberts nel film, ha deciso di scappare.

Fino a pochi giorni prima una soluzione del genere non le era balenata alla mente nemmeno nelle sue fantasie più sfrenate; neanche dopo l’ennesima umiliazione subita al Pronto Soccorso, dove una dottoressa, a occhio sua coetanea, le aveva detto apertamente che quei segni sul collo e sulla schiena non erano compatibili con nessuna caduta, e che la smettesse di prenderla in giro, per favore.

Lei era stata zitta e aveva tenuto gli occhi bassi, come quando, a scuola, la beccavano impreparata; si era fatta medicare e incerottare per bene ed era filata a casa a preparare la cena, terrorizzata che lui tornasse da lavoro e non trovasse il piatto in tavola.

Sara arriva al tornello e tira fuori il biglietto, che, nell’agitazione, le cade per terra. Lo raccoglie con mani tremanti e lo inserisce nella fessura.

Con gli occhiali da sole, là sotto, vede a malapena dove mette i piedi, ma non se li toglierà per nessun motivo, così come non si toglierà il cappellino da baseball con la scritta “I love Milano”, comprato appositamente su una bancarella del mercatino di Senigallia per poterci poi nascondere i capelli sotto. Nel film, la Roberts si metteva una parrucca bionda. Lei non avrebbe saputo dove andare a comprarla e, comunque, ha pochi soldi.

Il tornello si sblocca e Sara passa oltre, cercando di non accelerare. Si guarda intorno: nessuno fa caso a lei. Forse, grazie allo zaino e al cappellino, può passare per una turista. Vorrebbe correre, ma non lo fa; fino a stasera, del resto, lui non potrà accorgersi della sua fuga. Non hanno il telefono fisso, a casa, e lei ha simulato uno scippo con conseguente perdita del telefonino, proprio il giorno prima. Lui, naturalmente, si è incazzato di brutto, e le ha urlato che se lei, inutilezoccola, è così stronzadeficiente da farsi derubare dal primo rumenodimmerda che passa per la strada, a lui nonglienefregauncazzo, e il cellulare, almeno per ora, non glielo ricomprerà, ziocane.

In realtà il cellulare Sara ce l’ha nello zaino, ma con un’altra Sim, acquistata ieri.

La sua è andata a lanciarla nel Naviglio Grande, insieme alla fede; così, se mai le ritroveranno, magari penseranno che si è suicidata, o che l’hanno uccisa. Per lei va bene. Le sarebbe andato bene anche morire, fino a pochi giorni fa; ora, però, non vuole più.

Sara è sulla banchina, adesso; il tabellone luminoso comunica che al prossimo treno per Maciachini mancano tre minuti. Avrebbe preferito trovare il treno già pronto ad accoglierla nella sua panciona lucida, ma non tutto può andare come nei film. Ora che è riuscita ad arrivare fin quaggiù si sente più forte: non credeva che ce l’avrebbe fatta. Forse allora è vero che non è quella nullità che il marito sostiene.

Ripensa a sua madre, a quando le ha telefonato, ieri. Non la sentiva da due anni, ma non si è stupita che la voce fosse sempre la stessa, uguale a quella che ha continuato a venire a trovarla in sogno: bassa e decisa, senza mai un’esitazione. Sara, invece, balbettava. Mi aiuterai, mamma? Sì. Posso venire da te, mamma? Sì, figlia mia. Ti voglio bene, figlia mia.

«Anche io, mamma».

Sara lo dice ad alta voce, entrando nel treno della metropolitana, diretta alla Stazione Centrale, da dove ripartirà per Napoli, e da lì per Agropoli, il suo paese. Qualcuno si volta a guardarla, ma lei bada solo a trovare un posto libero per sedersi. Rogoredo rimane alle sue spalle, e anche Porto di Mare, Corvetto, Brenta

Sara tiene le mani posate delicatamente sul grembo, per sentire ancora quel calore forte, rassicurante.

«Ce ne andiamo, piccolo mio,» mormora. E sorride.

Il silenzio perfetto

«Tuo nonno aveva la patente ma non ha mai guidato» dice Vera, sedendosi in cucina.

«Si è sempre vergognato di ammetterlo, ma girava solo in taxi e in monopattino.»

«È per questo che ebbe quell’incidente sbattendo contro il cartellone pubblicitario del mobilificio Fichera?» le chiedo, perdendo improvvisamente interesse per la maschera purificante all’argilla che sto mescolando nel vaso finto Ming, regalo dello zio Aristide.

«No, quello fu perché si era messo in testa di provare lo skateboard. Ma non aveva capito come svoltare a destra. A sinistra sì, però.»

«Lasciamo perdere. Non capisco perché tu debba tirare fuori questi ricordi dolorosi proprio adesso, lo sai che mi sconvolgono e poi non riesco più a ricordare se lo smalto per unghie color prugna californiana si abbini meglio al risotto ai quattro formaggi o alla trapunta in vera piuma d’oca.»

«Sei una povera pazza» sbuffa lei, aggiustandosi i capelli con la punta di un ombrello «lo sanno tutti che lo smalto non si usa più: molto meglio l’Alka Seltzer.»

«Vallo a dire a Thomas Stearns Eliot.»

«E’ stato tuo professore?»

«No, però è lui che ha detto che aprile è il più crudele dei mesi.»

«Sai che scoperta. Il tuo parrucchiere è nato ad aprile.»

«Anche tu, se non sbaglio.»

«Può essere. L’importante è che tu non vada a dire in giro l’anno, comunque.»

«Quando tu mi parli di anniversari, Vera, mi viene sempre in mente un’altra citazione: Sei come una stucchevole torta di compleanno; una torta di cui tutti, però, hanno assaggiato almeno una fetta.»

«Sarebbe riferita a me?» domanda lei incuriosita.

«Ma noooo, alla moglie del portinaio» rispondo, spalmandomi la maschera sul viso e gettando il vaso dalla finestra.

«Quella donna orribile! È sempre vestita come se fosse appena uscita dal cassonetto della raccolta indifferenziata» esclama Vera.

«Il marito poi sembra Danny De Vito, però più grasso.»

«Se è per questo, il figlio somiglia a Pete Doherty, però più fatto» conclude lei.

Poi si sistema una teiera in testa e se ne va, non senza aver prima dato un po’ di acido muriatico alle piante rampicanti del terrazzo.

Nel dormiveglia mi resi conto che, a mia memoria, quella era la prima volta che sognavo mia madre. Probabilmente non era un caso che il sogno non avesse avuto alcun senso logico, pensai, mentre mi riassopivo.

Ilaria Mazzeo

Estratto dal romanzo Il silenzio perfetto (Intermezzi editore)

Al traguardo, al traguardo…

Maratona letteraria

Maratona letteraria

– 2

Maratona letteraria

Maratona letteraria

Edizione straordinaria

Maratona letterariaAnteprima capitolina

“Scrittori precari Reading tour 2009”

Maratona letteraria

Giovedì 17 settembre 2009

Associazione culturale Simposio

Via dei Latini 11/ang. via Ernici

San Lorenzo – Roma

ore 19

Gianluca Liguori

Antonio Romano

Girolamo Grammatico

Ilaria Mazzeo

ore 20

Simone Ghelli

Cristian Giodice

Dario Falconi

Peppe Fiore

ore 21

Intramezzo musicale di Mad. Res. Klern

Alex Pietrogiacomi

Roberto Mandracchia

Alessandro Hellmann

ore 22

Intramezzo musicale di Mad. Res. Klern

Luca Piccolino

Luca Moretti

Cristiano Armati

ore 23

Intramezzo musicale di Mad. Res. Klern

Andrea Coffami

Dario Morgante

Massimiliano Coccia

Chiusura musicale di Mad. Res. Klern

* probabile partecipazione precaria di Vanni Santoni

Pronti per correre?

maratona letteraria

Anteprima capitolina

“Scrittori precari Reading tour 2009”

Maratona letteraria

Giovedì 17 settembre 2009

Associazione culturale Simposio

Via dei Latini 11/ang. via Ernici

San Lorenzo – Roma

Di seguito il programma:

ore 19

Gianluca Liguori

Antonio Romano

Girolamo Grammatico

Ilaria Mazzeo

ore 20

Simone Ghelli

Cristian Giodice

Dario Falconi

Peppe Fiore

ore 21

Intramezzo musicale di Mad. Res. Klern

Alex Pietrogiacomi

Roberto Mandracchia

Alessandro Hellmann

ore 22

Intramezzo musicale di Mad. Res. Klern

Luca Piccolino

Luca Moretti

Cristiano Armati

ore 23

Intramezzo musicale di Mad. Res. Klern

Andrea Coffami

Dario Morgante

Massimiliano Coccia

Chiusura musicale di Mad. Res. Klern

Maratona letteraria

Anteprima capitolina – “Scrittori precari Reading tour 2009″

Maratona letteraria

Giovedì 17 settembre 2009

Associazione culturale Simposio

Via dei Latini 11/ang. via Ernici

San Lorenzo – Roma

Qui il programma con tutti gli ospiti della serata.