Ecco la seconda cinquina di domande a Sara Ventroni (SV) e Alessandro Raveggi (AR), tra i firmatari dei manifesti TQ. Coloro che avessero perso la prima parte dell’intervista possono leggerla qui.
SP: I partecipanti alla prima riunione nella sede della casa editrice Laterza (di cui peraltro non è mai uscita la lista) sono stati reclutati attraverso gli inviti, autonomi e spontanei, da parte dei cinque firmatari dell’articolo. Sempre i più maliziosi, però, hanno notato che si trattava perlopiù di autori che hanno pubblicato (o che stanno per pubblicare) con Minimum Fax, Fandango, Contromano Laterza, Einaudi (e qualche Mondadori) e di addetti ai lavori che ruotano attorno a queste case editrici. In un post pubblicato qui su Scrittori precariEnrico Piscitelli faceva notare che il 46% dei 54 fondatori di TQ ruota attorno all’orbita Minimum Fax e sospettava che, dietro “tutto questo parlare”, ci sia l’interesse di rafforzare un “gruppo” già esistente. Che ne pensate? Leggi il resto dell’articolo
M’ero ripromesso di non guardarla più, l’Italia, dopo la sciagurata impresa di quattro anni fa. Già all’epoca gli tifavo contro, io, al viareggino che aveva lasciato a casa Cristiano Lucarelli, il 99 amaranto che faceva sognare Livorno. Poi dicono che la politica non c’entra: e allora per quale motivo non convocare il capocannoniere, uno che all’epoca era capace di trasformare due assist in tre gol?! Alla mia domanda i più rispondevano che non c’aveva esperienza, ma dopo sole due o tre birre c’era chi azzardava che fosse per via della casacca che vestiva, perché a fare le nazionali sono i grandi club, quelli che contano per via di tutti i soldi che spendono. Poi, dopo un’ora passata a pungolarli peggio delle zanzare, veniva fuori l’episodio del Che Guevara in under 21, e i gol col pugno alzato e le dediche ai lavoratori licenziati e alle BAL. Eccola la politica, gongolavo io, quella che in tv stanno tutti lì a dire che non c’entra niente col calcio. Ma se le discussioni in Parlamento son certi buglioni peggio che sta in curva allo stadio?! E poi, con tutti i soldi che smuove, il calcio, vorrei proprio vedere se non facesse gola alla politica.
Eppure all’epoca io ci speravo davvero, col Livorno che era addirittura andato in Coppa Uefa dopo anni passati a mangiare la polvere in certi campetti buoni giusto a coltivarci le patate; ci credevo davvero al sogno del ragazzo nato all’Ovosodo che avrà senz’altro giocato al calcio nei gabbioni. Ché poi, pensavo, chissà stavolta come esulterà per i gol: sai quante curve listate a lutto con tutte le loro svastiche e croci celtiche, quante curve che verrebbero giù con un bel tonfo, e noi a fargli il funerale con un ponce dopo l’altro?!
E invece non è successo niente di tutto ciò quattro anni fa, e s’è vinto con quell’inno idiota del Pooo PoPò PoPoPooo, e poi i caroselli per Roma capitale con tanto di rispolvero di vecchi stemmi e simboli che per legge non si dovrebbero vedere, ma per una vittoria al mondiale sai che ce ne frega a noi della legge, e pure sopra la crisi si passerebbe stavolta, e giù altri tagli alla scuola e alla cultura… Allora io quest’anno ho deciso che tiferò Costa d’Avorio e Ghana, che magari lì la politica ancora non c’entra per davvero, e il calcio è un calcio alla miseria, a un pallone che chissà quanti bambini hanno fatto star svegli per cucirlo. Ché poi, con tutti i macelli che c’abbiamo combinato, noi e gli altri europei, e con tutti i soldi che diamo ai calciatori, ci vuole proprio un bel coraggio ad andare a giocare a pallone in Africa…
Alcune note sparse su Cristiano Lucarelli e il Livorno.
Il numero 99 sulla maglia di Cristiano Lucarelli allude all’anno di nascita delle BAL (Brigate Autonome Livornesi), che nacquero nel 1999 dalla fusione di diversi altri gruppi di ultras, e che si sciolsero nel 2003 in seguito ai continui provvedimenti presi nei loro confronti.
Lucarelli festeggiò il suo primo gol nella nazionale under 21 mostrando una maglietta con il logo degli ultras livornesi, raffigurante il Che.
L’Ovosodo è il nome di uno dei quartieri di Livorno, famoso per l’omonimo film di Paolo Virzì.
Il gabbione è un campo di calcetto sull’asfalto e recintato da tutti e quattro i lati da una rete che non fa mai uscire la palla dal gioco.
Commenti recenti