Trauma cronico – Terra molle

L’Italia che crolla a pezzi non è più solo una metafora. L’ultima tragedia l’abbiamo vista a Messina, ma i precedenti non sono lontani e nemmeno sporadici, terremoto in Abruzzo su tutti.

La natura si riprende quello che l’uomo abusa, e porta vittime e dolore. L’Italia muore per le speculazioni di disumani umani, per il profitto spregiudicato, per un’etica comportamentale sepolta dietro l’illusione del lusso e della ricchezza. Un egoismo incontrollato, la totale non considerazione del prossimo, ignoranza e miopia devastante porteranno ancora tanta tragedia e desolazione. Non c’è alcun segnale di reazione, si subisce inermi, inerti, impauriti.

Parlano di sicurezza nelle strade e dimenticano i pericoli dentro le mura degli appartamenti, il territorio precario che hanno saccheggiato.

Nessuno si preoccupa dell’ambiente, nella stanza dei bottoni. Nessuna prevenzione, nessuna attenzione: speculazione e saccheggio, che hanno ridotto una terra meravigliosa, Italia, in un campo minato.

L’uomo è un essere così piccolo e indifeso che non dovrebbe millantare crediti che non ha. La natura azzera sempre il debito con la sciatteria umana. Nessuno più si chiede dove stiamo andando. La strada per il cambiamento passa attraverso il lavoro e il sacrificio. Non esiste una bacchetta magica che dalla sera alla mattina cambi l’ordine costituito delle cose, lo si deve bene tenere in mente. Il cambiamento è un processo quasi sempre lento, e mentre le cose cambiano, in realtà non cambia niente. Bisognerebbe ogni momento riappropriarsi del proprio tempo e del proprio spazio invece di sciupare il tempo prezioso in futili rappresentazioni. Viviamo in questo luogo assurdo, Italia, dove il futuro, alle nuove generazioni, è stato sottratto.

Bisogna salvaguardare la scuola e l’educazione dei bambini, l’immenso e strabiliante patrimonio artistico e culturale che abbiamo, il nostro territorio, monti e mari e laghi e fiumi e vulcani e colli e campagne e strade e città: la Terra. Se no tutto andrà a puttane, date retta a un fesso.

Anni avanti in cui la terra sputerà i rifiuti che le sono stati seppelliti in decenni di business incontrollato. Soldi sporchi che si puliscono grazie a leggi vergognose che un popolo che non sa più indignarsi accetta e subisce, con piccoli singulti, poche voci isolate, mentre malata è l’aria che respira, il cibo che mangia e l’acqua che beve.

Crolleranno gallerie sulle autostrade, ponti, ci saranno frane, alluvioni, stragi e ancora tanta morte. Mentre i responsabili non saranno trovati, e se saranno trovati, non pagheranno. Questa è, oggi, Italia.

Gianluca Liguori

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Poesia precaria (selezionata da L. Piccolino) – 6

Il mio amico e scrittore precario Simone Ghelli, qualche giorno, fa mi ha consegnato un libello di poesie.

Quadro di Magritte (pittore che io adoro) in copertina, e bella edizione marcata Lietocolle per il poeta Pietro Pancamo.

Nelle poche righe a mia disposizione è abbastanza difficile descrivere l’opera di Pancamo. Parliamo di un poeta di spessore capace di abbracciare diverse concezioni letterarie nei suoi versi energici benché crepuscolari. In mio aiuto arriva l’ottima prefazione di Marisa Napoli (Università Cattolica di Milano), da cui estraggo un passaggio.

Il riferimento al dato autobiografico o l’attenzione al particolare non sono una trappola per Pancamo. Il compiacimento autoreferenziale non lo riguarda. Il suo interesse è esistenziale.

Questa poesia in sintesi, diventa breve allegoria di come si dispiega, si svolge emblematicamente la vita di un uomo, in continua dialettica con la malattia, la vecchiaia, la morte. La sua lettura del reale è critica. Il punto di vista pessimista, anche se di un pessimismo non assoluto.”

Luca Piccolino

SOMIGLIANZE

A quest’ora

ogni paese

è un fagotto

di stelle e di buio.

Ma lo è pure

questo cielo vagabondo

(guscio d’aria e di respiri)

che stringe in un solo mondo

città, mari e tempeste.

Ma lo è pure

questa via

(intirizzita di pioggia)

col suo buio

incatenato ai lampioni

e un po’ di stelle

che sussurrano al mio palazzo

la ninna nanna:

vedo tante finestre

chiuse fra perimetri di sonno

A quest’ora

ogni uomo

è un fagotto

di buio e di stelle.


(Estratto dall’opera Manto di vita, Lietocolle Editore – Collezione Poesia)

Pietro Pancamo (1972) è giornalista e redattore professionista.

E’ caporedattore per la poesia del trimestrale Progetto Babele, redattore del semestrale La Mosca di Milano e dell’e-zine internazionale Niederngasse.com

Scrive inoltre per il quotidiano Corriere dell’Umbria

Ha pubblicato articoli, racconti e poesie su diverse riviste tra le quali Scriptamanent.net (Rubbettino Editore)

Alcuni suoi componimenti tradotti in inglese sono comparsi su filling Station (Quadrimestrale con sede a Calgary – Canada) e Snow Monkey (Periodico dell’area di Seattle-USA)