Nuovi scrittori, nuovi lettori. KATACRASH: quando il New diventa Gnu

Leggere Katacrash significa mettersi all’ascolto di un racconto. Il suono, infatti, rappresenta lo scheletro, la struttura portante dell’intera narrazione (intercalari, onomatopee, titoli di canzoni). E non poteva essere altrimenti, visto che l’ultimo romanzo di Fabrizio Gabrielli (Prospettiva, 2009) mette in scena un genere musicale, l’hip hop, e tutto il mondo che ruota attorno alla cultura della doppia acca all’inizio del Terzo Millennio. Come già ricordato altrove, l’autore, circa dieci anni fa, rappava e si faceva chiamare Tsunami Kobayashi. Come a dire che Gabrielli conosce bene la materia di cui tratta. Un romanzo sonoro, interamente costruito sulla forza del linguaggio: l’utilizzo di modalità espressive contemporanee («svario», «benza», «spino»), di un lessico sempre meno famigliare e sempre più metropolitano («bro» per fratello, «bellalà»), contraddistinguono Katacrash, testo sperimentale che va letto ad alta voce con musiche in sottofondo, consigliate appositamente dall’autore (in calce al libro nelle Note a cura di Valentina Vitale). Già, perché il suono riecheggia ad ogni parola e il tratto fonico sovrasta perfino i significati delle parole stesse: ecco allora che MTV si trasforma in «emtivì», rap in «erre a pi», SMS in «essemmesse». La simbiosi tra i vocaboli e i suoni ha chiaramente la funzione di riprodurre i frangenti emozionali dei personaggi in tutta la loro completezza. Si tratta di un mélange che funziona, non fosse altro per quelle acrobazie lessicali che ci ricordano quanti forestierismi, acronimi o sigle hanno ormai contaminato la nostra lingua: «emmepitré», «occhei», «biemmevù». Lo spaesamento è forte, quasi non capisci cosa tu stia leggendo; poi, pagina dopo pagina, ti ricordi che l’autore decompone volutamente la parola per riproportela così come tu non l’avevi mai percepita.

Protagonista indiscussa del volume è la musica, segnatamente quella rap e hip hop, che accompagna la crescita di tre ragazzi di provincia dalle «braghe larghe»: il narratore e i suoi amici Gi (Gionata) e Donnie (Donato). Il Pro-epilogo catapulta il lettore all’interno di un condominio agitato a caccia di un «topo grosso così». Si mobilitano la polizia, i pompieri, tutti i condomini per il «rodeo»: lo scarto tra la descrizione seria dei comportamenti umani e la vacuità dell’evento descritto rende decisamente umoristica la scena inaugurale. La trama è affollata di nomi, situazioni, musiche, rimandi intertestuali (si pensi ai titoli che fanno il verso a ben più note canzoni ed opere letterarie). Trentasei capitoli brevissimi, veri e propri petits coups de pinceau, dove si aprono parentesi riflessive che per un attimo ti costringono a rallentare: figli che cercano modelli da imitare, mentre i genitori preconfezionano loro il futuro secondo le proprie ambizioni; o l’appuntamento fisso, ogni novembre, di manifestazioni studentesche: «magari avessimo letto il testo della finanziaria, avremo anche potuto decidere il perché dell’insofferenza» (p. 48). La punteggiatura (in particolare l’uso abbondante delle virgole) segue il fiato della voce narrante: soggetti messi per inciso, ordo verborum snaturato, termini riproposti in sillabazioni esclusivamente foniche (ken-ne-dici?) e parole stranianti che, invece, sei tu a dover dividere per comprenderle: «pocopiùchebambine», «vattelapescadove», «diotenescampi».

La scrittura di Fabrizio Gabrielli è il tratto originale del racconto: alla fine della lettura è come se in testa ti rimanesse un rumore, un ritmo, una melodia e non il ricordo di aver appena letto un testo. Un linguaggio martellante, un vortice che ti risucchia, un libro fuori le righe, così come instabile e per niente convenzionale è l’adolescenza di cui si narra, con le sue incertezze, precarietà, collassi: «avevamo un background culturale fatto di Otto sotto un tetto, Tangentopoli, Notti magiche inseguendo un gol nanninicamente e bennaticamente scanticchiato, film di Vanzina e al massimo i Quaderni di Gramsci, che solo il più rosso di noi aveva nella libreria anche se non significa che l’avesse necessariamente pure letto» (p. 21). Katacrash è la storia di «tre giovanotti infottati con la doppia acca che vivono la formazione deformata nel destino di una generazione degenere. Finché non arriverà il momento del fragoroso crollo. Fin quando non sarà Katacrash». Così l’autore ha spesso introdotto il suo racconto nelle innumerevoli presentazioni in giro per le librerie italiane.

Il romanzo fa parte della collana BraiGnu della casa editrice Prospettiva. Ricordo che, oltre Katacrash, sono usciti Patagonìa di Dario Falconi e Finefebbraio di Valentina Grotta. Cosa sono i libri BrainGnu lo leggiamo nel sito web della collana: «deflagrazioni emotive, naufragi letterari, derive metropolitane. Scalpitìo di zoccoli nella savana. Tutùm tutùm. Paradosso e mutevolezza. Baratri ameni ed incantevoli, voragini vertiginose e feritoie di luce. Gnu, perché New». Ed è questo il segreto vincente della casa editrice: la propensione al Nuovo, la volontà di dare voce a giovani scrittori (precari) che sentono il bisogno di raccontare il loro mondo, le loro storie, ma soprattutto la loro evoluzione. Niente di scontato. Nessuna ovvietà. I volumi della collana BrainGnu sono alti venti centimetri e larghi tredici, come il muso di un cucciolo di gnu. Tutti i libri hanno lo stesso layout grafico. Si somigliano molto, così come all’interno di un branco di gnu è difficile distinguere un capo dall’altro. Ogni titolo è composto da una singola parola, unica nota di colore su copertine rigorosamente in bianco e nero.

Numerose e degne di nota le attività che ruotano attorno a Prospettiva editrice. Su tutte giganteggia il Premio Carver, nato come contropremio letterario italiano e che si distingue, come avviene nelle migliori accademie americane, per la segretezza della giuria, la quale legge i libri a prescindere dal nome dell’autore. Libertà di giudizio e mancanza della non meritocratica equazione “nome autore-casa editrice” sono i punti cardine del premio diretto da Andrea Giannasi, già definito dalla critica come il Premio Strega o Campiello dei nuovi scrittori. Non vanno dimenticate, infine, la lodevole iniziativa di pubblicare le tesi di laurea ospitandole nella collana “I Territori”, il Giornale letterario, il Festival del libro di Civitavecchia “Un mare di lettere”. E poi il canale ProspettivaTV su youtube e la Rivista letteraria Prospektiva: ogni numero è monografico; l’ultimo, ad esempio, (il n. 52) è dedicato al tema della Traversata. Così la letteratura scende dalla torre d’avorio, fa passi in avanti, si apre ad un pubblico vasto e non per forza specialistico. E i libri, finalmente, vengono letti anche tra i più giovani.

 

Stefania Segatori

[Clicca qui per leggere un estratto di Katacrash]

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