Epifania d’aprile durante una pisciata

cartello come usare il bagnodi Matteo Pascoletti

L’epifania va riconosciuta appena deflagra all’instante, totale, nella coscienza. Non è importante il giorno in cui accade, né riflettere sul perché quella consapevolezza non sia capitata prima, in condizioni analoghe, o piuttosto attraverso percorsi razionali. Non è importante nemmeno il luogo: questa particolare epifania, ad esempio, è avvenuta in un bar che si affaccia sulla piazza del centro storico di Cortona; più precisamente nel bagno, davanti alla tazza. Il luogo, al limite, è importante per la sincronia tra mondo esterno e mondo interiore di chi ha avuto l’epifania – nel caso specifico: io mentre pisciavo – che ha puntato l’intuito sull’universale: come un faro teso a illuminarne una porzione di cielo.

L’epifania in questione è: la crisi di quest’epoca è tangibile nei bagni aperti al pubblico. Ma mi spiego. Leggi il resto dell’articolo

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Fisiologia della parola – #TUS2

danteOggi si gioca in casa, per i testi del reading Torino Una Sega 2È infatti il turno del nostro Simone Ghelli, che ha letto un brano da Il lavoro culturale di Luciano Bianciardi e il testo che proponiamo di seguito, Fenomenologia della parola – qualche breve riflessione intorno all’elemento del sangue nella scrittura. No, tranquilli: non è un testo di poetica emo.


Dire “parole di sangue”, o anche “scrivere di pancia”, son dei modi per offrire un corpo alla scrittura: come a intendere che essa ci procuri dei brividi, o degli spasmi, o anche solo delle contrazioni; come quando si aggroviglia l’intestino per un’emozione – che poi il romanticismo si disperde tutto in qualche emissione d’aria che ci si sforza di contenere. Di pancia e dell’intestino han già scritto in tanti: si pensi al Boccaccio o a Rabelais, ma anche a Dante e Céline, e spesso nelle feci è capitato anche di trovarci del sangue. Le due cose non sono infatti forse intimamente collegate? Ora, se si tralascia il discorso sui generi del terrore e dell’orrore (dei quali si sappia che io son sempre stato appassionato fin dall’adolescenza), il sangue è sempre elemento accidentale, imprevisto: qualcosa che fuoriesce e del quale si teme la vista – mentre delle feci ne possiamo provare schifo, del sangue se ne ha paura, in quanto indica un malfunzionamento dell’organismo: cacare o pisciare sangue, tanto per dirne una, non è certo indice di buona salute. Leggi il resto dell’articolo

Carta taglia forbice – 7

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Una grande città lontana dall’Europa occidentale

Lui.

Mi chiamo Michael, questo messaggio è per tutti quelli che si sono visti morire. Io conosco la morte e so che ha a che fare con l’amore e con il sesso e con la merda. Io conosco Bataille, ma ultimamente non riesco più a leggerlo. Mi fa cacare.
L’ultimo giorno di due anni fa ho calpestato una manciata di formiche che disegnavano una linea su due mattonelle del pavimento. Le ho calpestate con i piedi nudi e i corpicini minuscoli, quelle carcasse rigide come caccole, mi si sono attaccati alla pianta del piede destro, soprattutto, ma anche a quella del sinistro Leggi il resto dell’articolo

Carta taglia forbice – 6

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Parte seconda – I monologhi della prima persona

Si dà il caso che io mi trovi a mio agio con i Michael Laski di questo
mondo, con quelli che vivono fuori dal mondo invece che al suo
interno, quelli il cui senso di terrore è così acuto che ricorrono
all’impegno in cause estreme e disperate; ne so qualcosa anch’io
della paura e apprezzo gli elaborati sistemi con cui certa gente
riesce a riempire il vuoto, apprezzo l’oppio dei popoli in tutte
le sue forme, da quelle accessibili come l’alcol e l’eroina e la
promiscuità a quelle difficili da trovare come la fede in Dio o
nella Storia.

Joan Didion

Una grande città dell’Europa occidentale

Lui.

Ho pensato alla morte molto spesso. Da quando ero piccolo e, se ricordo bene, le mani non arrivavano alla maniglia di una porta. Mio padre mi sgridava e io morivo soffocato. Mia madre mi negava qualcosa e io morivo impiccato. La processione al funerale era una cosa straziante e io piangevo più degli altri. Ero un maestro dell’autocommiserazione. Ho iniziato a scrivere allora. E non ho mai smesso. Continuo a commiserarmi.
Mi hanno insegnato un mucchio di cose, nel corso degli anni, ma nessuna di queste cose è stata capace di chiarirmi perché sono così e continuo ad essere così come sono.
Come sono è facile da spiegare: Leggi il resto dell’articolo