Confessioni qualunque – 10

[Ricordiamo ai lettori che Confessioni qualunque, la rubrica curata dai ragazzi di In Abiti Succinti, è aperta a chi voglia scrivere una confessione. Fatelo anche voi! Svisceratevi! E poi inviate i vostri racconti.]

#10 – Noemi

di Linda Caglioni

Che resti tra noi.
Se Dio esiste, dev’essere per forza un pittore. Uno di quei personaggi trasandati, che diffonde la sua arte agli angoli delle strade affamate, con i riccioli unti, incollati alla fronte, consumati dal sonno e dalla troppa libertà.

Deve starsene lì, sotto un portico, a sperare che il berretto accanto al suo cane impegnato a sedurre passanti sia pieno di preghiere, a fine giornata.
E alcuni suoi quadri Leggi il resto dell’articolo

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Denari

Facciamo un gioco. Io dico testa e tu croce, io uso sempre e solo la testa, per una volta lasciami scegliere, fammi scegliere testa. E tu croce, sono io la tua croce, me lo hai detto tante volte, l’ultima è stata ieri davanti a tutti ed eri soddisfatto mentre ti usciva dalla tua bocca secca la parola croce, non come le altre volte in cui scherzavi e mi abbracciavi, dopo.
Hai detto croce come si fa il segno della croce, per supposta appartenenza alla fede, la nostra vacilla, noi ai miracoli crediamo mai e tu mi tratti come un oggetto di fede. Prendi la croce, io scelgo testa, e scelgo le picche e i bastoni, e tu cuori e fiori, facciamo così: partiamo oggi da questo muretto, proprio ora e andiamo uno a destra e uno a sinistra, dieci passi, poi ci giriamo e giochiamo a carte. Vinci tu, vince sempre la croce, la croce non la giri, sta sempre dritta e non arranca mai.

Facciamo un gioco. Io continuo a dire testa, mi gira la testa come gira alle ragazzine, ogni volta che ti vedo mi gira la testa almeno tre volte, non è mai un numero pari, è sempre un numero dispari che non si può sistemare, esce sempre un pezzo, è troppo sempre un numero, io sono sempre di troppo. Tu continua a dire croce, il gesto rassicurante e la parola giusta, gioca e vinci, non mi interessa, io continuo a dire testa e a staccarla dal corpo, ogni volta che posso. Mi fa male la testa ma poi guarisco, mi siedo piano, trabocco di mal di testa, quello che fa vomitare da quanto è forte e allora mi siedo piano, posso sedermi da sola, non sono la tua croce.

Resto qui, respiro profondo e la testa è vuota, come una liberazione, il fiato lungo riempie le tempie, le mani e le gambe, non sento più nemmeno il sangue. Si guarisce così dalla testa e dal gioco: vince i denari chi per primo ricomincia a respirare.

Elena Marinelli

Foto: Silvia Canini

Trauma cronico – Infermo

Per uno scrittore, oggi più che ieri, perdere una mano per qualche giorno è una vera tragedia. Anche con le mail, mica è cosa semplice, con una mano sola. Si perde tempo, che in questo contesto temporale frenetico, è la sola cosa che ci rimane.

La vena si è gonfiata, era molliccia, verdognola; faceva una certa impressione. La mia collega, quando le ho mostrato il polso, ha chiuso gli occhi e girato il volto, per non guardare.

Vi ho messo del ghiaccio su, la massa è rientrata un po’, ma non ero in grado di continuare a lavorare. Dopo una decina di minuti, abbiamo convenuto, il responsabile ed io, che era il caso che me ne andassi.

Sono stato al pronto soccorso. Era qualche anno abbondante che vi mancavo. Un po’ mi mancava. Al pronto soccorso se ne sentono e vedono di tutti i colori, maggiormente rosso, oggi che il rosso è praticamente sparito.

C’era uno che diceva di essere stato aggredito da un cliente, faceva il barista. Aveva il polso spezzato. C’erano molti anziani. C’era una signora di una settantina d’anni che pareva essere stata indotta inconsapevolmente a far dimettere questa sua parente. Queste venivano da una clinica privata che, da quanto si poteva desumere, aveva elegantemente sottratto la loro burocrazia dalle rogne di un decesso imminente, o perché i parenti del malato non potevano più pagare, ma non credo, erano venuti da fuori Roma su un’ambulanza privata. No, dico. Questa vecchia era in fin di vita, dall’espressione della dottoressa si percepiva che le speranze erano alquanto risicate. Ai miracoli poi, non ci crede veramente più nessuno.

Anche questa è – Italia.

Crolla, crolla a picco, in caduta libera, una vergogna per l’Europa intera. Eppure si continua a star male. Anche quando si sta bene, si soffre. Questo paese, terra devastata e vile, che manca di rispetto persino ai propri morti.

E’ una storia che non cambia. E’ una storia tutta italiana. La viviamo ogni giorno.

Gianluca Liguori

Si ringrazia Simone Ghelli per la trascrizione del pezzo.