Se low cost sono tutti i voli, se outlet sono tutti i negozi

low costdi Gianni Agostinelli

Se low cost sono tutti i voli, se outlet sono tutti i negozi, io allora penso che tutti vogliono essere come me che invece sono diventato con naturalezza ciò che sono e deduco che la strada è quella giusta. Non c’è consolazione migliore, come la pioggia la domenica mattina che sei nel letto e giri il cuscino, oppure la finestra illuminata sulla stazione alle tre di notte che tu per fortuna sei dentro il giallo della finestra e non sei scomodo nel vagone che vorresti essere ovunque tranne lì, va bene anche dentro quella finestra gialla lassù, dove sono io, che l’ho accesa per andare in bagno a fare due gocce.

Tutta quest’enfasi, la smania, vi fa sembrare pazzi. Non capisco per cosa si lotti. Dei momenti di bassa ce l’ho pure io, anche se sono una persona stimata e c’è pure gente, ho scoperto, che aspira a essere come me. Non sono un fuoriclasse ma sono nel gruppone dei primi. Si prende consapevolezza di determinate questioni un po’ alla volta.
Però ogni tanto pure io, dicevo, ho dei momenti di bassa. Questo mi capita quando c’è il periodo del calcio mercato che faccio i conti in tasca degli stipendi che si prendono i calciatori e vado in cucina, e per fare due parole lo dico a mio padre che invece dice Sono le undici. Così ho imparato a tenermele per me alcune riflessioni.

Io sono brutto, la mia ragazza è bella secondo me, quando si valorizza, però agli altri non piace. E siamo una coppia. E il sesso lo facciamo ma senza molto appetito e questo fatto di non essere bellissimi, diciamo, sommando, e di non avere particolare voglia di sesso fa sì che noi due siamo tagliati fuori da una fetta di mercato che parte dal vestiario e arriva agli abbonamenti satellitari, e quindi ci fa risparmiare dei bei soldi. Per fortuna che a noi piace poco il sesso e il pallone, e così secondo i miei calcoli si risparmia il 70% di quanto spende invece mio fratello che ancora insiste con il gel per i capelli e ce li ha rimasti solo dietro le orecchie. Per lui la vita è molto più dura.

Prima dicevo che ho dei momenti di tristezza perché quando non siamo nel periodo natalizio che per comodità faccio partire col primo giorno di dicembre e faccio terminare con la domenica che segue la Befana, oppure nel periodo della neve che così ci blocca tutti insieme e che spero possa durare, delle volte, anche due o tre settimane, ci sono, dicevo, gli altri periodi dell’anno che invece è più difficile non pensare. Esclusi i week end che per chi non lavora sono una benedizione così pensi che la settimana duri cinque giorni più due, anche se poi non è verissimo, nessuno fa niente. Insomma, se capito nel momento di mezzo in cui la gente non fa quello che faccio io, cioè magari vanno a lavorare e mi sembra che il week end non arrivi o che tutti i giorni siano dei martedì e io fisso le venature sulla porta del corridoio e il sole svetta e i quiz preserali che ci pareggiano tutti sono solo un sogno lontano, allora, appunto, ho questi momenti di tristezza che da un po’ tento di raccontare. E quando ci sono questi momenti a volte arrivano delle tragedie che capitano proprio a fagiolo. E quando ci sono delle tragedie, dei disastri naturali oppure drammatiche morti di persone importanti o drammatiche morti di una moltitudine di persone normali come potrei essere io, contemporaneamente, che così avvicinano ma non equivalgono il singolo morto importante, uno come me fa un respirone e dice di no con la testa e poi si mette a seguire queste tragedie. Siccome ne parlano tutti, ed è giusto in ogni momento farlo e dare soluzioni, o punti di vista, allora è come se questa sospensione temporanea del martedì lavorativo si trasformi in qualche ora d’aria. E quindi, bene o male, andiamo avanti.

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Krampus

di Luca Lampariello

– Allora, me la dai questa sigaretta? – si lamentò Alessia, chiusa nel piumino color crema. Camminava qualche passo dietro a Tommaso, stufa di mercatini e luci natalizie, nauseata dall’odore di würstel e vin brulé. Lui la detestava, come detestava la loro situazione, Merano, quel viaggio improvvisato e ridicolo.
– No, te l’ho già data prima. Compratele.
– Eddai, non ho un euro!
Era vero, stavano finendo i soldi. A pranzo avevano preso due bomboloni e un caffè americano in due. E dovevano ancora pagare lo squallido ostello per la notte e il treno il giorno dopo. Si avvicinarono al parapetto sul torrente. Tommaso prese il pacchetto e sfilò due sigarette.
– Tieni, scroccona!
Alessia aveva il naso rosso per il freddo, le guance tirate e stanche. In silenzio, fumando, osservavano il movimento degli altri. Ragazzi e coppie e signore in pelliccia in mezzo a luci multicolori. Le casse attaccate ai lampioni mandavano musiche di Natale. Sulla destra c’era una baita dove si vendevano giocattoli da collezione, palle per l’albero e decorazioni artigianali. I clienti si comprimevano lungo lo stretto passaggio tra gli scaffali, si spingevano l’un l’altro e imprecavano ma anche si meravigliavano per la bellezza di quegli Leggi il resto dell’articolo

Pranzo di Natale – #TUS2

dita von teeseIl reading Torino Una sega 2 è stato anche sesso estremo. No, caro visitatore del blog in cerca di emozioni forti, o gabbato dal motore di ricerca: ci riferiamo sempre e comunque ai testi letti, come questo Pranzo di Natale di Gianluca Garrapa, che al Caffè Notte ha letto anche I canti di Maldoror, di Isidore Ducasse Conte di Lautréamont. Noi comunque si è pensato di proporre il primo, e il motivo è presto detto: ci piacciono le feste.

Accadde l’altro anno. 24 dicembre 2012. Pomeriggio denso e caldo di bontà a tanto al kilo.
Mi chiamo Monica. Insegnavo matematica alle superiori.
Siamo a casa di Stefano con Loretta e Davide. Loretta è una dirigente di comunità.
Davide è un assessore.
Stefano è un pilota aereo. Ha organizzato tutto lui.
Come ogni Natale ci intratteniamo con la verità del sesso estremo. Bondage. Sottomissione. Sadomasochismo. Siamo quattro schiavi. Stefano ha pagato due padroni. Due omaccioni in latex nero. SSC. Sicuro. Sano. Consensuale. L’abc del sesso estremo.
I due ci legano polsi e caviglie a delle assi di legno poste in cerchio nel grande salone da pranzo. C’è un tavolo apparecchiato. Le finestre accovacciate sulla neve del giardino. Il tepore sbuffa ovatta gelida da cartone animato.
Prima di iniziare Stefano ci rassicura. Spiega. È una variante del gioco della bottiglia. La penitenza a totale discrezione dei due padroni.
I regali. A mezzanotte. Ai piedi dell’albero pagano illuminato a microepilessie colorate ci sono 4 scatole a decoro.
Musica classica. Rilassante. Ingannevole. Filodifussione quadrifonica.
I due ci imbavagliano con una gag ball. Non stanno rispettando gli accordi.
Stefano borbotta. Protesta. Troppo tardi.
Primo giro di bottiglia.
A fianco Stefano. Loretta. Di fronte Davide.
I padroni ci iniettano non so cosa. Inizio ad agitarmi.
La bottiglia ruota. Leggi il resto dell’articolo

Confessioni qualunque – 13

[Ricordiamo ai lettori che Confessioni qualunque, la rubrica curata dai ragazzi di In Abiti Succinti, è aperta a chi voglia scrivere una confessione. Fatelo anche voi! Svisceratevi! E poi inviate i vostri racconti.]

#13 – Simonetta

di Linda Caglioni

Che resti tra noi.
Ha detto che è stato un lavoro lungo, il figlio di puttana; due settimane prima invece aveva detto che c’era traffico.

“Ma lo sai, fragolina mia, mica posso mettere le ali alla macchina”. Certo, come no. Ha buttato la cassetta degli attrezzi nello sgabuzzino, ha accarezzato Darwin di sfuggita e poi si è rifugiato in bagno. Niente di strano, a prima vista. Ma io non sono scema. È uscito dopo 13 minuti. Forse sembro, però non sono scema. Sapete quante cose si possono fare, quante tracce si possono eliminare, in 13 minuti? Sono entrata subito dopo e non c’era neanche un odore. Né buono, né cattivo. Né neutro. Li ha eliminati apposta per non farmi insospettire. Ma io l’ho capito, ve l’ho detto che non sono scema. L’ho visto come guardava quella, la nostra nuova vicina, la terrona. A me queste cose non sfuggono. Ha iniziato a fare il simpaticone, ha attaccato col discorso delle origini Leggi il resto dell’articolo

La luce del Natale *

Non sono mai stato un fanatico delle pulizie di casa.
Per intenderci, non mi è mai venuto in mente di svegliarmi la domenica mattina alle 7 per ripulire l’appartamento da cima a fondo come faceva mia mamma, ad esempio, che ci buttava giù dal letto, apriva tutte le finestre “che devo cambiare l’aria” e si metteva a ramazzare, mentre noi, infreddoliti e con un principio di broncopolmonite in corpo, ci stipavamo accanto al camino.
Quest’anno al pranzo di Natale ci saranno solo i miei amici. Scelta obbligata, visto che con i miei d’altro canto non parlo da mesi, in seguito a quella faccenda di quest’estate. Mi va bene così: meno ansia, meno stress, meno fisime sul cosa preparare e soprattutto zero sbattimento per quel che riguarda le pulizie. Molto molto meglio. Leggi il resto dell’articolo

Bruci la città #2

[Continua da qui]

Io a volte vedo delle cose che ci rimango male all’idea che le vedo. Che poi, non è che proprio le vedo, più che altro me le immagino, ma me le immagino in maniera così vivida che mi fa paura la mia stessa capacità di immaginarmi cose del genere.
Una volta, per esempio, qualche anno fa stavo assieme a una ragazza che era proprio carina, e non era male nemmeno di testa. Un giorno però, mentre prendevamo una cioccolata calda in un bar, mi venne in mente un modo di dire che si usa dalle mie parti, che sta a significare che c’è un’età in cui le ragazze sono belline, ma poi si sformano. C’è un’età in cui le ragazze hanno la bellezza dell’asino, si dice, che finché regge, regge, ma poi si sgretola e allora si capisce se la ragazza è veramente bella, oppure no. Ricordo che mentre mi pulivo i baffi dalla cioccolata, rimasi un paio di secondi a fissarla e non era più come era sempre stata. La vidi improvvisamente deforme, picassiana. I suoi occhi si tramutarono in Leggi il resto dell’articolo

Bruci la città #1*

Io a volte vedo delle cose che ci rimango male all’idea che le vedo. Che poi, non è che proprio le vedo, più che altro me le immagino, ma me le immagino in maniera così vivida, che mi fa paura la mia stessa capacità di immaginarmi cose del genere.
A volte, per esempio, a volte vado in giro in bici per delle strade che hanno dei paletti grigi per delimitare il marciapiedi, e inizio a pensare a cosa succederebbe se, mentre una macchina mi sorpassa, cadessi su uno di quelli. Mi immagino che picchio la tempia destra sull’angolo fra la plastica dura che fa da tappo al paletto cavo e il ferro mal levigato. Mi immagino che la bici vola via in mezzo alla strada e viene schiacciata da un’auto che sopraggiunge e che fa il rumore stridulo dei freni che bloccano le ruote. Mi immagino che chiudo gli occhi e cado a terra, grattandomi d’asfalto le braccia e le gambe. Mi immagino che con lo sterno vado a sbattere contro il paletto successivo e che si sentirebbe il rumore di ossa rotte, se non fosse per quello di ferraglia della bici schiacciata dalla macchina che assorda tutto il resto. Mi immagino che picchio la testa anche contro l’angolo del marciapiedi e che mi si rompono i denti. Leggi il resto dell’articolo

La società dello spettacaaargh! – 22

[La società dello spettacaaargh! 1 – 2 – 3 – 4 – 5 – 6 – 7 – 8 – 9 – 10 – 11 – 12 – 13 – 14 – 15 – 16 – 17 – 18 – 19 – 20 – 21]

Caro Jacopo,

beato te che non devi mettere il punto dopo una settimana come quella che abbiamo passato. Ma va bene, tu hai iniziato, io metterò una “FINE”. Non la FINE: quella la mette il caso, o Dio, o la BCE. Spero non risulti una patetica e debole fine: è che in tasca pure io non ho molto, se non questa fine, di cui sto per scrivere.

Nei momenti in cui guardando avanti c’era per me solo buio, o nebbia, o deserto, o quando mi sono sentito cadere addosso le stelle, come a te nel sogno che racconti, ho sempre cercato di guardare dentro, e indietro. Ché nei momenti di crisi, ho imparato, si vive uno strano, atavico terrore di separazione (come da etimo), ci si sente chiamati a prendere una scelta, o si ha questa urgenza che preme senza che si vedano possibilità Leggi il resto dell’articolo