gennaio 19, 2010
di scrittoriprecari
Il potere.
Il potere è un verbo servile.
Ciò che non è inutile, può sempre diventarlo. Eserciteremo questo concetto su un tema sostanziale della nostra concezione di vita: il potere.
Il potere, secondo una nota fantasia etimologica, sarebbe un potis esse, l’essere un signore, un re. Un re, ora, altro non è che un uomo comandato dagli altri di comandare. Se l’atto in sé del suo comandare è un servizio agli altri, è chiaro che anche l’oggetto di questo comandare altro non può essere che il servire gli altri. Il potere, allora, è un servizio, qualcosa che si ottiene dagli altri per gli altri. La più estesa nozione di democrazia dovrebbe essere in questa senso intensa come il riconoscimento della piena regalità (della sua disposizione e capacità a servire gli altri) di ogni individuo della collettività.
Noterete che questo ragionamento coglie i nessi per analogia e per metafora, spingendosi verso l’esterno con vigore. Per raggiungere l’inutilità dovremo seguire una rotta del tutto opposta.
Non è difficile, perché se il precedente è un ragionamento (il che ci chiama pur sempre ad un impegno) quello che noi dovremo seguire è piuttosto il filo tenace di un sentimento che nutre dal profondo la maggior parte delle nostre azioni: la nevrosi. Nella nevrosi, infatti, riusciamo con abilità a non cogliere mai l’insieme a favore dell’ossessiva contrapposizione delle parti. Come nella guerra di Swift dove si contende se essere devoti al sedere dell’uovo o al suo cacume perché non si riconosce più l’uovo nella sua totalità.
Per arrivare a concepire il potere come qualcosa che si ottiene contro qualcuno o qualcosa, e che si esercita su qualcuno o su qualcosa, la chiave è semplicemente questa: nutrirsi di bizzarre fantasie nevrotiche. Come, per fare un esempio sempre valido, la fantasia della gazzella e del leone, secondo la quale tutte le mattine una gazzella si sveglia e, non si sa perché, comincerebbe a correre inseguita da un leone anche lui in vena di attività atletica. Per fortuna nella realtà il leone, più saggiamente, bada a non sprecare in maniera vana le proprie energie, dorme venti ore al giorno, fa cacciare le sue femmine, e si accontenta di mangiare le gazzelle più male in arnese con grande vantaggio della comunità delle gazzelle, che devono aver finito, per questo motivo, di reputarlo il loro re, se non quello di tutti gli animali. C’è anche la fantasia della giungla: la vita è una giungla dove si lotta per vivere. In verità in una giungla si lotta per non morire, il che è una notevole sfumatura: ma un nevrotico è tale appunto perché le sfumatura non le coglie più. Come nel famoso racconto del Nazareno che passa in un posto di Gerusalemme dove c’è una piscina. Dicono che nella piscina tutte le mattine si bagni le ali un angelo e che il primo che si laverà nella piscina verrà guarito da tutti i suoi mali. Il Nazareno, una mattina, nei pressi di quella piscina vede un paralitico e gli viene da ridere, perché insomma, un paralitico in una gara di corsa non vincerà mai. Glielo dice pure allo storpio, ma dai, tirati su e impara a reggerti sulle tue gambe invece di fidare in queste storie. Parla per metafora, e, pare, quella metafora la capisce pure il menomato, che prende e se ne va. In seguito si è parlato di miracolo, perché un nevrotico ha un solo modo di leggere le cose, e un miracolo può sospendere solo in via del tutto eccezionale la sua unica realtà: che la vita è una lotta.
Potremmo moltiplicare gli esempi, ma reputiamo di essere stati chiari.
Aggiungiamo solo una variante importante di questo sentimento nevrotico, quella che non riconosce la benigna natura immaginale della nevrosi stessa. In questa variante la capacità di vedere una cosa in contrapposizione del tutto viene rimossa e penalizzata con un efficacia manovra di demenza mistica. Il potere diviene il male a cui si contrappone il bene e l’amore. Un modo come un altro per dare consistenza a una fantasia disturbata.
Potete scegliere una qualsiasi delle due opzioni, l’importante è che consideriate sempre il potere come un vincolo servile, da ottenere servilmente (dovremo più in là esplorare i concetti di ambizione, dovere, onore, efficienza e via dicendo), per ottenere dei servi.
Pier Paolo Di Mino
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