La Donna Bella

In una Città senza Tempo né Spazio, Angel-a si aggira per la strada, il corpo lungo e sottile ondula sotto il peso del cappotto di raso.

Angel-a porta sotto il braccio la cartellina di pelle con dentro il suo tesoro, le mille immagini scattate dal Fotografo.

«Brava, così, girati! Ora aggressiva adesso fa la maliziosa Bravissima!!»

Mille pose diverse, con mille espressioni diverse si direbbero mille diverse Angel-e imprigionate in quella cartellina, ma non importa.

Ciò che importa è che lei fra qualche minuto ha l’appuntamento con il Pubblicitario, con il re della jungla, colui che per qualche spasmodico secondo terrà il suo destino schiacciato fra pollice e indice.

Il Pubblicitario è vecchio e bavoso, e disgustoso e repellente, l’antitesi dell’incarnato immacolato di Angel-a, paralizzato dal botox, accarezzato dai capelli acconciati perfettamente, sopra le tette di plastica pompate dal wonderbra .

«Signorina, le foto non sono male, ma deve capire Lei non è la sola Donna Bella che passa per la mia agenzia Ne passano a centinaia, tutti i giorni, anche molto più belle di lei. Mi dovrebbe dare un motivo per cui scegliere PROPRIO LEI»

Angel-a comincia a slacciarsi il reggiseno, le tette al lattice schizzano come spinte da una forza propulsiva.

«Sicuramente un bel lavoro signorina, un’opera d’arte, ma a me interessa altro Scenda un po’, qui, sotto la mia scrivania, piano piano»

Angel-a scivola ai piedi del Pubblicitario Si immagina un enorme cetriolo che le riempie la bocca, solo per pochi istanti, il sapore è acre, la scorza è amara, e tanto pure, ma già assapora la dolcezza delle sue foto sul cartellone pubblicitario.

La Città senza Spazio ora è coperta dal viso di Angel-a con i labbroni gonfiati che, sporgenti dal cartellone, assaporano un cocktail; Angela conta i giorni che passano a seconda di quanto il rossetto “Rouge Fauve” sbiadisce nella foto.

Eppure non è solo il cartellone che si sgualcisce: Angel-a stessa comincia a notare che il pallore candido della sua pelle assume sempre più un colore atono, sembra quasi che la luce la trapassi, filtra come attraverso la superficie di un rigagnolo di montagna.

Angel-a corre dal Visagista, spaventata.

«Ma non ti preoccupare chéri, la bellezza eterea ed evanescente va molto di moda aujourd’hui! Anzi, sai che faccio? Ti disegno meglio le occhiaie e le guance incavate, ecco, così, perfetto, fashion!»

Oltre alla pelle, Angel-a si accorge gradualmente di altre stranezze I capelli si staccano dalla sua testa a ciocche, e ben presto non riesce più a coprire le chiazze che si sono formate.

Il Parrucchiere più Bravo della Città la tranquillizza: «Bambolina adorata, mi sto facendo arrivare una parrucca meravigliosa, di capelli veri, uguali ai tuoi, ti rimetto io a nuovo!»

Come i capelli, anche i denti diventano sempre più grigi e cominciano a traballare, sulle radici così fragili

Mentre la visita, il Dentista sentenzia: «Si tratta di una rara forma di parodontite forse legata allo stress Le facciamo un bell’impianto osseo e il suo sorriso sarà meglio di prima, il suo lavoro non è in pericolo, per fortuna!»

Angel-a ora non sa più se è il lavoro ad essere in pericolo o se è lei Quando passa davanti al cartellone, vede le sue labbra ormai rosa tenue, e il colore degli occhi quasi cancellato dal tempo

Si guarda le ossa sporgenti del bacino, le costole in rilievo come lische di pesce, la spina dorsale che le segna profondamente la pelle della schiena.

Eppure il Dietologo aveva detto: «Sì, lei è un po’ sottopeso, ma per il suo lavoro è meglio così! Anzi, i giornali non faranno che parlare della sua presunta anoressia! Lei è PROPRIO FORTUNATA!»

Gli operai stanno staccando dai muri della Città senza Tempo gli infinitesimali frammenti dei cartelloni di Angel-a.

Al loro posto andranno quelli della Nuova Scoperta del Pubblicitario, con i labbroni e le tette artificiali come le sue, solo un po’ più alta.

Sì, perché Angel-a non c’è più, È SPARITA.

Si è come volatilizzata, poco a poco, consumata dallo sguardo dei Passanti, dalle mani di tutti i Truccatori, Estetisti, Massaggiatori, Medici, Registi, Personal Trainers, Giornalisti in cui è finita in questi mesi, dall’invidia di tutte le Aspiranti Angel-e che ogni giorno fanno il tour delle Agenzie Pubblicitarie, dalle maledizioni di Mogli grassocce e basse che l’hanno guardata in televisione.

È proprio svanita nel nulla, nessuno l’ha più vista né ha sentito la sua voce, non ha lasciato alcuna traccia della sua esistenza, se non quegli ultimi ritagli di carta che ora gli operai stanno buttando nella spazzatura.

«Però a me piaceva di più quella di prima, non so Aveva degli occhi così luminosi! Ma che fine ha fatto?

È scomparsa?»

Nadia Turrin

Nadia Turrin

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Io lavoro per una casa editrice. Mi chiamo Giovanni ed ho i peli sulla schiena. Il mio lavoro è un part-time dal lunedi al giovedi, dalle 7 del mattino alle 10 e dalle 12 alle 14. Nelle due ore di buco non passo fare nulla di che, ma sono libero e mi godo la mia libertà. Di solito mi appoggio in libreria e mi leggo i romanzi a puntate. Dico a puntate perché mi leggo ogni giorno una ventina di pagine dello stesso libro. Entro alla Feltrinelli, mi sorseggio un the e mi sfoglio le pagine di qualche classico, tutti libri che poi non compro, tanto stanno lì, come se fosse una mia libreria personale, me li leggo pian piano ma senza acquistare mai nulla, li considero miei. Il mio lavoro consiste nel prendere la metro, arrivare al copolinea, uscire dal vagone, prendere la stessa metro ma in direzione opposta, arrivare all’altro capolinea, cambiare linea metro ed arrivare al capolinea della seconda linea metro, uscire dal vagone e ritornare indietro. Così ogni giorno dalle 7 alle 10 e dalle 12 alle 14. Naturalmente non devo fare solo questo, io lavoro per una casa editrice, una di quelle “famose”, di quelle che “vendono”, di quelle che hanno autori che vanno in tivvù, quindi, una volta in metro mi devo ricordare di tenere bene in evidenza il libro che sto leggendo, solitamente mi affidano le nuove uscite. È pubblicità subliminale. Devo essere come un attore: devo saper piangere se il libro è drammatico, devo ridere fino alle lacrime se il libro è comico, devo spaventarmi ed ogni tanto chiudere il volume (come se fosse posseduto dal demonio) nel caso si tratti di un romanzo horror, devo mettere in evidenza la mia erezione se sto leggendo un libro erotico, devo iniziare a parlare di luoghi comuni e malcostume italiano con il malcapitato vicino, se sto leggendo un saggio politico di qualche giornalista televisivo. È un lavoro semplice e redditizio che mi permette di vivere decentemente. Siamo parecchi a fare questo lavoro, solo nella mia casa editrice ne siamo una decina. Quindi: quando vedrete un ragazzo che nella metro è immerso in qualche lettura e sembra pure soddisfatto di quello legge, pensate pure tranquillamente che si tratti di un pubblicitario.

Angelo Zabaglio e Andrea Coffami